VII congresso della Cgil di Como

Con la relazione del segretario generale Alessandro Tarpini si è aperto lunedì 1 marzo allo Shed di Cernobbio in via Manzoni 1 il VII Congresso provinciale della Cgil di Como. A tutti i partecipanti è stato distribuito un fiocco giallo simbolo dell’adesione alla giornata per i diritti dei migranti.

Il testo integrale della Relazione.

Riportiamo dalla relazione del segretario alcuni passi della sezione Migranti, risorsa e integrazione relativa al tema dei diritti dei migranti al centro della mobilitazione del primo marzo.
«Il primo giorno del nostro congresso coincide con la giornata di mobilitazione dei migranti italiani.
Noi abbiamo ritenuto la proposta, poi accantonata, dello sciopero dei migranti una scelta inopportuna.
Continuiamo ad essere convinti che i problemi di questi lavoratori siano anche i nostri e che un mondo del lavoro spaccato in due – con gli italiani che difendono i propri diritti ed i migranti che lottano per ottenerli in modo separato – rischi di peggiorare ulteriormente la situazione.
Quanto successo nelle scorse settimane a Rosarno e quanto accaduto a Milano in viale Padova, potrebbe facilmente accadere in altre parti d’Italia dove, nell’agricoltura ed in altri settori produttivi, migliaia di immigrati irregolari sono costretti a lavorare e vivere al limite dell’umano tollerabile, sottoposti ai ricatti di chi vive di economia sommersa, anche a causa dell’attuale normativa sull’immigrazione che condanna all’espulsione chiunque decida di denunciare le condizioni di lavoro.
La vicenda di Milano sta a dimostrare il fallimento delle politiche del centrodestra in tema di immigrazione. Comune, provincia e regione, sono governati da 15 anni da amministrazioni di centrodestra; la legge che regola la materia si chiama Boss-Fini: se questi sono i risultati, una classe politica responsabile dovrebbe avere il coraggio di mettere in discussione provvedimenti che forse sono utili in una campagna elettorale, ma che dimostrano ogni giorno la loro inconsistenza.
Vorrei anche dire che le dichiarazioni di un esponente politico regionale all’indomani dei disordini di via Padova, arrivato a proporre “rastrellamenti casa per casa”, pongono anche un problema di civiltà.
Mi sarei aspettato di fronte a tali deliranti affermazioni un moto di indignazione diffuso: non è più accettabile che chi ricopre cariche istituzionali e di governo in importanti amministrazioni si lasci andare a simili inqualificabili affermazioni.
La tragedia di Rosarno parla invece a tutto il Paese: bisogna ricostruire relazioni che mettano al centro la capacità di convivere con le diversità, del vivere insieme, del rispetto di diritti e doveri di cittadinanza e del lavoro, per tutti e da parte di tutti. Questa situazione è il frutto di una politica migratoria non governata, utilizzata in maniera sistematica come arma di propaganda politica, e dell’incancrenirsi di situazioni di estremo sfruttamento e degrado, dove lo sbocco della guerra tra poveri, presto o tardi, rischia di diventare l’esito più probabile. […]
È invece su politiche di inclusione, su progetti di integrazione – partendo dalla scuola – e di sostegno a tutte le famiglie che si trovano coinvolte dalla crisi economica, che occorre puntare, per rinsaldare una vera coesione sociale basata sui valori della solidarietà e dell’accoglienza».

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