Periferie/ Video/ Come stai, Lario? Non bene, troppi alti e bassi

Filippo Camerlenghi, laureato in geologia e guida ambientale, si occupa da anni dello stato di salute del lago di Como, con l’Associazione ProteusLab che ha sede presso la darsena di Villa Geno. Giovedì 5 dicembre ha tenuto una conferenza all’Università popolare Auser sul tema “L’incidenza dei cambiamenti climatici sullo stato delle acque del lago di Como”. L’incontro si è svolto come anteprima del percorso formativo sulla sostenibilità che Auser Unipop organizzerà da febbraio ad aprile, nell’ambito del progetto Como Futuribile.

In premessa, Camerlenghi ha richiamato il progetto Resilario, che ProteusLab ha portato avanti per il 2018 e 2019, con decine di conferenze nelle scuole e nel territorio  e con interventi rivolti alla cittadinanza per sensibilizzare il pubblico circa lo stato del lago. Questo percorso è frutto di un impegno delle Camere di Commercio di Como e Lecco e si colloca all’interno del  “Patto per il lago” firmato il 18 giugno 2018 a Villa Erba di Cernobbio, tra le Istituzioni comasche e lecchesi ed alcuni soggetti privati (dagli imprenditori alle Associazioni, tra le quali Legambiente). Il patto nasceva dalla constatazione di essere ad un punto di non ritorno: il lago è malato, non è ancora in pericolo di vita però è in grande difficoltà. Servirebbe una soluzione  politica, che al momento non si intravvede, in grado di far prevalere l’interesse generale componendo i corposi interessi contrapposti che stanno dietro al problema della regolazione del livello delle acque. In fiduciosa attesa, è comunque fondamentale far conoscere le problematiche all’opinione pubblica, affinchè si sviluppi consapevolezza non solo tra gli “addetti ai lavori”.

Il territorio è un insieme di fattori naturali ed antropici che si influenzano vicendevolmente, e ciò vale su scala globale come su scala locale. Il cambiamento climatico, problema globale, assume quindi caratteristiche diverse nei singole arre geografiche. In quella insubrica sono abbastanza evidenti l’aumento delle temperature e – soprattutto – la distribuzione nel tempo delle precipitazioni atmosferiche. In questo caso non si tratta di un aumento della quantità di acqua che arriva al suolo, che su base annua è sostanzialmente la stessa, ma di frequenza dei fenomeni, che risultano molto concentrati in periodi ristretti. Ne abbiamo appena avuto prova in novembre, e le previsioni per i prossimi 3/4 mesi sono invece orientate alla siccità. In sostanza, il nostro territorio non è preparato ad una simile discontinuità, il lago ne soffre in modo particolare, e l’infrastruttura ministeriale che governa la regolazione delle acque non lo aiuta. 

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Si potrebbe dire che il compito statutario dell’ente regolatore non sempre coincide con gli interessi di chi vive sul lago, che sono decisamente più deboli rispetto ad altri interessi, posti più a sud e più a nord: l’agricoltura e le centrali idroelettriche.

Ci sono poi altri problemi da non trascurare, a cominciare dal consumo dall’erosione del suolo, con le acque di fiumi e torrenti che conferiscono quotidianamente un’enorme quantità di detriti sabbiosi che si depositano sul fondale del lago, con conseguente diminuzione della capienza complessiva del bacino.

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Da questo insieme di concause derivano i  fenomeni che caratterizzano il malessere del lago: escursione dei livelli,  scoscendimento ed erosione delle sponde, impoverimento della fauna ittica con crisi della pesca professionale (70 aziende) e del suo indotto, difficoltà per la navigazione, per i porti, le darsene e i lungolago.

Non bastasse, gli stessi impianti idroelettrici, tanto presenti in Valtellina, soffrono per le variazioni pluviometriche

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Quando il discorso arriva sulla Valtellina, non può che tornare alla mente il disastro delle paratie antiesondazione di Como, tema sul quale il relatore ha preferito non addentrarsi in valutazioni politiche o di tecnica ingegneristica, ma ha ribadito il forte legame con il tema della regolazione e degli accordi sulla diga di Olginate. [M.P.]

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