Progetto memoria e verità 2008-2010

Il terzo incontro del Progetto Memoria e Verità 2008-2010, dedicato alla Strage di Piazza Fontana e al caso Pinelli, organizzato dall’Università Popolare Auser di Como, dall’Associazione Memoria condivisa Bari di Como e da Nodo Libri, si è svolto il 21 aprile scorso al Liceo Classico Volta di Como.

All’iniziativa hanno preso parte il giornalista Piero Scaramucci, curatore del Libro Una storia quasi soltanto mia intervista alla vedova di Giuseppe Pinelli, Licia; Matteo Fenoglio e Francesco Barilli autori del libro – fumetto “Piazza Fontana”; Claudia Pinelli, figlia di Pino, e Carlo Arnoldi, familiare di una delle vittime di Piazza Fontana.

Attraverso la presentazione dei due libri, i relatori hanno ripercorso gli eventi  della Strage di Piazza Fontana e, più in generale, il clima della strategia della tensione.

Francesco Barilli, nel suo intervento, ha sottolineato che, la scelta di scrivere un libro a fumetti su Piazza Fontana, sia stata dettata dalla consapevolezza che la data del 12 dicembre 1969 sia percepita ormai come un fatto  periodizzante: da quel momento la storia non è più la stessa. L’evento terribile di Piazza Fontana si inserisce nel più articolato piano della “strategia della tensione”, disegno eversivo che ha la sua messa a punto nel corso di  un convegno pubblico, tenuto nel 1965 al Parco dei Principi di Roma.  Il convegno, organizzato dall’Istituto di studi militari Alberto Pollio, indicava, per l’Italia, un pericolo d’infiltrazione delle forze di sinistra a cui lo Stato non avrebbe saputo far fronte adeguatamente. Si rendeva dunque necessaria la “strategia della tensione”, piano finalizzato a condizionare la realtà politica del paese, una sorta di deformazione localistica della Guerra Fredda, che in Italia, trovava un terreno appropriato: vi era, infatti, il più grande, strutturato partito di sinistra dell’Occidente e vi erano, sparsi ma consistenti, gruppi di destra e neofascisti. La strage di Piazza Fontana, che provocava tredici vittime immediate, tre deceduti nei giorni successivi alla strage, uno ad un anno di distanza ed, infine, un capro espiatorio, quel Giuseppe Pinelli, la dinamica della cui morte rimane tuttora coperta dal mistero. Ancora oggi su quegli eventi permane un cono d’ombra, malgrado lo sforzo recente del giudice milanese Guido Salvini, che, in alcune dichiarazioni, non esita ad affermare, che quell’avvenimento delittuoso, può essere definito strage di stato. Il 5 maggio del 2005 una sentenza della Cassazione, ponendo fine ad una lunga e complessa vicenda processuale, assolve tutti gli  imputati sottolineando, però, che con le nuove prove, emerse nelle inchieste successive al processo milanese nel 1972 e alla definitiva assoluzione nel 1987 degli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura, questi ultimi sarebbero stati condannati. Nonostante l’improduttività dei processi, certezze storiche su Piazza Fontana sono ormai acquisite: la strage si sviluppa nell’ambito dell’organizzazione neofascista Ordine Nuovo del Veneto, con la copertura attiva di una parte dei servizi segreti militari (SID).

Nel suo intervento, il giovane Matteo Fenoglio ha spiegato la scelta dello strumento del fumetto, mezzo di comunicazione immediato e naturale. Negli ultimi anni il fumetto ha riacquistato una sua dignità, tanto da essere rivalutato come genere atto a trattare temi storici e di attualità.  Effettive sono ancora le ripercussioni della strage di Piazza Fontana e i temi della strategia della tensione: la sovranità limitata della democrazia italiana, a causa della sudditanza al polo atlantico, ha comportato che la classe politica di allora (ed attuale) si potesse permettere il lusso di ampia autonomia d’azione.

Il vice presidente dell’associazione vittime di Piazza Fontana, Carlo Arnoldi, nel suo contributo, ha evidenziato i pregi del libro a fumetti: la semplicità dello strumento comunicativo consente di raccontare un argomento complesso e di non relegare la storia di Piazza Fontana a patrimonio esclusivo delle vittime e dei loro parenti, sensibilizzando in tal modo le nuove generazioni.

 Il giornalista Piero Scaramucci, nel suo intervento, ha rilevato come lo stragismo abbia colpito oltre che le famiglie, l’intero paese lasciando ferite collettive. Dopo la strage di Piazza Fontana, le autorità indirizzano le indagini verso gli anarchici e verso alcuni settori della sinistra. Pinelli è un ferroviere, molto aperto, ciarliero, esposto, dunque il capo espiatorio migliore. Convocato in questura viene tenuto sotto fermo per tre giorni (un fermo illegale, fuori da ogni norma),  ma nella notte tra il 15 ed il 16 di dicembre, precipita  dal terzo piano della questura dall’Ufficio del commissario Calabresi. Ufficialmente si avalla la tesi del suicidio. Nel corso del tempo questa teoria si dimostra falsa, prodotto destabilizzante, appunto, della strategia della tensione che mira a criminalizzare movimenti ed istituzioni della sinistra.

Le menzogne sulla morte di Pinelli vengono smascherate, successivamente, da giornalisti coraggiosi e liberi come Camilla Cederna, Corrado Staiano e Giorgio Bocca. Anche gli studenti ed i professori dell’Università Cattolica di Milano, amici di Licia Pinelli, contribuiscono a fare chiarezza sulla figura dell’anarchico. Altre falsità si disvelano in modo plateale durante il processo intentato da Mario Calabresi contro Lotta Continua, organizzazione che diffamava il poliziotto, diffondendo notizie false sul suo ruolo nei fatti della morte dell’anarchico. Prima, però, che si giunga alla verità, nel 1972, Calabresi viene assassinato ed il processo ha termine. Il giudice Gerardo D’Ambrosio, in una istruttoria successiva, arriva alla conclusione, apparentemente paradossale, che nel caso di Pinelli si possa escludere sia il suicidio sia l’omicidio: l’uomo sarebbe morto in modo accidentale per un malore. Inoltre afferma che “L’istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli”. Nessuna chiarezza, nessuna verità processuale fino al 9 maggio del 2009, quando il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella cerimonia di commemorazione delle vittime del terrorismo, annovera Giuseppe Pinelli fra le vittime di Piazza Fontana.

Scaramucci aggiunge che l’Italia di oggi è figlia di quella stagione stragista. Alcune idee e progetti definiti a livello concettuale in quel periodo, sembra si vengano a concretizzare nell’Italia di oggi: repubblica presidenziale, controllo dei media, controllo dei sindacati e della magistratura.

La figlia di Pinelli, Claudia, ha concluso la serata sostenendo che i parenti delle vittime delle stragi ricordano dolorosamente con il cuore, per tanto gli incontri come questo costano molta fatica ma sono molto importanti. Ripensando a quei giorni di dicembre del 1969, successivi alla strage, la memoria si fissa sulla perquisizione da parte della polizia a casa Pinelli. Claudia e la sorella, ancora bambine, non si accorgono subito che, quelle persone che girano per l’appartamento, aprendo armadi e cassetti, appartengano alle forze dell’ordine. Sono abituate a vedere molta gente nella loro abitazione: amici di famiglia, studenti, intellettuali. La morte del congiunto viene appresa dalla famiglia Pinelli drammaticamente dai giornalisti, e subito, iniziano a circolare notizie infamanti sul suo conto.  Licia Pinelli reagisce immediatamente intraprendendo una serie di cause per diffamazione. Giuseppe Gozzini, obiettore di coscienza cattolico, qualche giorno dopo la morte di Giuseppe Pinelli, scrive una lettera al Corriere della Sera nella quale afferma che il ritratto che emerge dalla stampa del ferroviere (anarchico individualista) non corrisponde all’uomo che conosce: un ateo attratto dalla non violenza e dalle idee di alcuni ambienti cattolici vicini a Primo Mazzolari e don Lorenzo MIlani. Non un estremista dunque. [Patrizia Di Giuseppe, ecoinformazioni]

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