Il vizio della memoria

Martedì 9 marzo 2010, l’ex giudice Gherardo Colombo lo ha trascorso a Como. Nel corso della mattinata insieme a don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, ha incontrato allo Spazio Gloria le scuole superiori della provincia, mentre nel pomeriggio, in biblioteca, c’era ad aspettarlo un pubblico più variegato per età. I due incontri lariani sono stati organizzati, nell’ambito del progetto Memoria e Verità 2008-2010, dall’Università Popolare Auser di Como, dall’Associazione Memoria condivisa Bari di Como e da Nodo Libri con la partecipazione di Istituto Storia contemporanea Perretta di Como, Associazione familiari delle vittime Strage di Bologna, Fondazione Carlo Perini Milano, Associazione Casa della Memoria di Brescia, Istituto Pugliese per la Storia dell’ Antifascismo dell’Italia Contemporanea.
L’incontro del pomeriggio, che è stato registrato e sarà a disposizione di chiunque lo desideri presso la mediateca della biblioteca comunale, ha avuto come tema Il vizio della memoria: l’eversione, lo Stato, la Giustizia: dove sono i cittadini?
Gherardo Colombo ha ricordato, interloquendo, quasi giocando con il pubblico, gli eventi del ventennio di sangue che va dal 1974, anno in cui entra in magistratura, al 1996, anno in cui viene pubblicato il suo libro Il vizio della Memoria (1996), saggio in cui ripercorre le proprie esperienze professionali, in modo particolare quella del ritrovamento dei documenti riguardanti la Loggia Massonica P2 a Castiglion Fibocchi, mentre con il collega Giovanni Turone sta indagando sul finto rapimento di Michele Sindona, mandante del tragico omicidio di Ambrosoli.
Il sangue degli italiani onesti ed innocenti, però, inizia a scorrere già cinque anni prima, il 12 dicembre del 1969, giorno della strage di Piazza Fontana. Quel giorno Gherardo Colombo si trova al Comando del Corpo d’Armata, poiché impegnato nel servizio militare. Lasciando il Corpo e dirigendosi con altri commilitoni verso la caserma di via Vincenzo Monti, lo raggiunge la notizia della strage. È l’inizio di una lunga stagione di stragi che terminerà con quella di Bologna del 2 agosto 1980: l’elenco è lunghissimo e non sempre si riesce a tenerne la completa contabilità: Peteano, 31 maggio 1972, tre morti; Milano, 19 maggio del 1973, quattro morti; Brescia, Piazza della Loggia, 28 maggio 1974, 8 morti; Italicus 4 agosto del 1974, 12 morti.
Dopo il tempo delle stragi subentra il tempo del terrorismo rosso e nero, degli omicidi di personaggi scomodi e irreprensibili, come Ambrosoli ed è poi il momento delle stragi di mafia.
Perché la scia di sangue delle stragi e del terrorismo degli anni Settanta e Ottanta, la Loggia P2 ed i depistaggi? Secondo Colombo, tutto questo è avvenuto perché non si procedesse verso il compimento dei valori sanciti nella Costituzione italiana. Le resistenze sono state e sono tante.
Un esempio che riguarda le donne: sono dovuti trascorrere più di venti anni perché l’articolo 3, quello relativo all’uguaglianza fra i cittadini, fosse soddisfatto pienamente per quanto riguarda le relazioni tra i coniugi. Bisogna infatti aspettare la riforma del diritto di famiglia del 19 maggio del 1975 perché venga attuata l’uguaglianza tra marito e moglie. Ventisette sono invece gli anni che separano la Costituzione dalla riforma del Codice civile, mentre il Codice penale non è stato ancora completamente adeguato ai principi costituzionali.
Nella storia della Repubblica italiana sono sempre presenti, infatti, due tendenze: una che spinge verso la realizzazione dei principi della Costituzione, una che preme per il ritorno ad una sistema strutturato in senso gerarchico e immobile. Nel primo caso l’aspirazione è nella direzione di una società in cui la Costituzione sia pienamente realizzata nei fatti, dove i diritti e le pari opportunità siano per tutti e dove il potere venga delimitato e controbilanciato affinché non pregiudichi i diritti acquisiti. Nel secondo caso la spinta è verso una limitazione dei principi costituzionali per tornare ad una società immobile e autoritaria. Le stragi ed il terrorismo sono i sintomi che lo scontro tra queste due tendenze è degenerato, si è inabissato nel regno oscuro della paura per creare ostacoli e resistenze al fine di paralizzare la società e le coscienze.
Alle resistenze si aggiunge, spesso, l’incapacità da parte dei cittadini di sentirsi “Stato”, di essere responsabili, di non cedere al lamento, ma di impegnarsi e partecipare in prima persona alla vita della nostra nazione. Vi è una tendenza, tutta italica, ad affidarsi a qualcuno, a cedere potere alla rappresentanza, se non per aperto opportunismo per semplice comodità. È assente, di frequente, il senso di essere una collettività: l’individualismo, alla lunga, influenza, permea e imbriglia tutta la vita civile del paese.
Il vizio della memoria, in questo contesto di violenza ed indifferenza, è difficile da coltivare poiché è proprio l’opposto: è educazione, è sforzo di capire i fatti, gli eventi, è approfondire per voler comprendere. [Patrizia Di Giuseppe, ecoinformazioni]