Mese: Febbraio 2010

No SEL alle elezioni

Sinistra Ecologia e Libertà non ce l’ha fatta. Raccolte solo 1500 firme delle 1750 previste dalle norme elettorali provinciali per il collegio di Como.

La lista Sinistra Ecologia e Libertà non sarà presente nel collegio di Como alle prossime elezioni regionali del 28 e 29 marzo non avendo raggiunto il quorum previsto di firme per la presentazione.
«Ringraziamo cittadine e cittadini, associazioni, reti e movimenti che ci hanno dato fiducia e aiutato nella raccolta – scrivono i promotori provinciali in un comunicato -. Era un obbiettivo ambizioso per un soggetto politico come il nostro, da poco costituito e che non ha sedi, strutture e poche figure istituzionali da adibire come autenticatori e che, pertanto ha iniziato troppo in ritardo la raccolta delle firme, sicuramente molto dopo che i partiti tradizionali, strutturati storicamente sul territorio avevano quasi terminato l’operazione di raccolta firme».
La lista sarà però presente in 8 su 12 delle maggiori provincie lombarde e a Como si porrà come riferimento «per tutte quelle persone che aspirano ad una sinistra dai forti contenuti ideali, in ambito sociale ed ambientale, di tutela dei beni comuni (l’acqua in primis) e dei diritti dei più indifesi, ma costruttiva e propositiva, che ha dimostrato (vedi Vendola) di poter essere anche forza di governo alternativa al potere imperante delle destre».

Storia e propaganda

Solo gli strumenti critici della storia permettono di comprendere il significato del Giorno del Ricordo fuori dalle letture di parte della propaganda. Un incontro organizzato dall’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta con Roberto Spazzali e Gino Candreva venerdì 26 febbraio.

Il complesso e conflittuale rapporto tra storia e propaganda è stato al centro dell’incontro organizzato venerdì 26 febbraio alla biblioteca comunale dall’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta in occasione del Giorno del Ricordo.
«Questa ricorrenza del calendario civile – ha spiegato Lidia Martin, dell’Istituto Perretta, che ha coordinato i lavori – non ha una funzione unificatrice come quello della Memoria, ma suscita contrasti e polemiche per l’errore di raccontare solo una parte di storia, quella finale astratta dal contesto con quella che Alessandra Kerstevan ha felicemente definito “mala storiografia”. Per questo l’iniziativa dell’Istituto Perretta è stata quella di proporre interventi di chi fa ricerca utilizzando gli strumenti della ricerca storica».
«Sono temi che suscitano interesse – ha spiegato Roberto Spazzali, dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli e Venezia Giulia – perché la storia della Venezia Giulia è la storia dell’Italia e dell’Europa e le vicende tragiche accadute sul nostro confine orientale sono paradigmatiche, possono essere utili per comprendere altre situazioni di crisi. Si tratta di un problema civile, comprendere quello che è successo può essere un primo passo per costruire un avvenire diverso».
Insegnante e ricercatore dal 1984 Spazzali ha raccontato come all’inizio fosse difficile occuparsi di questi argomenti su cui era calato l’oblio, il tutto era etichettato come questione locale per fattori di diverso opportunismo politico.
Il 10 febbraio 1947 l’Italia fu sottoposta al Trattato di Parigi dalle potenze alleate vincitrici della seconda guerra mondiale, ma la celebrazione della vittoria sul nazifascismo del 25 aprile rendeva meno evidente il fatto che fosse uscita sconfitta dalla guerra e che dovesse accettare le condizioni tra cui la ridefinizione dei confini.
L’Italia, dal canto suo, aveva commesso numerosi errori tra il 1918 e il 1920 nei territori acquisiti dopo la prima guerra mondiale, per esempio con l’abolizione dei patti agrari e poi con l’avvento del fascismo con la chiusura delle scuole croate e slovene: il fascismo come sinonimo di italianità fu un grande inganno.
Spazzali ha poi fatto chiarezza su molti aspetti della questione spesso distorti e strumentalizzati. Le tensioni tra croati, sloveni e italiani erano già iniziate con l’emergere dei grandi partiti di massa. L’esodo degli italiani da quelle terre non fu rapido e improvviso, come quelle biblico degli anni ‘90 in Bosnia, ma fu un lungo stillicidio durato dal 1943 al 1956. Infine il numero degli scomparsi: le persone sepolte nelle cavità carsiche, secondo i dati più attendibili, sono meno di 500 (271 salme recuperate in Istria).
Complesso ricostruire avvenimenti in questo territorio particolare: tra i rivoluzionari croati del Castello di Pisino che barattavano la vita dei prigionieri con i pochi oggetti di valore rimasti alle famiglie c’erano anche italiani; quando l’esercito jugoslavo entrò a Trieste il 1 maggio 1945, disarmò e fermò i giovani del Comitato di Liberazione Nazionale che erano insorti il giorno prima e molti di loro finirono nelle liste di proscrizione, furono catturati e deportati in campi di internamento secondo la tragica dinamica delle “idee assassine” di Conquest.
«A Trieste c’erano due partiti comunisti negli anni ’60 – ha concluso Spazzali –  e di questi fatti non se ne poteva parlare perché agli Usa nel 1948 tornava utile la posizione antisovietica di Tito perciò la questione andava chiusa seguendo la dinamica della guerra fredda. Oggi nella nostra città vivono 8000 serbi e 2500 albanesi inseriti nel tessuto sociale, hanno iscritto i loro figli nelle scuole italiane, non provano nessun risentimento, sentono il potere attrattivo della cultura italiana».
Gino Candreva, insegnante e redattore della rivista Zapruder del progetto Storie in movimento, si è soffermato sulla scelta del 10 febbraio come data del Giorno del ricordo: istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, vicino nel calendario al 27 gennaio, Giorno della Memoria, facile a confusioni anche nel nome con l’intento di “olocaustizzazione” delle foibe attraverso un parallelo inaccettabile.
«Nel corso degli anni – ha commentato Candreva – gli italiani da vittime sono diventati martiri della loro italianità con una terminologia che rivela revanscismo nazionalista e a ciò si intreccia la riproposizione dei miti della vittoria mutilata e degli “italiani brava gente”». Altro luogo comune l’abbinamento della visita della Risiera di San Sabba a Trieste e la foiba di Basovizza.
Candreva ha poi proposto un breve filmato di analisi della fiction Il cuore nel pozzo prodotta dalla Rai, vista nel 2005 da 17 milioni di telespettatori e riproposta anche quest’anno in occasione del Giorno del Ricordo.
Senso comune nazionalista e anticomunista sono gli ingredienti della storia (consulente il prof. Giovanni Sabbatucci, docente di Storia Contemporanea presso l’Università La Sapienza di Roma) in cui l’eroe è un alpino della divisione fascista Monterosa, i partigiani jugoslavi sono dipinti come feroci assassini e il ruolo dei bambini è fortemente strumentale. A uno di loro, orfano di genitori infoibati, viene affidato il messaggio centrale: i soldati italiani vengono accusati di vigliaccheria, di avere abbandonato le armi e non avere combattuto contro gli slavo comunisti. Candreva ha poi denunciato una preoccupante tendenza politica a dettare quello che gli storici devono scrivere sui manuali scolastici e come denaro pubblico sia usato in grande quantità per acquistare libri pubblicati da case editrici di estrema destra, che poi vengono distribuiti alle scuole.
«C’è ancora tanto da chiarire su questa questione per costruire una vera coscienza europea – è la conclusione di Candreva -, ci vorrà tempo, ma il nostro compito è quello di lasciare gli strumenti su cui lavorare a chi verrà dopo. [Antonia Barone, ecoinformazioni]

Il Congresso dell’Arci al Primo marzo

L’assemblea congressuale dell’Arci provinciale di Como, riunita il 28 febbraio al Circolo di Mirabello, ha approvato all’unanimità la partecipazione dell’associazione alla mobilitazione del primo marzo per i diritti dei migranti.  A tutti i partecipanti al congresso è stato distribuito un fiocco giallo simbolo dell’adesione alla manifestazione.

 

Appello per la mobilitazione del primo marzo

Con una nota che pubblichiamo integralmente del segretario generale Alberto Zappa, la Fim Cisl invita alla partecipazione alla mobilitazione del primo marzo a Cantù per i diritti dei migranti.

«Tutti al presidio che si terrà il primo marzo 2010 dalle 17.30 alle ore 20 in largo 20 settembre a Cantù.
Tutti con un segno giallo accenderemo l’accoglienza e spegneremo la violenza.
Il comitato primomarzo2010 di Como ha realizzato in poco tempo questa iniziativa che si colloca nella mobilitazione nazionale ed internazionale sui diritti dei migranti.
Occorre dare voce e chi non ha voto. Occorre dare spazi di rappresentanza per una vera e corretta coesione sociale. Occorre affermare diritti e doveri che muovano dall’uguaglianza come principio attraverso cui realizzare l’inclusione e l’accoglienza.
Domani i migranti e le loro associazioni saranno i protagonisti. A Cantù, credo unica iniziativa in tutta Italia, i partecipanti al presidio si sposteranno alle ore 20.00 nella sala consigliare per un Consiglio comunale informale. Un momento di ascolto e confronto da cui si potrà partire per un viaggio lungo ed impegnativo in cui tutti dovranno dare il proprio contributo e la propria opinione, anche critica. Al di là di ogni appartenenza politica ed associativa. Questo è lo spirito da cui è stato costituito il Comitato primo marzo a Como.
Per questo la Fim Cisl di Como ha aderito e sostenuto con convinzione questa iniziativa. Saremo in tanti. Non mancare».

Una giornata insieme a noi, il primo marzo passalo in giallo

Presidio in largo XX settembre a Cantù dalle 17.30 alle 20 lunedì 1° marzo promosso dal Comitato primo marzo di Como. Dalle 18.30 alle 19.30 l’ora dei saperi e dei sapori dal mondo. Aderiscono Acli, Associazione 3 febbraio Erba, Anolf Cisl, Arci Cantù, Arci Como, Associazione Teranga di Cantù, Associazione La soglia di Cantù, Associazione “Trapeiros di Emmaus” Erba, Associazione in viaggio di Menaggio, Associazione per la sinistra di Como, Cgil Como, Cisl Como, Chiesa valdese di Como, Coordinamento comasco per la Pace, Emergency Como, Fai Cisl – Femca Cisl – Filca Cisl – Fim Cisl Como, Fiom Cgil Como, Forum Immigrati del Pd, Giovani democratici di Como, “L’Isola che c’è”, Ong Asem Pd Como, Prc Erba, Spazio donne laboratorio interculturale Cantù, Verdi di Como.

Mafia export

Le mafie, fenomeno economico globale, possono essere combattute sviluppando un nuovo senso democratico e civile contro la cultura dell’illegalità. Presentato giovedì 25 febbraio in biblioteca il libro Mafia export di Francesco Forgione.

Il circolo culturale Willy Brandt ha organizzato una serata con Francesco Forgione, già presidente della Commissione parlamentare antimafia e ora docente di storia e sociologia delle organizzazioni criminali all’Università dell’Aquila.
Mafia export il titolo dell’incontro, dall’omonimo testo di Forgione nel quale si descrive, anche attraverso carte geocriminali, la globalizzazione delle organizzazioni mafiose italiane che in questo modo hanno accresciuto in maniera davvero preoccupante il loro potere.
L’idea errata che la mafia non esista al di fuori delle regioni d’origine è il primo muro da abbattere. «Bisogna rompere l’ipocrisia per cui fino a quando le strade non sono insanguinate, le mafie non si vedono e non esistono – ha spiegato Forgione – e poi la falsità secondo cui anche se arrivano in un territorio i soldi dei mafiosi, non arrivano i mafiosi».
Attualmente la mafie italiane sono grandi holding economico-finanziarie: un fatturato tra i cento e i centocinquanta miliardi di euro annui reinvestiti in gran parte in attività legali e quindi difficilmente rintracciabili.
Il recente caso di cronaca che vede accusato il senatore Nicola Di Girolamo per essere stato eletto con i voti della ‘ndrangheta conferma quanto la doppiezza del potere abbia accompagnato la presenza e lo sviluppo della mafia in Italia e all’estero. «La ‘ndrangheta è oggi l’organizzazione criminale più potente – ha commentato il docente –: muove grandi capitali in tutto il mondo e controlla il traffico della cocaina; inoltre non ha pentiti perché ha una struttura fondata su legami familiari e di sangue».
Milano è oggi la capitale della ‘ndrangheta e anche la prima piazza di consumo di cocaina per abitante. E il prezzo di questa droga passa dai 1000/1200 euro al chilo del produttore in Colombia ai 60000 al chilo per lo spaccio in Europa: un guadagno davvero imponente per chi la commercia.
Una mafia arcaica e moderna al tempo stesso è quella descritta nel libro di Francesco Forgione. Nel retro del ristorante di Duisburg, in Germania, dove avvenne, il 15 agosto 2007, la strage di sei giovani originari del piccolo paese aspromontano di San Luca, venne ritrovata una sala per riunioni con tredici sedie e la statua di san Michele arcangelo, protettore della ‘ndrangheta. Questi simboli, così come i riti di ammissione nelle cosche, creano appartenenza e producono un modello di vita sociale anche lontano dai territori non tradizionalmente mafiosi.
Gli ordini attraverso i pizzini di Provenzano, difficilmente intercettabili, o le telefonate tra Locri e La Paz nelle quali i finanzieri dell’antidroga ascoltavano solamente fischi (gli stessi utilizzati dai pastori dell’Aspromonte per comunicare in montagna) dimostrano come anche a livello internazionale siano ancora radicate tradizioni e stili di comportamento arcaici.
L’esercito e l’azione giudiziaria nulla possono contro questa potenza: è necessario smontare l’ipocrisia dei governi che non vogliono vedere questa presenza sempre più diffusa e pericolosa.
Rispondendo alle domande di alcuni dei presenti, Forgione ha quindi offerto una possibile via da percorre: «Il mio libro non è ottimista, ma presenta una testarda volontà: tentare sempre perché la parola rassegnazione non può esistere! Dobbiamo creare un’alternativa di società, un nuovo senso democratico e civile che contrasti lo sviluppo della cultura illegale mafiosa».
Indispensabili anche nuovi meccanismi vincolanti per la scelta dei candidati dei partiti, per l’espulsione dalle imprese di chi delinque, così come per tutte le categorie di professionisti che vengono coinvolti in affari mafiosi e una discussione sul diritto penale europeo per poter sequestrare e confiscare in tutta Europa i beni dei boss.
«Dobbiamo avere fiducia nella lotta alla mafia, i passi avanti degli ultimi vent’anni ci spingono a farlo; era impensabile poter lavorare nelle terre di mafia e condurre certe battaglie sociali e civili – ha concluso Forgione – : non è importante quello che loro ci hanno fatto, ma quello che noi facciamo di quello che loro ci hanno fatto».
Francesco Forgione, Mafia export, Baldini Castoldi Dalai editore, p. 384, 2009, 20 euro. [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]

Abrogare la privatizzazione dell’acqua

Sala Noseda piena il 25 febbraio, per l’incontro sulla «Gestione pubblica dell’acqua in provincia di Como» promosso dal Comitato comasco per l’acqua pubblica. Al centro della discussione le iniziative verso i tre referendum abrogativi delle norme che hanno privatizzato l’acqua, per rendere possibile la gestione pubblica di questo bene comune.

Grande partecipazione da parte dei cittadini *giovedì 25 febbraio all’incontro sull’acqua pubblica che si è svolto presso la Sala Noseda della Camera del Lavoro. La serata è nata per fare il punto della situazione sul quadro normativo sul quale si inserisce il referendum nazionale per l’acqua pubblica e sulla situazione a livello locale. Per quanto riguarda i referendum, sono stati presentati i tre quesiti (non ancora depositati definitivamente) per i quali ad aprile inizierà la raccolta firme. Il primo quesito, il più sostanziale, chiede l’abrogazione totale dell’articolo della legge votata a novembre 2009 che contiene il principio della privatizzazione dell’acqua. Il secondo quesito è contro l’introduzione di altri elementi alla privatizzazione, legati all’affidamento a società di capitali dell’acqua; il terzo quesito referendario infine concerne la rilevanza economica a chi gestisce l’acqua.
Il dibattito di ieri sera, al quale hanno preso parte anche alcuni amministratori locali, si è focalizzato molto su quest’aspetto, come spiega Roberto Fumagalli, presidente del Circolo ambiente “Ilaria Alpi”, ovvero sul «principio secondo il quale la tariffa deve coprire tutti i costi». Secondo i movimenti e le associazioni impegnate contro la privatizzazione dell’oro blu, questo principio va assolutamente contrastato: «spetta alla fiscalità generale risanare le opere e la rete idriche, i fondi non vanno coperti attraverso la tariffa». Come dire, basterebbe una “grande opera” inutile in meno, per riqualificare il sistema idrico nazionale.
A livello locale, nel frattempo, le acque sono ferme, è il caso di dirlo. La situazione di stallo attuale riguarda il percorso avviato a livello di ATO in merito alla suddivisione del servizio in due parti – gestione ed erogazione – da affidare a due società diverse, con l’obbligo di mettere a gara – e quindi di privatizzare – il servizio di erogazione: le associazioni comasche avevano paventato ai Comuni il rischio di incostituzionalità, così è stato e dunque tutto è stato azzerato. «I sindaci hanno sentito solo le sirene della Regione a favore della privatizzazione dell’acqua e hanno ignorato le mille voci della società civile che chiedevano che l’acqua restasse pubblica: abbiamo avuto ragione noi» commenta Fumagalli.
Si muove invece qualcosa sul fronte della mobilitazione verso il referendum, anche a Como. Ieri sera alcuni cittadini presenti all’incontro si sono presi l’incarico di seguire la raccolta firme sul territorio, organizzando iniziative, banchetti ma anche eventi e serate ad hoc. La campagna inizierà dopo le elezioni regionali e in particolare dal 10 aprile; in concomitanza di quella data si terrà a Como un’altra iniziativa pubblica per lanciare la raccolta firme verso il referendum per l’acqua pubblica. [Barbara Battaglia, ecoinformazioni]

Il Consiglio comunale di Como di giovedì 25 febbraio 2010

Bocciata la mozione pro Haiti. I dipendenti della Cà d’industria vanno in Consiglio comunale.

Donato Supino, Prc, ha attaccato nuovamente, chiedendone le dimissioni, l’assessore al verde Peverelli per la gara d’appalto per la raccolta sui rifiuti da rifare dopo che l’unico partecipante, Econord, non ha raggiunto i requisiti minimi. Per il consigliere comunista il problema fondamentale è stato mettere la disponibilità della piattaforma ecologica già all’interno del bando: «qualcuno ha parlato di poter dare al vincitore della gara via Somigliana, ma è un deposito non una piattaforma ecologica».
Roberta Marzorati, Per Como, ha rilevato una situazione di possibile pericolo per la salute dei residenti nei pressi di un palazzo tra viale Masia e via Recchi da cui stanno per essere asportati pannelli di eternit.
Marcello Iantorno, Pd, ha segnalato alcune zone, come in via Dante, dove non funzionano gli impianti di illuminazione.
L’inizio della seduta è stata movimentato dalla presenza di una trentina di dipendenti della Cà d’industria con uno striscione, prontamente riavvolto dopo l’indicazione del presidente del Consiglio Pastore, con scritto «Giù le mani dalla Cà d’industria».
Nessun consigliere ha riportato nella preliminari la presenza dei lavoratori, che si sono spostati in Sala stemmi, assieme ad alcuni esponenti delle minoranze e il rappresentate per le opposizioni nel Consiglio di amministrazione dell’ente assistenziale comasco Romolo Vivarelli, che era stato interpellato dai consiglieri per alcuni chiarimenti.
Una riunione parallela a quella consiliare molto accesa che ha visto in alcuni momenti in difficoltà l’esponente del Cda aziendale quando ha riferito come altre realtà abbiano esternalizzato il servizio mensa «in realtà come l’Ospedale S. Anna è stato già fatto» ha dichiarato, «e come si fa senza cucina nel caso in cui un anziano soffra di dissenteria e abbia bisogno di un piatto di riso in bianco mettiamo alle quattro del pomeriggio?» è stata la risposta di uno dei lavoratori che temono per il proprio posto di lavoro (potrebbero essere 32 gli esuberi).
Il Consiglio comunale ha invece affrontato la mozione, presentata da Iantorno, che prevedeva di impegnare nel futuro Bilancio di previsione 2010 «un importo fino all’0,80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate correnti per sostenere i programmi di cooperazione e gli interventi di solidarietà internazionale in favore della popolazione haitiana».
La maggioranza su pressione di alcuni suoi componenti in primis Massimo Serrentino, Pdl, si è ritirata per discutere il da farsi.
Rientrato in aula ha preso la parola Luigi Bottone, Liberi per Como, per dissentire dalla decisione presa, il voto contrario, «restituirò il gettone di presenza e me ne vado» ha dichiarato lasciando l’aula.
Marco Butti, Pdl, ha giustificato il voto contrario citando un documento «condiviso all’unanimità» dalla Commissione terza sulla solidarietà internazionale e gli interventi della protezione civile comasca, lasciando aperta una possibilità «un domani quando stileremo il Bilancio di previsione potremo sicuramente dare continuità a questa linea» oltre alla formazione di un tavolo di confronto.
«Io faccio parte di quella Commissione – ha recisamente comunicato Franco Fragolino, Pd – ma non ho messo la firma su nessun documento! Non è mai stato definito nessun documento…».
Iantorno ha presentato quindi un paio di emendamenti, bocciati entrambi.
Arrivati al voto finale, senza dichiarazioni, la mozione per Haiti, sostenuta dalle minoranze, è stata bocciata dalla maggioranza, salvo un paio di astensioni. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Agnoletto presidente

Presentati nella Sala stemmi del Comune di Como i quattro comaschi nella lista della Federazione per la Sinistra. Il candidato presidente Vittorio Agnoletto si è dichiarato ottimista: «Supereremo il 3 per cento!».

I quattro rappresentanti comaschi della lista che sostiene Vittorio Agnoletto alle prossime elezioni regionali saranno lo studente universitario Edoardo Spolidoro, che si è espresso contro la cementificazione del lago e i tagli alla scuola pubblica, Marco Tenconi, segretario provinciale Pdci comasco, «è stato chiuso il Gandhi a Milano e aperte tre nuove scuole private di Cl a Crema, questo è il piano per la scuola formigoniano», Eugenio Morandi, consigliere comunale a Cermenate, che ha ricordato la tragica situazione dei precari, e Lina Annoni, segretaria provinciale di Rifondazione comunista, che ha posto in primo piano il problema della sanità. «L’obiettivo non è più la salute dei cittadini ma l’incasso – ha spiegato a proposito delle tariffe e i rimborsi per le prestazioni – molte persone non proseguono le indagini diagnostiche perché non hanno soldi per pagare i ticket» ha denunciato. Il consigliere comunale comasco Donato Supino ha invece messo in risalto il diverso approccio rispetto al Partito democratico in ambito locale mettendo dei distinguo sia sull’affaire muro «il Pd fa la campagna elettorale sull’abbattimento del muro, per me solo grazie al concorso dei cittadini e alle loro manifestazioni si è riusciti ad ottenere questo risultato, con la sola opposizione in Consiglio comunale non ce la si sarebbe fatta». Altro punto di rottura l’esternalizzazione della mensa della Cà d’industria «il rappresentante del Pd nel cda è a favore noi non siamo d’accordo sul risparmio a discapito della qualità e della tutela dei cittadini». «Il nostro avversario è Formigoni – ha chiarito Vittorio Agnoletto che ha però aggiunto –, in cosa si differenzi da lui Penati non siamo riusciti a capirlo. Il nostro obiettivo è che in Lombardia continui ad esserci una forza di sinistra». Il candidato presidente ha presentato il proprio listino formato da esponenti del mondo culturale lombardo spaziando da Dario Fo a Moni Ovadia, sino a Paolo Rossi e Margherita Hack, oltre a rappresentanti delle lotte operaie e dei movimenti sociali (le loro videointerviste sono sul sito http://www.youtube.com/vittorioagnoletto). Candidature per la nascita di un unico contenitore di tutto quanto si muova a sinistra del Pd. Quattro i punti principali del programma. La difesa della sanità pubblica, della suola pubblica, «il 95 per cento delle risorse investite dalla regione vanno agli studenti delle scuole private con redditi fino a 200 mila euro, si tratta di selezione di classe», una maggiore difesa del lavoro. «Dall’inizio della crisi ci sono stati quasi 200mila posti di lavoro in meno nella nostra Regione – ha affermato Agnoletto – chiediamo garanzie per tutti, anche per i lavoratori a tempo determinato e a progetto, con un salario di cittadinanza che permetta di poter sostenersi durante il passaggio da un lavoro ad un altro». Anche la difesa dei luoghi di lavoro è importante per il candidato presidente della federazione della sinistra oltre che la salvaguardia dell’ambiente. «L’Expo si ridurrà ad una serie di grandi opere su gomma – sottolineato il candidato presidente della Federazione della Sinistra – noi vogliamo trasporti pubblici più efficienti, lo sviluppo delle linee ferroviarie. Qui al contrario mettono l’alta velocità e i treni per Malpensa ma tagliano quelli per i pendolari!». L’impegno è anche per la difesa dei beni comuni come l’acqua e contro il nucleare «non solo in Lombardia ma in tutta Italia». Recuperare quindi la disillusione a sinistra e quelli che non vanno più a votare è la meta prefissata «supereremo lo sbarramento del 3 per cento, la soglia minima, e potremmo avere 2-3 consiglieri in Regione». «Un presidio necessario – dopo gli scandali e gli arresti in Regione – in un momento in cui non ci sono solo delle mele marce, ma un sistema marcio servono delle sentinelle che possano dare l’allarme, una cosa che non succederebbe in un sistema consociativo alla Penati». [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Salvare la cascata della Vallategna

Appello alla mobilitazione per la salvezza della cascata della Vallategna che è diventata oggetto di una interrogazione parlamentare.

Il progetto di realizzazione di un supermercato ai piedi della cascata della Vallategna a Asso vede nuovi sviluppi con la diffida ai consiglieri comunali del Comune di Asso dal votare a favore fatta dal Circolo ambiente “Ilaria Alpi” per «possibili violazioni di leggi e norme: violazione della Legge Regionale sull’urbanistica (n. 12/2005); violazione degli strumenti urbanistici vigenti, sia comunali (Prg) che sovracomunali (Ptcp); violazione delle normative per la tutela idrogeologica, per la vicinanza ai corsi d’acqua e alla parete rocciosa».
Per gli ambientalisti brianzoli: «Il Comune di Asso deve rinunciare al progetto del supermercato. La costruzione a ridosso della cascata rappresenterebbe un danno ambientale e paesaggistico irreversibile. Al contrario la zona della cascata va tutelata dal punto di vista paesaggistico-ambientale».
La tutela della Vallategna è approdata anche in Parlamento con una interrogazione dei deputati del Partito democratico  Chiara Braga e Ermete Realacci. «La cascata della Vallategna – ha affermato il ministro ombra per l’ambiente del Pd – fa parte del patrimonio paesaggistico e culturale della Brianza e dell’intero Paese, al punto da essere citata anche da Stendhal, nel diario del suo viaggio in Italia e per questo chiediamo al Governo quali azioni intende intraprendere salvare la cascata che verrebbe deturpata irrimediabilmente dalla realizzazione del supermercato in un’area paesaggisticamente così preziosa e per scongiurare il pericolo di dissesto e frane di un’area già precaria geologicamente come il territorio del Comune di Asso».
Se dovesse essere approvato il contestato Piano attuativo si «rischierebbe di deturpare per sempre la cascata della Vallategna, la cui bellezza è stata abilmente descritta da letterati come Cesare Cantù e Stendhal – ha dichiarato la deputata comasca – Oltre a compromettere per sempre il patrimonio paesaggistico e culturale della Brianza e dell’intero Paese, si verrebbe a generare una situazione di rischio per le caratteristiche geologiche dell’area».
Il Circolo “laria Alpi” chiama nel frattempo alla mobilitazione i cittadini di Asso e della Vallasina con un presidio al Consiglio comunale di Asso di venerdì 26 febbraio dove verrà deciso del futuro dell’area.

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