
Memoria di un sogno
L’ultimo libro di Cecco Bellosi “Sotto l’ombra di un bel fior – Il sogno infranto della resistenza”. [Milieu Edizioni, 2008, 239 pagg., 16,90 euro] è il racconto di un sogno collettivo infranto nelle paludi della prima repubblica, che ha costruito apparati repressivi, amministrativi e una struttura statale che non ha mai reciso definitivamente il legame con il fascismo.
Molti storici come Giovanni De Luna e Paul Anthony Ginsborg, attenti alle vicende della repubblica italiana nata il 2 giugno 1946, ritengono che l’amnistia di quello stesso anno abbia infatti permesso ai fascisti «… non solo di uscire dal carcere, ma di occupare gli scranni di un parlamento ottenuto con il sangue dei partigiani» (pag.9): nel 1960 tutti i Questori e quasi tutti i Prefetti provenivano da carriere svolte all’interno del regime.
Le duecentotrentanove pagine edite da Milieu edizioni sono una storia di storie, sono il racconto di una vicenda locale, quella della 52ª brigata Garibaldi, che ha incontrato la grande storia quando il 27 aprile 1945 ventotto partigiani hanno fermato a Dongo la colonna di duecento nazisti che scortava Mussolini in fuga dall’Italia. Allo stesso tempo è un romanzo storico che narra le vicende di giovani partigiani che hanno creduto in un mondo più giusto, mettendosi in gioco, e che non si sono riconosciuti nel paese che stava muovendo i suoi primi passi. Resta ovviamente da considerare la difficoltà del ritorno alla “vita civile”, dopo anni di montagna, di scontri, di lotte, di vita dura, una fatica esistenziale che è stata studiata sui reduci della spedizione dei mille, sui soldati della prima guerra mondiale. Questi uomini e queste donne hanno fanno fatica a ritrovare un ruolo nella morsa tra riproduzione della vita quotidiana e ideali, ma anche facendo la tara della sindrome da stress, come viene chiamata dai medici, rimane il punto: il futuro che si stava costruendo non riconosceva il passato e una parte consistente d’Italia cominciava a considerare scomode le radici profonde di un “noi” collettivo che aveva lottato per la libertà.
Venerdì 20 aprile il libro è stato presentato alla libreria Feltrinelli di Como alla presenza dell’autore, Cecco Bellosi, di Giorgio Cavalleri, scrittore e storico comasco che ha scritto, tra l’altro, un bellissimo libro (Storia del Neri e della Gianna, Nodo Libri 1991) sulle vicende raccontate da Cecco, e di Leonardo Coen, tra i fondatori di Repubblica, dopo avere avuto esperienze significative all’Avvenire, al Giorno e avere partecipato alla fondazione del Quotidiano dei Lavoratori; a porre le domande e condurre il dibattito Andrea Quadroni giornalista de La Provincia di Como. La presentazione ha sollevato questioni storiche e politiche che inevitabilmente hanno legato le vicende della resistenza con la storia degli anni settanta e la permanenza del fascismo nella viscere profonde della società italiana. Ha fatto bene Cecco a ricordare che fu lo stesso Mussolini ad affermare che il fascismo non era stato inventato, ma esisteva nella pancia degli italiani e che oggi, all’ombra della terza repubblica, ha i colletti bianchi ma non si vergogna più delle camice nere e delle svastiche.
Diversi ragionamenti usciti nel dibattito, sugli anni settanta, sulla lotta armata, sul rapimento Moro, sulla crescita delle lotte e sulla fase del riflusso del movimento, meriterebbero momenti di approfondimento per non cadere in letture troppo affrettate; d’altro canto le versioni ufficiali parlano di anni di piombo e una seria ricostruzione storica, oltre la memorialistica, è ancora rara.
L’autore racconta i suoi incontri con molti dei protagonisti delle vicende partigiane della resistenza lariana e ricorda la sua impressione che lo fece riflettere: quella di trovarsi di fronte a chi aveva vinto la guerra, ma che invece della gioia esprimeva l’amaro di una sconfitta ideale ed esistenziale. Il libro è bello, intenso, amaro, soprattutto quando tratteggia le figure di questi partigiani che si sentono, in fondo, traditi dalla storia.
In un mondo di ciechi non si riconosce il passato e non si vede il futuro, ma soltanto l’apparenza di un eterno presente. [Marco Lorenzini, ecoinformazioni]
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