La natura dei parchi naturali

Parchi naturali leu

Solo una dozzina di persone hanno assistito, la sera di giovedì 5 luglio al circolo Willy Brandt di Como, all’incontro La natura dei parchi naturali, organizzato da Sinistra italiana, Possibile, Articolo 1 – Mdp e Socialisti in movimento – che hanno dato vita aLiberi e uguali. Introdotta da Eugenio Secchi (Si – Leu Como), l’iniziativa ha coinvolto come relatori Walter Girardi, consulente ambientale e guida naturalistica del Parco del Ticino, Tiziano Grassi, presidente del comitato del Parco della Brughiera compreso tra le province di Milano, Monza-Brianza e Como, e Pietro Mezzi (Leu), consigliere della città metropolitana di Milano.
L’incontro si è distinto per un alto contenuto informativo, arricchito da numerosi interventi tra gli uditori e le uditrici, che ha fatto il punto sulla attuale situazione delle aree verdi tutelate sul territorio lombardo, a livello normativo (secondo la legge regionale 28/2016 sulla riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio ) e concreto.
Tra questi due aspetti è stato più volte rimarcato un importante divario tra l’emanazione di leggi volte a tutelare la rete ecologica regionale, nei suoi elementi compositivi e connettivi, e l’attuazione pratica delle stesse, rallentata da una scarsa disponibilità degli enti amministrativi (locali o regionali) ad affrontare coerentemente e tempestivamente la questione del consumo del suolo, che rimane ampiamente sottovalutata, dal pubblico come dal privato, nonostante fosse già stata sollevata nei primi anni di vita della Repubblica italiana e nonostante l’art.9 della Costituzione disponga per la tutela del paesaggio.
«Il suolo – riassume Girardi – è la ricetta perfetta, la base solida su cui poggia ogni attività dell’uomo e delle specie animali. Il processo di urbanizzazione preclude in modo praticamente definitivo le funzioni primarie del suolo: nutrimento, reperibilità e trasformazione di materie prime, sviluppo della civiltà; costringendoci a importare quantità di risorse sempre maggiori da aree sempre più circoscritte e ad affrontare disagi ambientali – frane, alluvioni, cambiamenti climatici – che dipendono dall’intervento umano sul paesaggio».

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Quest’ultimo fattore, prosegue Girardi, non è di per sé deleterio e può anche sortire effetti positivi, se pensato e realizzato in modo virtuoso: nell’area del parco del Ticino, riferisce il relatore, la biodiversità è andata aumentando dal 2001 grazie a un efficace intervento di tutela paesaggistica. Un’altra esperienza positiva, benché travagliata, è riportata da Grassi, il cui comitato si è battuto (volontariamente) per decenni per creare un continuum tra le aree naturali comprese tra Varese e la Brianza e tra Como e la pianura a nord di Milano. La battaglia si è “conclusa” – per così dire – con l’istituzione, nel dicembre 2017 (all’ultimo consiglio regionale presieduto da Roberto Maroni come presidente della Regione), del parco regionale Groane – Brughiera: un’area di 11 300 ettari che coinvolge 40 comuni tra le province di Como e Monza-Brianza e la città metropolitana di Milano [succeduta alla ex provincia di Milano tra il 2014 e il 2015] e cinque siti di interesse comunitario (Sic).

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Il nome del parco rimanda ai suoi due “nuclei” di partenza, che mostrano una situazioni geomorfologiche essenzialmente analoghe, dunque compatibili: il Parco della brughiera briantea (risalente al 1984) che “circonda” Cantù e il parco delle Groane, la cui estensione segue l’asse nord-sud da Lentate sul Seveso a Bollate, nelle periferie milanesi. Tuttavia, questo “epilogo” (che non è tale) resta segnato da importanti lacune, come la mancata adesione di comuni tutt’altro che minori (tra cui quelli di Como, Capiago Intimiano, Montorfano, Orsenigo, Alzate Brianza, Brenna, Casnate con Bernate, Grandate, Senna Comasco, Tavernerio e Lipomo, molti dei quali comprendono importanti aree naturalistiche nel proprio territorio), mentre altre amministrazioni hanno costituito o ampliato progetti paesaggistici geograficamente contigui, ma amministrativamente a sé stanti, come il parco della valle del Lambro nella Brianza comasca; in altri casi ancora, forse per questioni di mero interesse politico, non si è saputo o voluto accorpare tra loro parchi adiacenti: a oggi, paradossalmente, il parco del Lura resta realtà separata rispetto al parco delle sorgenti dello stesso corso d’acqua, rammenta Celeste Grossi, Sinistra italiana – Leu.
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Per definizione, le esperienze sovracomunali di tutela ambientale prevedono un lavoro di rete tra amministrazioni locali oltre che un coinvolgimento delle istituzioni regionali. , In teoria, la Lombardia è, insieme alla Toscana, una delle regioni italiane “capofila” nella regolamentazione del consumo di suolo [per la quale manca un provvedimento nazionale, diversamente che per l’aria, per l’acqua o per lo smaltimento di rifiuti], ma a livello normativo più che pragmatico, poiché i soggetti ambientalisti lombardi (singoli, associazioni, enti, reti) hanno dovuto misurarsi con una certa resistenza da parte di autorità poco propense a collocare la salvaguardia ambientale in cima all’agenda politica, a livello regionale come su base locale. Questo nonostante siano stati raggiunti alcuni non trascurabili risultati: Celeste Grossi, già consigliera di maggioranza dell’amministrazione Lucini con Sel, rammenta che il consumo di suolo sul territorio di Como, centro abitato fortunatamente ricco di verde, si è praticamente azzerato, e che nella primavera 2017, con la giunta di centrosinistra in uscita, è stato istituito un Plis [parco locale di interesse sovracomunale] nella valle del torrente Cosia; meno fortuna ha avuto, ad oggi, la proposta di istituire un altro Plis nella zona di Cardina, nei dintorni di Monte Olimpino (per non parlare del dibattito in corso sull’area verde di viale Varese, che rischia di essere sostituita da un parcheggio).

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Nel capoluogo, ricordano Pietro Mezzi e Paolo Sinigaglia (segretario di Possibile a Como, ma anche dirigente di Italia nostra), sono stati attivati progetti come il raccordo tra il Parco nord e il parco agricolo sud o l’esperienza di Boscoincittà. Altre esperienze locali sono però molto meno fortunate, se si pensa al caso lecchese, avanzato da Tino Magni, candidato Leu al Senato alle elezioni dello scorso marzo: anche dopo la dismissione delle industrie, a Lecco sono stati costruiti diversi capannoni inabitati e inabitabili, con un irreversibile danno per l’ambiente, mentre le disposizioni del Pirellone per la costruzione di infrastrutture come l’autostrada Pedemontana (tra le altre) si sono mostrate irrispettose nei confronti dei provvedimenti della regione stessa a tutela della Rete ecologica regionale, risalenti al 2009. Nel periodo 1990-2010, incalza Girardi, in Lombardia – la regione più urbanizzata d’Italia, e la più popolosa – sono stati cementificati 5,4 milioni di ettari, su una superficie originaria di 15 milioni, a un ritmo – secondo i dati Ispra – di 8 metri quadrati al secondo [ogni cinque mesi, va dunque  “persa” un’area equivalente grosso modo a quella della città di Napoli]. In Lombardia, sottolinea inoltre Sinigaglia, il piano paesaggistico resta privo di elementi prescrittivi che favoriscano un’attivazione verso l’azzeramento del consumo di suolo entro il 2050 come disposto dall’Unione europea nel 2011 con la Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse.

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Intanto, la geografia ambientale e antropica continua inesorabile a cambiare volto. Mezzi, realisticamente, chiosa: «Azzerare, o minimizzare, il consumo di suolo non significa che non verrà costruito più niente, ma che a una logica estensiva dell’insediamento urbano deve sostituirsene una di riqualificazione e valorizzazione di spazi già esistenti, in nome di una sostenibilità che sia reale e non soltanto conclamata». Le governance di destra e centrodestra che hanno prevalso in Lombardia negli ultimi 25 anni si sono mostrate poco ricettive rispetto alla tutela ambientale in regione, e i risultati ottenuti, anche significativi, sono stati mossi perlopiù “dal basso” e attraverso un lavoro di rete tra attiviste/i e comuni ben intenzionati, nonostante si debba puntare a risultati ancora migliori. Il Movimento 5 stelle, che aveva fatto dell’ambientalismo una priorità nei primi anni di campagna, si trova oggi al banco di prova per dimostrare il suo reale impegno in questo senso.
E la sinistra? Tradizionalmente sensibile alla protezione dell’ambiente, si trova ora relegata in posizione marginale nello spettro politico regionale e nazionale, e dovrà restituire centralità a questo come ad altri temi che ne caratterizzano l’ideologia e l’operato, adottando un approccio alla natura segnato, parafrasando Alex Langer, da “lentezza, profondità e dolcezza”, senza però perdere di vista l’urgenza della questione, che coinvolge tutte e tutti, a prescindere dal colore politico, e in maniera più radicale di quanto ancora, per ignoranza, pigrizia o malafede, si tenda a pensare. [Alida Franchi, ecoinformazioni – foto di Alida Franchi e Gianpaolo Rosso, ecoinformazioni]

Già on line sul canale di ecoinformazioni i video dell’incontro

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