Now festival 2018/ “L’etica in impresa: ostacolo o opportunità?”

DSCN0362

Nel pomeriggio di mercoledì 16 maggio è partita la terza edizione di Now, il festival del futuro sostenibile organizzato dall’associazione L’isola che c’è e dalla Cooperativa Ecofficine in collaborazione con il tavolo Sostenibilità della Camera di Commercio di Como e altre realtà. Per la prima volta, inoltre, come ha ricordato Micol Dell’oro (Ecofficine) in apertura, Now entra a far parte del Festival della sostenibilità, sottoscrivendone i 17 obiettivi e affermandosi come appuntamento di rilevanza nazionale su questo tema.

La serra di Villa del Grumello (via per Cernobbio, 11) ha ospitato primo dei quattro dibattiti-aperitivo previsti per quest’anno: “L’etica in impresa: ostacolo o opportunità?”, per il quale sono intervenuti come relatori Emilio Reyneri, Sociologo del lavoro del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca e Rossella Sobrero, presidente e cofondatrice di Koinetica, prima realtà italiana (attiva dal 2002) specificamente votata alla responsabilità sociale d’impresa. Sono intervenuti anche Angela Caccia, addetta alle risorse umane per la Ratti Spa, e Marcello Bettaglio dello Spazio Anagramma di Cernobbio. Andrea Quadroni, giornalista de “La Provincia”, ha svolto il ruolo di moderatore.

Si parla con sempre maggior insistenza dell’impatto di automazione e digitalizzazione sul lavoro, specialmente per quanto riguarda l’occupazione dei lavoratori che si vedono sostituire da strumenti tecnologici, rimanendo privati di un impiego. Certo non si può negare che tali sostituzioni siano un dato reale e in una certa misura strutturale [un punto centrale, questo, nei dibattiti sull’opportunità o meno di un “reddito di cittadinanza”, ndr], riconosce Reyneri, che invita però a non sovrastimarne le proporzioni: se è vero che la tecnologia può svolgere una gamma di mansioni più precisamente e rapidamente di una o più persone che svolgevano, in precedenza, un lavoro analogo, e se pure è vero che ciò incide fortemente sulla morfologia del mercato del lavoro nel suo insieme (creando, rendendo obsoleti o trasformando dati tipi di occupazione), ci sono pur sempre delle competenze propriamente umane che nessun macchinario, computer o robot è in grado di sostituire: la capacità relazionale e quella persuasiva, l’empatia,  la creatività, tutti aspetti da non sottovalutare nel contesto professionale; senza contare la necessità dell’intervento umano nel perfezionamento, nella manutenzione e nella supervisione dei dispositivi e le variabili del mercato lavorativo non direttamente riconducibili alla tecnologia.
Guardando più nello specifico ai cambiamenti determinati da essa, si può osservare che le attività che accusano una maggior contrazione sono di fascia “intermedia” per le competenze intellettuali e tendenzialmente “ripetitive” (dunque “meccanizzabili” almeno in parte: una connotazione che non coinvolge l’insegnamento, rispetto ad altre professioni del terziario); sono invece meno affette le attività specializzate che richiedono un alto grado di formazione intellettuale e, dall’altra parte, le mansioni più umili e concrete: in entrambi i casi, il lavoro umano va ancora per la maggiore, benché sia indubbiamente influenzato dal progresso tecnologico. Quest’ultimo, tuttavia, sembra procedere a rilento in Italia, dove gli investimenti nella digitalizzazione sono ad oggi essenzialmente scarsi (ben due terzi delle imprese del campione d’indagine analizzato da Reyneri si dicono “indifferenti” ai cambiamenti occorsi in questo senso) e soltanto il 23 per cento della forza lavoro mostra competenze digitali sviluppate. Questa tendenza è legata a doppio filo all’aspetto educativo in senso lato (non soltanto relativo alla formazione tecnologica e scientifica, ma anche umanistica, linguistica e accademica), per cui l’Italia investe poco, collocandosi al di sotto della media dei paesi dell’Unione europea. Il nostro paese è caratterizzato da una percentuale di laureati piuttosto bassa (relativamente pochi italiani frequentano l’università, ancor meno la portano a termine; mentre i laureati raggiungono spesso livelli di specializzazione paradossalmente troppo alti rispetto alle occupazioni che si troveranno a svolgere) e anche i dirigenti aziendali, legati a un modello tradizionale d’impresa, mostrano livelli di formazione mediamente non così elevati, secondo i dati dell’Ocse. Una specializzazione quantitativamente circoscritta e un’automazione/ digitalizzazione che procede a rilento tendono a “polarizzare” l’occupazione verso mansioni poco specializzate e a ridurre l’occupazione tra la popolazione in età lavorativa, entrambe tendenze non rassicuranti verso cui Reyneri auspica un cambio di rotta.

DSCN0368
La sostenibilità è un requisito non circoscritto al mercato del lavoro e a quello economico intesi in senso stretto: non si limita, cioè, alla massima ottimizzazione possibile delle risorse produttive (e alla minimizzazione degli sprechi, che pure è un’esigenza sempre più pressante, per l’ecosistema prima ancora che per il mercato). Essa si arricchisce, necessariamente, del rispetto di criteri etici nel contesto professionale (interno all’impresa, tra imprese, tra impresa e cliente), che consentano lo sviluppo e il mantenimento di buone condizioni lavorative. Le imprese sono oggi soggette a una pressione sempre maggiore da parte della società e della legge all’adozione e all’applicazione di criteri di sostenibilità produttiva, ambientale e “umana”: «Non si tratta di buonismo e di facile autopromozione in un mercato critico con l’espediente del greenwashing [adottare pochi  criteri di ecosostenibilità pro forma, preoccupandosi di “farlo sapere” più che di metterli in pratica, ndr] – chiarisce Sobrero – quella della sostenibilità è un’esigenza reale, che migliora la competitività e la buona immagine dell’impresa ma che, soprattutto, interviene a tamponare il danno causato negli anni precedenti; una presa di responsabilità che deve essere presa seriamente, collettivamente e con urgenza».
Che cosa significa, concretamente, agire eticamente come impresa? Certamente, come sottolineano Sobrero e Caccia, l’aspetto delle risorse e dell’impatto ambientale resta prioritario e centrale, da cui l’esigenza di ridurre al più possibile gli sprechi, operando alcune preziose sostituzioni nella quotidianità della vita aziendale (come nel caso dei servizi di ristorazione), che possono tradursi in un risparmio economico oltre che energetico. Non meno importante è investire sulla “vivibilità” e sulla coesione del contesto professionale, favorendo l’adozione collettiva di pratiche virtuose in cui tutti possano essere coinvolti, nella fase propositiva oltre che in quella pratica, e in cui sia possibile allacciare relazioni di fiducia e cooperazione, senza escludere soggetti attualmente svantaggiati nell’integrazione nel mondo del lavoro (come avviene per lo spazio Anagramma, progetto legato al centro di formazione Cometa che coinvolge ragazze e ragazzi con disabilità, e che si occupa, come anche la cooperativa Garabombo, del catering del Now festival). Tali pratiche non si esauriscono entro l’operato e il personale dell’impresa e nei rapporti di questa con la sua clientela, ma possono anzi tradursi in nuovi sodalizi (perfino – in senso lato – tra imprese concorrenti) in cui ciascun attore possa mettere a disposizione le proprie competenze. [Alida Franchi, ecoinformazioni]

Guarda on line sul canale di ecoinformazioni i video di Alida Franchi dell’iniziativa

Il secondo appuntamento con il Now festival, Liberi di muoversi, è previsto per giovedì 17 maggio alle 18 alla sede di Confcooperative in via M. anzi, 8 a Como.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: