Giorno: 1 Febbraio 2014

Concerto per 24 bambine lontane

080214 concerto per 24 bambine lontaneUn concerto per Anna, sabato 8 febbraio alle 18 nel Foyer del Teatro Sociale di Como in piazza Verdi con Marco Belcastro (voce, chitarra, organetto diatonico), Simone Mauri (clarinetto basso), Flaviano Braga (fisarmonica), organizzato da  Qui le stelle.

Kersevan/ Prc e Pdci solidali

prcPrc e Pdci offesi per la decisione di Lucini di non concedere la Circoscrizione 1 per l’incontro con la storica Alesandra Kersevan del primo febbraio. Leggi nel seguito del post il comunicato.

«Le Federazioni provinciali comasche del Prc e dei  Comunisti italiani criticano la mancata concessione da parte del sig. Sindaco di Como Mario Lucini della sala pubblica, presso la circoscrizione di Albate per lo svolgimento della conferenza della dottoressa Alessandra Kersevan sui lager italiani in territorio jugoslavo.

Il rifiuto della sala aveva lo scopo di impedire lo svolgimento di un importante momento pubblico di ricostruzione storica.

In questo modo il sindaco e la giunta hanno dimostrato di non avere alcun interesse per la formazione di una memoria collettiva su fatti che sono alla base della nostra storia repubblicana e su valori fondanti della nostra Costituzione.

Giudichiamo offensivo che si metta sullo stesso piano e si riservi lo stesso trattamento a celebrazioni di stampo neonazista (come quella negata a Militia Como nei giorni scorsi) e a seminari sui crimini del fascismo.

Dichiariamo la nostra piena solidarietà politica e culturale all’Anp sez. Como ed all’Istituto di storia contemporanea P.A. Perretta, riconoscendo il loro fondamentale contributo alla diffusione dei valori dell’antifascismo ed alla difesa dei principi fondamentali della diffusione democratica.

Meraviglia negativamente che tale diniego provenga proprio dalla stessa giunta che il 25 aprile partecipa attivamente alle celebrazioni della éesta della Liberazione. [Fabrizio Baggi, Prc e Andrea Cazzato, Pdci]

Kersevan / Una grande lezione di storia

Nel salone Bertolio della Cooperativa di via Lissi a Rebbio la storica Alessandra Kersevan ha ricostruito in un’approfondita conferenza nel pomeriggio di sabato 1 febbraio le vicende connesse all’occupazione fascista delle regioni della ex Yugoslavia, legate soprattutto all’internamento di un numero grandissimo di civili, uomini e donne, vecchi e bambini, in campi di concentramento italiani tra 1941 e 1943.

L’incontro, organizzato dalla Sezione di Como dell’Anpi e dall’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta, avrebbe dovuto tenersi – com’è noto – alla Circoscrizione n. 1 di Albate se il Comune non avesse ritirato all’ultimo momento la concessione della sala. Il trasferimento non ha nuociuto alla partecipazione, anzi: oltre cento persone hanno affollato il salone Bertolio. Un pubblico attento e partecipe, intenzionato a capire.

E se alle persone presenti si fosse aggiunto anche qualcuno di quelli che in questi giorni hanno accusato la studiosa di “negazionismo” riguardo alla vicenda delle foibe, avrebbe avuto la misura di quanto si è sbagliato.

Dopo le parole di premessa di Nicola Tirapelle della Sezione di Como dell’Anpi e l’attenta introduzione di Elisabetta Lombi, dell’Istituto di Storia Contemporanea, che ha fornito i dati essenziali del volume Lager italiani – recentemente pubblicato appunto dalla studiosa -, Alessandra Kersevan ha ricostruito la storia dell’area intorno al “confine orientale” dalla prima guerra mondiale fino a tutta la vera e propria occupazione fascista. Una regione estremamente complessa, in cui era evidente una realtà plurinazionale (italiana, slovena, croata, ma anche tedesca e rumena) e che l’annessione all’Italia cercò subito di omologare a una pretesa italianità. Su queste vicende ha operato una profonda rimozione, quando non una vera e propria censura: Alessandra Kersevan ha ricordato solo due esempi, ma estremamente significativi: il documentario della Bbc Fascist legacy, realizzato alla fine degli anni Ottanta, acquistato e tradotto dalla Rai ma mai trasmesso, e poi soprattutto il documento finale della commissione storica italo-slovena istituita dai governi dei due Paesi e che avrebbe dovuto essere ratificato dai rispettivi governi, cosa che è avvenuta per la Slovenia ma non per l’Italia.

La data cardine per le specifiche vicende legate ai campi di internamento italiani è il 6 aprile 1941, con l’inizio della aggressione al regno di Yugoslavia e la seguente occupazione, che fu gestita con ossessiva attenzione alla repressione delle vere e presunte forme di resistenza da parte degli abitanti. L’intera città di Lubiana, per esempio, venne trasformata nella notta tra 22 e 23 febbraio 1942 in un immenso campo di concentramento con la costruzione di un reticolato tutt’intorno all’abitato, lungo ben 32 kilometri, e la suddivisione del territorio urbano in zone divise da filo spinato. Si procedette quindi all’internamento dei maschi adulti che vennero “selezionati” per categorie, a cominciare dagli studenti, evidentemente ritenuti i più pericolosi. A seguito di questa vera e propria pulizia etnico-politica i luoghi di detenzione sul posto si dimostrarono rapidamente insufficienti e vennero quindi allestiti veri e propri campi di concentramento in Italia (in Friuli – in primo luogo a Gonars -, in Veneto, ma poi anche in Liguria, in Umbria, in Toscana, in Lazio) e sulle isole dalmate. Alla fine, in condizioni disumane, furono circa 120 mila le persone slovene, croate, montenegrine deportate e internate, di queste non meno di 4500 (secondo le stime più prudenti), ma forse almeno 7000, morirono.

Alessandra Kersevan ha raccontato questi accadimenti in una narrazione pacata, ma implacabile: ha citato cifre, mostrato immagini provenienti dagli archivi militari italiani, smontato false attribuzioni e interpretazioni, letto messaggi inviati dall’interno dei campi e documentati dalle commissioni provinciali della censura fascista, ricostruito un contesto storico che dovrebbe essere noto e che invece è stato artatamente occultato dall’ufficialità.

Ha poi risposto alle domande del pubblico, attento e partecipe, come si è detto. Non si è sottratta nemmeno al pretesto delle polemiche che purtroppo l’accompagnano da tempo e che l’hanno accolta anche a Como: il tema delle foibe. A proposito del quale, ha allargato il contesto di spiegazione, sottolineando che in quella regione la guerra è stata particolarmente dura, fin dal primo conflitto mondiale, e che la guerra non può lasciare che strascichi di guerra e violenza (come è stato sottolineato anche dall’intervento di Celeste Grossi). Lungi dal ridimensionare la drammaticità delle vicende legate alle foibe, ha chiesto uno sforzo di approfondimento, di studio, un impegno anche da parte delle istituzioni per chiarire le reali dimensioni del fenomeno, tuttora oggetto di forzature polemiche, per riuscire a sottrarlo definitivamente a istanze nazionalistiche (e di nuovo ha richiamato la paradossale vicenda della commissione di storici italo-slovena istituita e poi “abbandonata” dal governo italiano) e soprattutto per riuscire a inquadrarlo in una prospettiva storica che non può essere chiusa sul solo periodo seguente alla seconda guerra mondiale e alla fine del fascismo.

Alla fine, tra tutte le persone presenti, è stata forte la consapevolezza di aver imparato molte cose. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

Khorakhanè/ Giornata della Memoria/ Sterminio dei rom

categoriesterminioA forza di essere vento, con il redattore della rivista anarchica A Paolo Finzi. L’iniziativa  del 31 gennaio nella biblioteca di Fino Mornasco, patrocinata dal Comune e dal Coordinamento comasco per la Pace ha messo a fuoco la storia delle violenze contro i rom e come essa parli anche di noi.

Di fronte ad un pubblico di cinquanta persone, con una buona componente di giovani, si èsvota la matassa di una storia residente alla periferia non solo delle metropoli, alla periferia dell’interesse del mondo. I nomadi si pensa inizino il loro viaggio dall’India, la loro prima presenza in Italia è testimoniata a Bologna nel 1300. I dati sono sempre imprecisi, anche quelli che testimoniano l’odio. Nei lager nazisti non vengono certificati dalla spietata precisione tedesca, si presume siano 500 mila i rom trucidati. Per loro c’è qualcosa di più, c’è un disprezzo trasversale: hanno un campo di concentramento a parte, sono gli unici che vengono allontanati persino dagli altri detenuti. Sono gli unici dei quali si ha testimonianza di una rivolta organizzata, così inaspettata che i tedeschi, venuti a sterminare un intero campo, si ritirano e si vedono obbligati a rimandare di tre mesi il massacro.

Paolo Finzi dopo una buona mezzora dall’inizio ha fatto vedere uno spezzone di un dvd, dove un sinto tedesco racconta dello strazio vissuto ad Aushwits. A volte nell’enormità delle cifre si perde la storia singola, quella che ci appare molto più vicina e reale. Le parole crude del deportato è sembrato ferissero l’aria, e un silenzio commosso è sceso in sala.

Poi qualche parola sulla fine della persecuzione nazifascista. Al processo di Norimberga l’unico rom presente,alla vista di un imputato, precedentemente suo aguzzino, muove le mani contro di lui venendo immediatamente espulso dall’aula. Non conoscono il “decoro” da tenere nelle aule della giustizia. Non sanno nemmeno giocare al gioco dei potenti, perché il rimborso di guerra prima viene negato, poi dato solo a chi può rimborsare le spese per le cure sanitarie ricevute in Germania. Un rom non è ricco, e quindi non può aspirare ad aver giustizia.

Per terminare una conferenza continuata a lungo, sulle ali di un dibattito partecipato, il redattore di “A” parla del rapporto con questa popolazione oggi. In Italia i rom sono 170 mila, ma regolarmente diventano nelle cronache qualche milione. Nei periodi di crisi ciclicamente si vede additare la minoranza come capro espiatorio, e con qualche zero aggiunto in fondo ad un numero il razzismo sembra più accettabile. Al contrario di quanto si pensa ci sono molte differenze, a seconda della provenienza, tra i diversi gruppi di rom. La maggior parte non sono più nomadi (il nomadismo è un reato), cosa della quale non sembra curarsi l’ufficio “nomadi e stranieri” di Milano. Al pressappochismo nell’utilizzo delle parole si aggiunge superficialità nella tutela dei loro diritti. Per quei rom che vogliono tentare di rimanere nella legalità è quasi impossibile che sia accettata una loro denuncia. Alcuni sono cittadini italiani da ormai tre generazioni. Sono i rappresentanti di un sottoproletariato, con tante contraddizioni. Non si può chiedere apertura mentale e contemporaneamente ghettizzare. È ugualmente razzista chi deifica i rom come incarnazione della libertà e chi li disprezza: non è la realtà. Forse non sapremo bene come vivono, ma abbiamo un idea di come muoiono, dato che la vita media di un rom,nelle condizioni dei campi, è di soli 56 anni.

Esiste una scarsa testimonianza della cultura rom, esiste forse una sola canzone che riconosce il romanes (lingua dei rom) degno di essere cantato. È Khorakhanè [A forza di essere vento], quella che ha dato il titolo a questo bell’incontro,. E dove il riconoscimento ufficiale come lingua di minoranza non arriva dallo stato italiano, denunciato per questo più volte dall’Unione europea, arriva la breve poesia di Fabrizio De André. Arriva a colpire al centro, ma solo per scolpire ai bordi, come si spera abbiano fatto le parole di questo incontro. Parafrasi di un’altra poesia in musica, è  Una storia sbagliata, la canzone del cantautore genovese per Pasolini, ma che ben racchiude la sofferenza degli emarginati. [Stefano Zanella, econinformazioni]

Storia/ Il confine orientale prima delle Foibe

KersevanSi è aperto sabato 1 febbraio, nel salone Bertolio a Como, messo a disposizione dal Comitato soci Coop, l’incontro con Alessandra Kersevan, presenti oltre cento persone, tra loro esponenti delle sinistre lariane, i consiglieri comunali Marco Servettini e Luigi Nessi, dell’associazionismo, della cultura oltre che dell’Anpi e dell’Istituto Perretta, organizzatori dell’incontro. Nell’apertura Nicola Tirapelle per l’Anpi di Como ha ribadito che «L’incontro come è noto non è sulle Foibe, ma su quello che è avvenuto prima delle Foibe». Tirapelle ha poi duramente contestato la decisione del sindaco Lucini di non concedere la sala comunale della Circoscrizione 1. Dopo l’introduzione di Elisabetta Lombi, dell’Istituto Perretta la parola è passata alla storica. Presto on line l’intervista alla relatrice di Jlenia Luraschi, l’articolo sull’icontro di Fabio Cani e, sul canale di ecoinformazioni il video dell’incontro di Roberto Borin e Marco sportelli. [Foto di Simona Benedetti]

Lucini antifascista, non può essere stato forzato da Militia

sel comoSel esprime con un comunicato sorpresa e disappunto per la scelta del sindaco di Como di negare la sala per l’incontro con la storica Alessandra Kersevan, chiede vengano spiegate le ragioni del diniego e esprime solidarietà all’Anpi e all’Istituto Perretta. Leggi nel seguito del post il testo del comunicato.

«Abbiamo appreso con sorpresa e disappunto che il Sindaco, Mario Lucini, non ha concesso l’uso di una sala comunale per la Conferenza pubblica con la storica Alessandra Kersevan, in occasione della Giornata della Memoria e del Giorno del Ricordo. Chiediamo al sindaco di conoscere i motivi di una decisione assolutamente imprevista e imprevedibile. Mario Lucini condivide con noi i valori antifascisti su cui è stata costruita la Repubblica italiana. Siamo certi che la sua scelta non sia stata motivata dalle affermazioni di Militia − Kersevan è “nota per lo spiccato negazionismo che la contraddistingue sul dramma delle Foibe” −. Il serio e approfondito lavoro della ricercatrice sulle responsabilità del fascismo italiano durante l’occupazione nazifascista della Jugoslavia merita attenzione e rispetto.

Condividiamo la scelta degli organizzatori che «Per rispetto alle drammatiche vicende che intorno al “confine orientale” ebbero luogo negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale e la fine del fascismo» hanno deciso di mantenere l’appuntamento, spostandolo al Salone Bertolio, in via Lissi sabato 1 febbraio 2014 alle 15.30; Sel di Como parteciperà all’incontro.

«I diritti umani sono le basi fondamentali della nostra democrazia che non può ignorare i rischi cui possono essere esposti gli innocenti» ha detto Giorgio Napolitano nella Giornata della Memoria. Noi di Sel, ogni giorno impegnati contro ogni forma di razzismo ed ogni rigurgito negazionista, manifestiamo preoccupazione per la perdita di memoria alla quale stiamo assistendo. Lo dimostrano episodi di razzismo come le scritte apparse sui muri della città di Roma e l’invio di tre pacchi contenenti teste di maiale indirizzati alla Sinagoga, all’ambasciata israeliana, al museo di Roma. Siamo convinti che per evitare che si diffonda una cultura di destra anche sul nostro territorio il lavoro dell’Anpi di Como “Perugino Perugini” e dell’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” sia prezioso. A loro esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà». [Sel Como]

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