
Sindaci/che e sindacati
Se l’incontro del “terzo settore” con i candidati sindaci era riuscito ad attirare un folto pubblico, quello dei sindacati confederali, coordinato da Michele Sada (La provincia) andato in scena il 17 maggio in biblioteca, non ha fatto altrettanto, penalizzato anche da un orario poco facilitante. C’erano gli addetti ai lavori, e a ben guardare nemmeno tutti. Non è un buon segno. E’ la certificazione di una società frammentata, nella quale il cittadino si auto-rappresenta in molti modi, ma sempre meno si rappresenta come “lavoratore”, forse anche perché non c’è un’offerta politica che metta davvero al centro delle proprie strategie – locali e nazionali – il lavoro.
Chi c’era ha fatto comunque il suo dovere, a cominciare dai tre segretari, Umberto Colombo (Cgil) che ha
posto il tema della contrattazione sociale, Salvatore Monteduro (Uil) che ha rilanciato la questione delle
periferie – sociali e fisiche – e Marco Contessa (Cisl) che ha introdotto nel dibattito il grande tema della pace, mentre il moderatore Michele Sada ha stimolato i candidati sui temi caldi dell’amministrazione locale: le aree dismesse, l’occupazione, la mobilità, i servizi pubblici.
Utile il resoconto di Fabio Fimiani di Radio Popolare.
Aggiungiamo qualche spunto. Solito schema: due minuti o poco più per rispondere, quindi solito refrain: dosi da cavallo di genericità, qualche immancabile puntura di spillo, poche soluzioni concrete.
Assenti Graziani e Matrale, i sei candidati presenti hanno riproposto i loro approcci ormai noti, con poca
attenzione alla specificità dell’interlocutore sindacale, probabilmente vissuto come uno dei tanti che si
incontrano nel corso di una campagna elettorale. Anche questo non è buon segno. Il sindacato confederale non è una delle mille corporazioni che costellano il paese. E’ portatore di un interesse generale, quello dei lavoratori, all’interno di una repubblica “fondata sul lavoro”. Chi si propone come Sindaco dovrebbe tenerne conto.
Bartolich, che conosce il mondo sindacale come le su tasche, avrebbe potuto (dovuto?) sfruttare meglio
questa rendita di posizione. L’ha fatto in una sola occasione, ricordando che il rapporto col sindacato non è e non può essere quello di semplice “ascolto” ma rimane un rapporto di contrattazione. Ben detto, chissà se Mastella condivide.
Minghetti, meno interna a quel mondo ma comunque molto aperta al concetto di partecipazione, ha
riproposto la strada del dialogo, dei “patti”. Ben detto anche qui, sperando che Renzi e Calenda apprezzino.
Anche Aleotti avrebbe potuto portare il dibattito sul suo terreno (il no alla terza linea di incenerimento non è forse un tema che investe il lavoro in stretta relazione con l’ambiente e la salute?) ma non ne ha fatto alcun cenno.
Adduci sembrava arrivato per caso, ma con un grandioso colpo di teatro (in famiglia se ne intendono) ha introdotto veri elementi di lotta di classe, citando prima Pasolini e poi il libretto rosso di Mao. Ha aggiunto però di non apprezzare i sindacati. Insoliti sobbalzi provengono dalle tombe dei suoi dichiarati
numi tutelari.
Sulla destra, Rapinese e Molteni hanno riproposto se stessi: mille parcheggi per il primo, sicurezza serale nei parchi per il secondo.
Poco altro degno di nota, nelle due ore di battito, salvo un po’ di baruffa sulla patata bollente degli asili nido. Pubblici? Privati? Di famiglia? Alla bolognese? Chi vivrà, vedrà…
Chissà se i candidati avevano trovato il tempo, in mattinata, di sfogliare il quotidiano locale La provincia che ospitava un intervento di Luca Michelini, docente all’Università di Pisa, molto lucido nell’indicare due punti critici veri, oggettivi, che vale la pena di citare: “l’ottimismo sulla filiera del turismo e della cultura è forse eccessivo” ; “i tre perni della nostra economia, cioè il primo, il secondo e il terzo settore, denunciano tutti condizioni di lavoro spesso precarie e comunque indegne …..”. La campagna elettorale è lunga, il tempo per sentire qualche considerazione su questo ci sarebbe ancora. [Massimo Patrignani, ecoinformazioni]