Un altro mondo è possibile

«Dobbiamo ridurre il nostro consumo di materie e la produzione di rifiuti per lasciare un pianeta abitabile ai nostri figli». Questo il messaggio lanciato da Francesco Gesualdi durante l’incontro promosso a Erba dalla cooperativa Shongoti.
È terminata giovedì 27 maggio la seconda edizione del ciclo Un altro mondo è possibile organizzato dalla cooperativa di commercio equo e solidale Shongoti di Erba sui possibili modelli di sviluppo economico che contrastino il divario tra Nord e Sud del mondo con confronti e riflessioni su stili di vita sostenibili, partendo dagli attuali problemi causati dalla crisi finanziaria mondiale.
Nell’ultimo incontro Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro nuovo modello di sviluppo di Pisa e collaboratore della rivista Altraeconomia, ha spiegato quale possa essere «l’altra via in un modello economico che crede in una crescita infinita con l’illusione di avere risorse illimitate: bisogna innanzitutto ridurre la produzione e il consumo di queste risorse e contemporaneamente diminuire la produzione di rifiuti».
«L’acqua, che serve per ogni tipo di produzione industriale, viene inquinata e sprecata – ha spiegato Gesualdi -; il cibo scarseggia e lo dimostrano gli aumenti dei prezzi, così come le terre per coltivare e allevare sono oggi ricchezze sempre più rare e ricercate».
A questo si aggiunge l’eccessivo accumulo di rifiuti che, se risolto con la moltiplicazione degli inceneritori, causa ulteriori danni per la salute e per l’equilibrio dell’ecosistema terrestre.
«Il problema ambientale diventa ancora più grave se interconnesso alle differenze sociali del pianeta – ha continuato il coordinatore del Centro nuovo modello di sviluppo -. Noi occidentali sogniamo un mondo basato sul nostro tenore di vita, ma non capiamo che per realizzarlo avremmo bisogno di altri quattro pianeta terra».
Diversi sono gli ambiti in cui Gesualdi suggerisce di intervenire per contrastare questa situazione: «eliminare i prodotti inutili e superflui attraverso scelte di sobrietà non è solo possibile, ma anche conveniente perché porta a un risparmio monetario. Occorre poi cambiare l’idea di lavoro, che oggi è considerato solo in funzione del salario: ma lavorare di più togliendo tempo alle relazioni sociali non serve a farci stare meglio! Al posto del concetto imperante di benessere dobbiamo sostituire quello di bene-vivere, senza basarci sul possesso materiale, ma mettendo al centro la vita intesa come armonia personale in più direzioni: affettiva, sociale, spirituale».
La vera sfida è riuscire a coniugare piena occupazione e rispetto dei diritti fondamentali per tutti con la sobrietà negli stili di vita,
«Il lavoro non deve servire solo per il salario, ma deve essere anche collettivo e di autoproduzione – ha aggiunto Gesualdi –. L’obiettivo deve essere quello di lavorare il necessario imparando a suddividere il lavoro così che tutti si sentano parte della collettività».
Affrontando il tema della privatizzazione dell’acqua, di grande attualità visto che è in corso la raccolta di firme a sostegno dei tre referendum, Gesualdi ha affermato che «non tutti i bisogni umani sono sullo stesso piano perché ci sono diritti fondamentali che non possono appartenere al mercato che non regala niente, ma vende per denaro. Questi diritti appartengono alla comunità organizzata e vanno preservati tali: per questo la privatizzazione dell’acqua è un segno d’inciviltà». Nel dibattito successivo al suo intervento, rispondendo alle domande di alcune delle settanta persone presenti, l’ospite ha concluso spiegando che «lo sforzo necessario è quello di staccarci dalla visione imperante di mercato perché le alternative esistono, ma troveremo un altro modello di sviluppo e convivenza solo se riusciremo a credere fermamente in noi stessi». [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: