Piazza Grimoldi: m’è sembrato di veder la storia…
La notizia in sé non esiste. Si scava in pieno centro storico e si trova un antico muro (ci si dovrebbe stupire del contrario…); si fermano i lavori in attesa dell’arrivo degli esperti (ci si dovrebbe stupire del contrario…); la Soprintendenza archeologica con celerità procede al sopralluogo la mattina dopo (ci si dovrebbe stupire del contrario…); visiona i – pochi – reperti trovati e dà il via libera al proseguimento dei lavori (ci si dovrebbe stupire del contrario…); fatta salva, ovviamente, la richiesta di procedere alla pulizia, al rilievo e all’interpretazione di quanto trovato… (ho capito!! ci si dovrebbe stupire del contrario!). Nessun problema.
O forse sì. Tra amministrazione, uffici e giornalistici custodi (autonominati) dell’efficienza cittadina qualche attrito c’è, con relative scintille (anche in questo caso – vabbè – ci si dovrebbe stupire del contrario).
Si auspica quindi che nel cantiere della nuova piazza Grimoldi torni il silenzio, o meglio il rassicurante rumore del lavoro.
Il paradosso, a mio modestissimo avviso, è altrove. Nel non detto.
Ma come? la città mette mano alla sistemazione di un’area centralissima – anzi: del centro massimo sia dal punto di vista storico che da quello simbolico – e tutto quello che sa fare è sperare che si trovi il meno possibile?
Siamo – si badi bene – a fianco della cattedrale doppia di Como (eh sì! anche Como, come altre città lombarde, aveva una doppia cattedrale), a un passo dal grande suq del lago (eh sì! Como medioevale aveva un enorme mercato, che reggerebbe il confronto con quelli di Fes e Marrakech), in margine alla zona di più alto valore commerciale della Como storica (tanto che ogni casa con relativa bottega era la più piccola possibile in modo da poterne mettere in fila il più alto numero possibile), sulla soglia dell’antica via degli orafi (la contrada dei Sangeleri dove avevano bottega nel Rinascimento le famiglie che hanno riempito di capolavori – alcuni conservati – le chiese della diocesi) … e tutto quello che ci industriamo a fare è cercare di centrare gli unici centimetri quadrati in cui non ci sia niente, ma proprio niente (tranne una stratigrafia, quella non si nega a nessuno)…
Stamattina, quando, per l’ennesima volta, ho prospettato questo paradosso, mentre eravamo in visita al cantiere del non-ritrovamento, mi è stato risposto: «Eheeh, non vorrai mica ridurre la città a un museo…». No. Non voglio. Sollevo questo paradosso in nome della contemporaneità, non del passato.
Basta andare in qualsiasi città storica di Spagna o di Francia per vedere che cosa si è potuto fare, avendo a disposizione una piazza centrale e una stratificazione storica. E mettendoci ovviamente anche un pizzico di creatività contemporanea (archistar comprese).
È così difficile immaginare, prima di passare alla progettazione di una nuova piazza, una ricerca storico-archeologica ad ampio raggio per cercare di capire cosa c’è sotto la pavimentazione di piazza Grimoldi, per avere un po’ più chiaro lo sviluppo della porzione più importante della città storica, per cercare di andare avanti rispetto alle molte chiacchiere (non a vanvera, sia chiaro, ma comunque ancora carenti di dati certi) sull’evoluzione di questa zona. Per cercare anche di capire come si è evoluta questa città e come si può evolvere.
«Eheeh, ma un cantiere così avrebbe tolto alla vista un bel pezzo di città; non ti è bastato quel che succede sul lungo lago?». Perché non avete mai visto un bel cantiere aperto? Non avete mai visto quanto contribuisce anche alla valorizzazione turistica di una città? L’hanno fatto altrove (anche in Italia, non solo all’estero), solo noi non siamo capaci di farlo? Credete che la gente, locale e forestiera, non apprezzerebbe di poter dare una sbirciatina a un pezzo inedito di storia? O questo è esclusiva di voyager?
E i ritrovamenti (certi) non avrebbero forse dato qualche idea per come sistemare la piazza? a come valorizzare ulteriormente il centro storico?
No?
Ma no. Cerchiamo quei due metri quadrati liberi di storia, scaviamo il nostro locale tecnico, e poi via! al lavoro, ricopriamo tutto con una bella pavimentazione, un po’ d’acqua (meglio se pubblica) che non fa mai male, un paio d’alberi che sono sempre politically correct, e poi su! su! al lavoro che non abbiamo mica tempo da perdere. Chi si guarda indietro è perduto. Ma a voi la storia non ha proprio insegnato niente, eh?
[Fabio Cani, ecoinformazioni]