Da Como a Expo per Como capitale

 

ComoCapitaleCultura

L’atteso workshop in vista della partecipazione di Como alla seconda fase della candidatura a “Capitale italiana della cultura” si svolge sabato 29 agosto a Expo. Avrebbe dovuto tenersi, secondo i primi annunci, a Como, ma poi il desiderio di sottolineare l’apertura internazionale di questo progetto ha suggerito di abbandonare le sponde del Lario e di approdare ai padiglioni della periferia milanese.

Invitate erano associazioni e operatori culturali (non tutte e tutti, e i criteri della selezione – ammesso che criteri vi siano stati – sono uno dei dubbi che aleggiano sopra l’operazione).

Ci sono andato come rappresentante dell’Arci, e confesso di esserci andato senza troppo entusiasmo (alla fine ammetto che il clima era assai più disteso e morbido di quanto mi ero immaginato e semmai il modello era più quello della gita scolastica: tutti insieme sul pullman a parlare delle vacanze appena finite, ma i problemi non erano – e non sono – quelli relativi al clima…).

Prima tappa, come da programma, è il padiglione Lake Como Essence, che si dice riscuota molto successo; nella mostra vera e propria (assai gradevole, in effetti), alcuni elementi caratterizzanti del territorio comasco sono esposti in modo non sempre immediatamente comprensibile, in compenso tra i cartelli esplicativi il primo a essere caduto è quello delle “imprese”: la metafora è ritenuta esplicita, ma male augurante.

Poi si sale a un piano superiore e iniziano i lavori. Una cinquantina i partecipanti, più ovviamente lo staff dell’organizzazione. Più che le assenze (anche perché sappiamo che molte persone assommano su di sé più di una rappresentanza) si notano le presenze sconosciute; l’effetto è quello dell’“appello incompleto” (siamo sempre a scuola…).

L’apertura dei lavori spetta ovviamente all’assessore alla cultura del Comune di Como, Luigi Cavadini, e al presidente di Fondazione Volta, Mauro Frangi.

Il primo riassume lo stato dell’arte: «L’obiettivo dell’incontro è quella di sollecitare e recepire indicazioni in merito al dossier di candidatura (seconda fase). Perché in Expo? perché questo non riguarda solo la città, ma ha una prospettiva più ampia. Il bando ha solo accelerato un processo già avviato per definire “quale strategia per la città”. Delle 72 proposte ricevute tramite la “call” sul sito, 15 sono state giudicate particolarmente significative e i soggetti proponenti sono stati invitati all’incontro odierno in aggiunta alle associazioni ‘imperdibili in città”».

Ecco chi sono le facce sconosciute! D’altra parte sono onorato di far parte di alcune associazioni “imperdibili” e però anche di altre “perdibilissime” evidentemente.

Continua Cavadini: «Si lavora quindi per un programma della cultura della città ed è una operazione che continuerà. I lavori sono diretti da un tavolo politico formato dai sindaci di Como, Brunate e Cernobbio e dai rispettivi assessori; c’è un tavolo tecnico che lavora alla preparazione del dossier che è formato da Fondazione Volta più una commissione di esperti. Si lavora in una logica di insieme». Viene poi data lettura del riassunto del bando (sono le prime nove slide delle linee strategiche in powerpoint che non ripeto, perché sono state semplicemente lette parola per parola; unica leggera sottolineatura sull’importanza dei collegamenti del lago).

Completa Frangi: «I tempi sono stretti. Ma l’occasione è essenziale per un’accelerazione dei progetti già in atto, dove è centrale la capacità del sistema culturale di lavorare in modo coeso e di sviluppare il territorio. Il tema che il progetto si è dato è l’“estro armonico” che significa concepire Como come “fabbrica della creatività”, ovvero: continuità nel medio periodo, progettualità condivisa, concretezza e fattibilità, attrattività turistica, innovazione». Anche qui si seguono le slide del powerpoint, con due sole aggiunte non preventivamente comunicate ai partecipanti.

«L’importante è fare squadra» conclude Frangi.

Sinceramente, tutto questo lo si sapeva già. Non c’era bisogno della trasferta a Expo. Non c’è un solo accenno “di metodo”, nemmeno una sottolineatura per i nodi problematici – che non sono imputabili a responsabilità dei presenti e che quindi potrebbero anche essere richiamati –; per esempio la questione della mobilità sul/del lago: qualcuno può pensare che sia cosa fatta? Una sola parola per la questione delle strutture (che pure, come ho già ricordato, è questione centrale nel bando) e che invece Cavadini mette incredibilmente in fondo, nella slide, non annettendogli grande importanza.

Poi la parola passa a Salvatura Amura, direttore della Fondazione Volta, che condurrà gli interventi dalla platea (in teoria tre minuti per ciascuno, ma non ci sarà mai bisogno di togliere la parola a chicchessia).

I numerosi interventi (ne ho contati non meno di una trentina) vertono intorno a pochi argomenti: l’importanza di un calendario unico per evitare sovrapposizioni e contraddizioni, la necessità della comunicazione (cittadina, regionale, nazionale, internazionale, galattica… comunque tecnologica), la centralità della questione economica, l’essenzialità dell’attrazione turistica (di nuovo – con un salto di scala – regionale, nazionale, internazionale, intergalattica), la bontà – anzi l’indispensabilità – della propria offerta culturale, che ovviamente non può e non deve restare fuori dal programma della “capitale della cultura” (che qualcuno, però, con singolare lapsus si ostina a derubricare a  “capoluogo”).

Pochissimi gli interventi che si discostano da questo canovaccio tra gli altri quello di Alberto Longatti, che si pone la domanda su che cosa davvero la gente di fuori percepisca di Como e su cosa la gente – sempre di fuori – si aspetti da Como; nel merito, indica come centrale il ruolo del “romanticismo” di Como (in senso storico: il movimento culturale ottocentesco) e quindi sottolinea come essenziale il rapporto con il lago; conclude con un invito che ai più dev’essere sembrato sibillino: il passato deve farsi presente. Nel proseguo dei lavori verrà risposto a Longatti che questo tema è stato sviscerato, ma che le scelte effettuate non possono ancora essere esplicitate, «perché se no gli altri concorrenti [anzi: competitors] copiano».

Anche il mio intervento – chiedo scusa per la presunzione, ma mi ci hanno mandato per quello – è un po’ diverso. Dichiaro di intervenire come Arci provinciale, ma che faccio parte anche dell’Istituto di Storia contemporanea – non invitato! – e della Casa della Musica – invitata e di cui nessun altro rappresentante ha potuto essere presente –). Sottolineo che se la candidatura di Como capitale cultura fa parte di un percorso già avviato non si può invocare ristrettezze di tempo per la scarsa attività in favore della partecipazione; se si è partiti prima, come mai ci si riduce ad agosto a coinvolgere – si fa per dire – le associazioni?

Sulla questione del programma preciso che le cose fatte e che si faranno sono assai di più rispetto a quelle che si includeranno nel fatidico calendario della “capitale” e che non tutto può essere ridotto alla categoria – peraltro rispettabilissima – dello spettacolo. La cultura è assai di più.

Ricordo che nel settore culturale sono essenziali tanto le filiere orizzontali quanto quelle verticali – o se si preferisce: diacroniche –: si parla tanto del Lake Como Film Festival, ma, senza nulla togliere ad Alberto Cano e alle persone che collaborano con lui, cosa sarebbe successo se lui non avesse potuto crescere e sperimentarsi nei cicli al cinema Gloria (che è circolo Arci), che a loro volta hanno raccolto in continuità l’eredità dei cicli organizzati fin dal 1977 da Radiocomo e poi dal cinecircolo Città murata? Essenziale è quindi l’offerta culturale in tutte le direzioni e su questo si misura il ruolo di “capitale”.

Provo a riassumere la questione così: noi vorremmo pensare a “Como capitale cultura” non come a un programma ma come a un ambiente, in grado di sviluppare l’attività culturale a Como; allora l’amministrazione dovrebbe essere creatrice di precondizioni, non organizzatrice né tantomeno calendarizzatrice. Quindi bisogna dare grande attenzione alla questione delle strutture, che invece incredibilmente viene messa all’ultimo posto.

Dopo la pausa pranzo, si riprende con l’intervento dell’assessore Cavadini per esporre la sua sintesi della mattinata: sottolinea l’importanza di creare attrattività internazionale in più rispetto a quella attuale; ripropone l’idea di un nuovo evento-cerniera, per collegare la stagione estiva alle proposte della Città dei balocchi, un evento concentrato in pochi giorni di novembre su cui convogliare gli introiti della tassa di soggiorno; chiarisce [finalmente! NdR] che i fondi messi a disposizione dal governo per il bando sono “fino” a un milione di euro e che quindi non si sa esattamente quanti saranno e che dovranno obbligatoriamente servire per la gestione del progetto; a questo proposito sottolinea l’importanza che tutti i soggetti intenzionati a far entrare nel bando i loro progetti mettano a punto al più presto un’ipotesi di budget su una scheda che verrà diffusa.

La sintesi non riprende e non dà alcuna risposta nemmeno di passaggio alle questioni politiche e di metodo poste.

Intervengono poi i Comuni collegati: Cernobbio mette avanti la disponibilità delle due prestigiose sedi di Villa Erba e Villa Bernasconi, Brunate mette avanti la disponibilità a fare sistema e a ospitare eventi.

Qualche altro intervento e si arriva a una nuova sintesi dei temi emersi alla mattina: esigenze di calendario; espressione di disponibilità; necessità di comunicazione; proposte: Museo diffuso arte contemporanea, Seta, Mobilità sostenibile, Resistenza.

Nonostante che i contributi non siano apparsi proprio fondamentali, la sintesi appare poverissima.

Siamo all’intervento finale di Mauro Frangi, il quale ricorda che i piani sono due: uno è la preparazione del dossier e l’altro è il percorso più generale che andrà comunque fatto; essenziale è fissare una caratteristica forte per il dossier (ma non si può ancora dirla in pubblico), essenziale è darsi delle scadenze per i prossimi incontri (queste sì possiamo dirle).

Nell’intervento finale di Luigi Cavadini si ammette che non si è prestata la necessaria attenzione alle scuole; poi si danno le date: il 15 settembre ci sarà la serata cittadina di presentazione del dossier e poi,  anche prima della proclamazione delle città vincitrici, il Comune organizzerà comunque un nuovo incontro per andare avanti, presumibilmente entro il 10 ottobre.

Fine.

Fuori programma: si attende l’arrivo di Serena Bertolucci, direttrice di Villa Carlotta a Tremezzo (che ha portato a successi notevoli), recente vincitrice del concorso internazionale per i nuovi direttori di Museo in Italia; lei andrà a dirigere Palazzo Ducale a Genova e tutti i musei della Liguria. Dopo una lunga attesa (è in arrivo da Parigi) alla fine si presenta, è stravolta e si capisce che farebbe volentieri a meno di questa comparsata, comunque racconta in modo garbato la sua esperienza e i suoi successi. Alla domanda (che è il vero scopo della sua chiamata): «Cos’hai da consigliarci in questa avventura?», la risposta è ovvia: «Osare, non avere paura di mettere avanti le proprie idee».

La mia battuta è ancora più ovvia: di idee bisognerebbe averne.

 

Si torna a casa in ordine sparso, quasi tutti convinti (anche molte delle persone coinvolte nell’organizzazione) che non si son fatti molti passi in avanti e che il non-detto continua ad essere ben più consistente di quello di cui si parla. Per essere “capitale” basteranno i “circenses”? Certo nemmeno del pane si è discusso.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

1 thought on “Da Como a Expo per Como capitale

  1. i fous littéraires non sono stati invitati. Cattaneo e Radice avevano previsto la circolazione di veicoli a mezza altezza , a Camerlata. Abbiamo quindi proposto di estendere questa idea di arte concreta . Entro il 2060 , probabilmente ( per la citta’ di Como una data neanche troppo lontana )

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