My Life: Art And Music

LocandinawebMostra di Maurizio Ruzzi, a cura di Marisa Vescovo, inaugurazione sabato 8 febbraio alle 17 alla Mag in via Vitani 31 a Como, fino al 1° marzo, con il patrocinio dell’Associazione Luigi Russolo.

«Il nuovo progetto della Mag, approfondisce il legame tra arte figurativa e musica, tra immagine e suoni e lo fa dando respiro e attenzione ad uno dei più importanti artisti che segue questo binario da tutta la vita: Maurizio Ruzzi. Non dimentichiamo che la galleria cura l’Archivio Luigi Russolo, padre fondatore del Futurismo e della musica noise – precisa la presentazione della mostra di Salvatore Marsiglione e Maurizio Ruzzi –. Il progetto artistico comprende sculture/ istallazioni create con materiali riconducibili alla natura, Madre e Maestra che ha da sempre ispirato e istruito il Ruzzi, a dipinti eseguiti su pentagramma, dove il gesto ed il colore sono saltellanti come note, una serie di piccole opere su carta, dove il segno è dominante come una strofa e l’esplosione di colore come il suo ritornello».

«Miticamente il mondo era in origine di natura puramente acustico-intellettuale, e si è materializzato a poco a poco nell’universo. Materializzandosi parzialmente, le immagini acustiche si trasformarono in immagini che, anche concretamente, hanno iniziato a diventare visibili e tangibili. In tal modo il suono puro andò in parte perduto, ed è nata la materia – scrive Marisa Vescovo –. Tutto questo, nel tempo, ha portato gli artisti a cercare una liberazione dall’ovvio, dal banale, all’apertura di un orizzonte più ampio ed essenziale. Nel caso di Maurizio Ruzzi il suono nelle sue opere (è un ottimo musicista) si fa pensiero che sopravviene, il quale si profila prima nella mente di quel pensatore che è l’artista, lungo un percorso che non è una catena di cause ed effetti, ma è piuttosto una prospettiva ricca di echi, richiami, metamorfosi di suoni mentali, che diventano voce intrinseca dell’opera. Quell’energia incorporea della ragione, che è il suono, immette in una relazione penetrante con l’energia che è la vita. Le opere a pastello, o tempera di Ruzzi si inverano in un segno che danza nello spazio, si rompe, si arriccia, percorre tracce di pentagrammi, pare acquistare il senso del volo, ma anche una vibrante corporeità, che ce lo rivela non come frammento di linguaggio, ma come segno fremente della materia. Il vuoto intorno diventa cassa di risonanza dell’evento: fa si che la traccia di colore possa farci udire il proprio suono segreto, un’eco sottile dell’Altrove. Quando segni e forme entrano in risonanza con se stessi, il suono che ascoltiamo (senza udire nulla) ci appare nel medesimo tempo indefinibile e preciso, e sembra sul punto di farci camminare verso la verità ultima delle cose».

«Ogni volta che cerchiamo di porgere orecchio a questo suono esso si spegne, per riprendere con vigore nella prossima opera. Sia che Ruzzi costruisca piccole case, con legni usati, sia che adombri zone di paesaggio, sia che faccia danzare il suo segno arricciato, nega l’idea di ornamento, cerca il vuoto, fa spazio, ma gli spazi da lui aperti non promettono nuovo ordine, o nessun nuovo or(di)namento, bensì trova nuovi luoghi possibili, luoghi dove si possa finalmente attendere, sperare, luoghi che possono semplicemente accogliere la nostalgia dell’uomo verso l’innocenza delle origini e in cui esista finalmente lo spazio per far accadere le emozioni, i sentimenti, la verità. Il lavoro dell’artista significa, suono, ascolto del materiale, consente l’autonoma vita dei colori, solari, mediterranei, in modo che essi possano crescere liberamente come l’erba dei prati – prosegue la curatrice –. Ogni lavoro crea punti di vibrazione, talora d’ inerzia, che riflettono l’infinito, la nostra astrazione da un mondo che sembra non aver bisogno di noi, ci parla di un tempo veloce, come quello degli eventi e delle storie della vita, le quali precipitano vertiginosamente nella loro fine per poi rinascere. Questi segni che si annodano, o si sciolgono, ci fanno rivivere l’antica vicenda del caos che cerca nervosamente la forma, e ci rimanda al mistero dell’universo, in cui stanno le vere invisibili radici della coscienza. Ruzzi si cala dunque nei territori della “metamorfosi” per intraprendere un viaggio, un’avventura, capace di rivelare, l’infinita ricchezza delle strade da percorrere, il vertiginoso rimescolio delle apparenze, l’apertura del possibile e del nuovo da recepire. Il piacere, la gioia di un suono, la tristezza di un nero, sono gli estremi che definiscono l’ambito di oscillazione di questo lavoro. Certo nella metamorfosi generale del mondo, la materia, proprio perché è un corpo vivente, un corpo con le sue cicatrici da mostrare, diventa ciò che “noi” siamo, l’umanità che ne trasuda è cultura e garanzia dell’autenticità del sentire dell’artista».

«Ruzzi ci rinnova l’invito ad entrare in un destino aperto fatto di nuova natura e nuovi suoni, in cui i segni sempre molto forti e decisivi non si possono né prevedere, né produrre artificialmente, ma li dobbiamo attendere, ed osservare, ogni volta con grande attenzione – conclude Vescovo –. Sappiamo che oggi l’uomo si sottrae alla volontà della natura di tornare ad essere tale, si sottrae a una sorte possibile di vita fluidamente vivibile, per un esigenza errata di comodità di vivere in un mare di consumo, Maurizio Ruzzi preferisce invece essere un uomo esistenziale, cioè un uomo che ha la possibilità di significare se stesso e la sua creatività nella misura in cui sta e cade insieme alla natura e agli “altri”, e può condividere il tremito sonoro delle loro emozioni».

Per informazioni tel. 328.7521463, e-mail info@marsiglioneartsgallery.com, Internet www.magcomo.it, la mostra on-line (clicca qui), la biografia di Maurizio Ruzzi (clicca qui). [md, ecoinformazioni]

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: