
Dieci anni dalla primavera di Rumesh
Ripubblichiamo oggi, 29 marzo 2016, a dieci anni di distanza, l’editoriale Una prova di civiltà di Antonia Barone e Gianpaolo Rosso del numero 367 /aprile 2006 di ecoinformazioni. La primavera che auspicavamo poi non ci fu, il centrodestra rivinse alla grande le elezioni nonostante le Paratie, la Ticosa e nonostante Rumesh.
Como deve molto a Rumesh, il ragazzo cingalese colpito a bruciapelo dalla pistola di un rambo della squadra speciale antiwriter, fiore all’occhiello della “tolleranza zero” del centrodestra di Como. La sua tragica storia, come tante volte accade per la vita dei migranti, è stata capace di dare dignità all’intera città. Forse se lui, oltre che essere innocente, non fosse così evidentemente un bravo ragazzo, forse se fosse possibile attribuirgli simpatie “sovversive” e non frequentazioni oratoriali, forse se fosse musulmano e non cattolico le cose sarebbero state più difficili. Ma non c’è dubbio che la città che così duramente lo ha colpito gli è debitrice. Il sussulto di dignità e la capacità di parola e d’azione che ha determinato il suo sangue è stato eccezionale, imprevedibile, stupefacente. Un vero e proprio riscatto di civiltà ha coinvolto Como, il suo principale quotidiano, persino le rissose e autoreferenziali rappresentanze politiche. D’improvviso la faccia violenta del centrodestra, l’arroganza del sindaco Stefano Bruni, l’assoluta precarietà della democrazia lariana umiliata nel nostro territorio da partiti reazionari, fascisti e paleonazisti è stata svelata. Ma soprattutto è emersa l’altra Como, quella cui questo giornale cerca di dare voce. Nelle scuole gli studenti hanno sofferto, partecipando pienamente al dolore del ragazzo migrante, hanno capito che Rumesh è uno di noi, che la violenza contro di lui è violenza contro ciascuno dei cittadini della città. E la manifestazione di sabato 1 aprile ha segnato una svolta nella vita politica della città: una moltitudine di studenti con tutta la vivacità e tutta la creatività della loro giovinezza si è schierata dalla parte della nonviolenza, della cultura dei diritti, della solidarietà, dell’accoglienza. Lunedì 3 aprile è stata poi l’intera società civile, un arcobaleno di associazioni, movimenti, forze politiche, sindacati, a manifestare in silenzio per Rumesh per chiedere le dimissioni del sindaco e dell’assessore responsabili dell’agguato al ragazzo cingalese, la fine definitiva della famigerata squadra speciale antiwriter, una commissione d’inchiesta sull’accaduto. Molto c’è ancora da fare, ma vedere migliaia di persone sfilare dietro striscioni con le parole di De André «Anche se voi vi credete assolti, siete ugualmente coinvolti»; «Salvate il suo sorriso non ha vent’anni ancora» e con cartelli pacifisti «Per una città disarmata e accogliente» è forse il segno di un riscatto di civiltà che può essere l’inizio, finalmente, della primavera. [Antonia Barone e Gianpalo Rosso, ecoinformazioni. Dal numero 367 aprile 2006 di ecoinformazioni] [Foto Andrea Rosso]