
Carcere/ Una buona notizia
Siamo arrabbiati per l’ordinanza del sindaco di Como contro i senza fissa dimora, arrabbiati per il comportamento dei senatori sullo ius soli (perché questa fine? ricordiamocene quando si voterà); c’è però anche una buona notizia che non è stata considerata adeguatamente dai media. Parlo dei decreti legislativi di Riforma dell’ordinamento penitenziario che il Consiglio dei Ministri ha emanato, dopo aver analizzato il lungo lavoro nella Commissione, condotta dal professor Giosta, che ha esaminato le proposte dagli Stati Generali dell’esecuzione penale, frutto di uno studio favorito e proposto due anni fa dal ministro Orlando.
In pratica è un aggiornamento della legge penitenziaria del 1975; modifiche dettate dalle evoluzioni della legge europea, dal mutamento della popolazione delle nostre carceri(il 33 per cento stranieri) e seguendo i principi della nostra Costituzione che indica come finalità della pena, la “rieducazione del condannato e bandisce tutti i “trattamenti contrari al senso di umanità” e ogni “violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizione dei libertà”;
Intreccio presente nella nostra Carta Costituzionale,seguendo le idee di Beccaria, e più tardi quelle di Calamandrei.
Idee sostenute in molti interventi dagli ultimi pontefici e dalle lotte laiche di Marco Pannella.
Principi e azioni che già troviamo presenti in tanti operatori, nella Polizia penitenziaria, nei volontari che vivono quotidianamente per lavoro, o come forma di servizio le Carceri italiane.
Si tratta di un decreto legislativo che definisce il rispetto alle persone, uomini e donne private dalla libertà e disciplina importanti aspetti: il diritto ai legami con la famiglia, il diritto della ricerca del lavoro, allo studio, alle comunicazioni, alle informazioni e ai permessi; le modalità per rendere i colloqui più facili, specie per gli stranieri( si parla per quelli che non hanno famiglia in Italia, permettendo colloqui in via telematica); si da la possibilità di pene da scontare fuori dal carcere, con “misure di comunità”. Il tutto logicamente con un controllo sull’impegno effettivo da parte del condannato, e sulla sua responsabilizzazione.
Il decreto stabilisce inoltre una maggior tutela per le denenute donne e madri; il dialogo più facile con i ministri di culto e con i mediatori culturali.
Forse si poteva proporre anche “il diritto all’affettività” cosa che molti paesi europei già riconoscono, ma…
Una riforma che ha anche l’obiettivo della comunicazione; penso che una istituzione che rinuncia a educare, a reinserire nella società, nella città, tra la gente, una persona che ha commesso errori, alimenta ulteriore odio e rancore.
Io penso, vivendo da volontario il Carcere del Bassone, in una società che chiede sempre più “sicurezza”, ma solo magari per i più forti, e non è attenta ai più deboli e fragili, può essere però convinta di queste scelte e dialogando e facendole conoscere al meglio, le può capire e le può condividere. Come sempre maggiore, dovrebbe essere l’attenzione e l’impegno degli Enti locali.
Il decreto rappresenta un invito importante a cambiare il nostro atteggiamentoed è comunque una buona notizia che la politica ci ha dato in questo ultimo periodo di legislatura. [Luigi Nessi per ecoinformazioni]