Carlo Petrini, l’elogio della gastronomia:« Ci salverà una globalizzazione virtuosa»

Carlo PetriniIl fondatore del movimento Slow food ospite di Unindustria a Como, ha intrattenuto i presenti con racconti, aneddoti, dati e prospettive per uscire dalla crisi ripartendo dalla gastronomia e dal rispetto della terra: «tutto deve ricominciare, tutto è già ricominciato»

 Slow food un’associazione internazionale presente in oltre 170 paesi, nata in Italia e composta oggi da «una rete di 2000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità». Carlo Petrini ne è stato il fondatore nel 1986 e, nonostante a distanza di oltre 25 anni abbia perso il conto di tutte le iniziative promosse, non si stanca di continuare a girare il mondo per sostenere la difesa dei contadini, dell’agricoltura e della memoria. «Il paradosso del sistema alimentare mondiale è semplice – ha spiegato –: produciamo cibo per 12 miliardi di esseri umani, ma nonostante questo nel pianeta ogni ora ci sono frutti che vengono lasciati marcire sugli alberi perché pagati troppo poco e un miliardo di persone sono malnutrite o muoiono di fame. Dobbiamo imparare la nobile arte di non sprecare, ne va del futuro delle giovani generazioni». Nella premessa al suo intervento, Petrini ha illustrato il significato del termine gastronomia, scienza olistica complessa e multidisciplinare che comprende «tutto ciò che riguarda l’uomo quando si nutre, dalla chimica alla biologia, passando per l’agricoltura, l’allevamento, la genetica, l’antropologia e arrivando alla storia e all’economia politica». Alternando l’italiano a vari dialetti, con tono di voce alto, gesticolando e continuando a muoversi, Carlin ha ripreso più volte lo scettico direttore de La Provincia Diego Minozio: «Oggi l’80% dei semi del pianeta è proprietà di cinque multinazionali, questo significa che il giorno che finirà il restante 20% l’agricoltura sparirà dalla terra. Per questo è importante diffondere e preservare semi autoctoni, come diceva Pasolini nel 1968: il giorno in cui questo paese perderà i contadini e gli artigiani non avrà più storia». Rivolgendosi spesso ai presenti con domande e con incoraggiamenti, specie nei confronti dei più giovani, si è scaldato raccontando che «in questo paese più del 50% della produzione agricola finisce nella spazzatura, ogni giorno assistiamo a sprechi di proporzioni bibliche e se sommiamo questo fattore ai contadini che vengono pagati poco e alla perdita progressiva della biodiversità, allora capiamo che per uscire dalla crisi mondiale servono nuovi paradigmi e stili di vita basati sul rispetto per il lavoro, i diritti e l’ambiente». C’è anche chi è venuto a ringraziarlo perché dopo aver letto un suo libro ha deciso di rilanciare l’azienda agricola di famiglia: «dobbiamo ridare valore ai giovani che vogliono tornare all’agricoltura, dobbiamo sostenerli. Io penso che il paradigma stia cambiando, vedo che stanno aumentando anche gli industriali virtuosi e credo che, come diceva il filosofo Edgard Morin, tutto deve ricominciare, tutto è già ricominciato». Rispondendo alle domande, dopo che una ragazza dal pubblico ha spiegato come non sia vero che i prezzi del biologico siano più alti dei prodotti normali citando il mercatino comasco di Corto Circuito che si svolge al sabato mattina dai Comboniani di Rebbio, Petrini ha scandito «Ecco, così bisogna fare» e gridato lo slogan “Viva i Comboniani!”. Mostrandosi tanto ottimista quanto pragmatico, dopo aver elogiato papa Francesco ha difeso i contadini stranieri che stanno producendo in Italia eccellenze come il Barolo e il Parmigiano reggiano: «Maledetti quelli che pensavano di bombardarli sui canotti, noi italiani abbiamo la memoria corta sulla migrazione, ma dobbiamo ringraziare questi fratelli che vengono a preservare e coltivare i nostri campi». «La qualità alimentare va calibrata, il diritto al cibo è un diritto di tutti ma ogni alimento deve avere tre caratteristiche: buono, pulito e giusto; se manca uno di questi tre elementi, la qualità alimentare è in sofferenza»; per provare a fermare questa sofferenza, Slow food ha lanciato da poco il progetto 100per100orti, con l’obiettivo di raccogliere in cento giorni fondi per realizzare 100 orti nel continente africano e fermare la delinquente conquista di terre da parte di potenze straniere, il land grabbing, che da alcuni anni sta colpendo l’Africa. Forse davvero tutto può cambiare, quando riusciremo a capire che mangiare è il primo grande atto agricolo da compiere. [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]

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