FILE PHOTO: Former Soviet president Mikhail Gorbachev smiles during a news conference marking the 20th anniversary of Perestroika at the US Chamber of Commerce in Washington October 21, 2005. REUTERS/Jim Young


«Si è spento a 91 anni, dopo una lunga malattia, l’ex presidente dell’Unione sovietica
Mikhail Gorbaciov. Il “Doomsday clock” ( https://thebulletin.org/doomsday-clock/ ) consiste in un grafico calcolato da un centinaio di scienziati (tra cui 11 premi Nobel) in cui il pericolo della fine dell’umanità viene quantificato tramite la metafora di un orologio simbolico la cui mezzanotte simboleggia la fine del mondo, mentre i minuti precedenti rappresentano la distanza ipotetica da tale evento. Originariamente, la mezzanotte rappresentava unicamente la guerra atomica, mentre dal 2007 si considera qualsiasi evento che può infliggere danni irrevocabili all’umanità (come, ad esempio, i cambiamenti climatici)
.

Oggi ci troviamo a soli 100 secondi dalla mezzanotte, ma finché Gorbaciov rimase
presidente dell’URSS, le lancette stazionavano sempre oltre le 12 ore, fino a
raggiungere le 17 ore al tempo dell’accordo Gorbaciov-Reagan sulla moratoria
delle armi nucleari. Dalla scomparsa dalla scena politica di questo grande statista gli
sforzi di pace si sono ridotti e la stessa fine della guerra fredda non ha arrestato la
corsa a precipizio delle sfere dell’orologio.
Ho avuto l’avventura di avvicinarlo il giorno dei funerali di Berlinguer e di
presenziare ad un suo intervento sull’ambiente al tempo in cui si riuniva il tribunale
Russell ( https://it.wikipedia.org/wiki/Tribunale_Russell ). Ricordo una sua frase
straordinaria (era il 1987): “Stiamo passando dalla geopolitica alla biosfera e il futuro
non sarà più nella guerra, ma nella tutela dell’ambiente”.
Tutti conoscono la sua estromissione ad opera di Eltsin e la vicenda storica della
dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ma l’avvicendarsi frenetico degli eventi non può
cancellare una profonda ingiustizia nei suoi confronti: l’Occidente non ha colto la
straordinaria novità di un pensiero che vedeva la globalizzazione non come una
feroce competizione, ma come una cooperazione tra popoli che sentono impellente la
necessità di sviluppo delle idee di uguaglianza. Una tensione capace anche di
superare rigidità ideologiche per costruire il senso di un “limite” che va posto alla
distruttività di uno sviluppo frutto della rapacità verso la natura, lo sfruttamento del
lavoro, l’intreccio tra tecnica e finanza agenti da dominatori sulla politica.
Con le parole chiave “glasnost” (trasparenza) e “perestrojka” (riorganizzazione) il
processo di riforma avviato nel 1985 dall’allora segretario generale del PCUS
Gorbaciov pose fine ad una lunga stagnazione economica e politica, introducendo
processi che avvicinarono la fine del conflitto Est-Ovest e portarono alla caduta della

“cortina di ferro” e, quindi, alla fine della “Guerra Fredda” senza alcun spargimento
di sangue.
Gli stessi popoli, le regioni e le repubbliche dello Stato multietnico dell’Unione
Sovietica hanno utilizzato l’avvio di un processo che oggi possiamo considerare
rivoluzionario, nelle condizioni difficili in cui si apriva. Accanto alle nuove
aspirazioni, l’Unione Sovietica si è disintegrata, ma Gorbaciov non ha mai smesso di
procedere anche sotto diverse funzioni sovranazionali a sostenere un afflato
umanitario e globale, che lo porterà a dirigere l’organismo internazionale per il diritto
all’acqua e a presiedere comitati per la pace in più continenti.
Occorre riconoscere che le democrazie liberali, diventate liberiste, videro l’occasione
per liquidare quella che ancora molti nel mondo – nonostante tutto – vedevano come
un’alternativa di progresso, per decretare la “fine della storia” con la vittoria
dell’Occidente. Un’illusione, come forse sapeva Gorbaciov e come dimostra il
mondo che abbiamo ereditato dal crollo dell’Urss e del muro di Berlino, dove la
democrazia sociale che doveva sostituire il comunismo sovietico si è trasformata in
democrature, in regimi conservatori e illiberali, e dove le alternative sono troppo
spesso improntate alla violenza e all’uso di armi sempre più micidiali.
Nella vita di Gorbaciov l’atomo e il nucleare civile furono tra le cause
dell’insuccesso di quella che alcuni pretendevano diventasse una “seconda
rivoluzione russa”. Nel mio ricordo c’è quel diciannovenne a bordo di un Cessna, con
una bandierina tedesca sul timone, che atterrò nel 1987 sulla Piazza Rossa, a un passo
dal Cremlino, beffando l’aviazione sovietica. Il ragazzo mandava un segnale beffardo
e drammatico: entravamo in un’era in cui il controllo sociale non era più efficace di
fronte a manufatti di tale potenza da rompere irreversibilmente la convivenza tra
umani e l’armonia con la natura. La tragedia nucleare di Chernobyl dimostrò tutta
l’indecisione di Gorbaciov e quanto la sua Perestroika non fosse riuscita a scalfire la
parete oscura che legava e lega il nucleare civile a quello militare. E di quanto
l’apparato di segretezza che lo circondava (passato armi e bagagli prima a Eltsin e poi
a Putin) fosse ormai incistato nel Paese che si stava disfacendo, condizionandone il
passato, il presente e il futuro.
Il disastro nucleare spinse l’ormai ex presidente di un Paese che non c’era più a
fondare l’ONG ambientalista Green Cross International: in quella veste lo ascoltai
alla Camera del Lavoro di Milano, accompagnato dalla amatissima moglie, mentre
argomentava sulle minacce interconnesse che l’umanità e la nostra Terra devono
affrontare a causa di armi nucleari, armi chimiche, di uno sviluppo insostenibile che
comporta la devastazione dell’ecologia del pianeta indotta dall’uomo.

Gorbaciov è morto, ma il mondo che lo ha estromesso, isolato, umiliato è ancora ben
vivo. E non è il mondo pacifico e libero dalle armi nucleari né un mondo più
ecologico e meno inquinato. A Milano, quella sera del 1996, lasciò la platea con la
frase che suo padre gli aveva detto al suo ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale:
“Abbiamo combattuto fino a quando non abbiamo finito la lotta ed è così che devi
vivere.” Ci ha provato, ma fino ad ora la lotta non accenna a placarsi». [Mario Agosinelli dal suo blog de Il fatto quotidiano]

Grazie Mikhail Gorbaciov

«Il popolo della pace e della Marcia PerugiAssisi ti saluta e ti ringrazia per quello che hai fatto per noi e l’umanità intera. Pubblichiamo il MESSAGGIO che ci hai inviato in occasione della Marcia del 1988.

“Amici! Non è la prima volta che saluto i partecipanti alla Marcia della pace Perugia-Assisi.

I sovietici condividono le vostre aspirazioni e sono solidali con gli scopi umanitari della vostra Marcia che sono la vita e il bene della gente.

Questa volta la vostra Marcia si svolge nell’atmosfera di un avanzamento concreto verso un mondo non nucleare. Non solo è stato firmato il primo trattato sulla eliminazione di una parte delle armi nucleari, ma già sta avvenendo la distruzione fisica di missili tra i più potenti e moderni. Solo pochissimo tempo fa una cosa del genere sarebbe stata ritenuta un’utopia. Ma noi siamo convinti che puntare al trionfo finale della ragione è una politica giusta.

Partendo da questa considerazione noi ci impegneremo anche nel futuro a contribuire alla causa del disarmo con azioni concrete, ci adopereremo per eliminare la logica dello scontro dalla politica mondiale, continueremo ad affermare i principi di un’etica umanitaria negli affari internazionali.

L’obiettivo più immediato consiste nella conclusione del trattato sulla riduzione degli armamenti strategici del 50%, al quale noi colleghiamo la rinuncia alla corsa agli armamenti nello spazio. L’URSS si pronuncia per l’immediata messa al bando e per la distruzione degli armamenti chimici, per una decisa riduzione degli armamenti convenzionali e delle forze armate in Europa, per un cambiamento radicale della situazione generale del nostro continente in direzione dell’affermazione di un clima di buon vicinato e della fiducia reciproca. Vogliamo che il Mediterraneo si trasformi in zona di pace libera dalla presenza di basi militari e di flotte straniere.

Nel nostro tempo i popoli entrano in modo sempre più coraggioso e responsabile direttamente nella politica mondiale, intervengono attivamente nella sfera politica e nei problemi ai quali si legano la loro sicurezza e il benessere generale, le loro speranze per una vita di felicità e di pace. Sempre più spesso questi sforzi vengono coronati da successo. Questo movimento autorevole, di massa, veramente internazionale costituisce un segno incoraggiante della reale possibilità di conseguire un mondo senza guerre e senza armi.

Vi saluto cordialmente! Auguro tanto bene a voi, alle vostre famiglie, ai vostri compagni di lotta per la grande causa che riguarda tutti noi sulla terra” Mikhail Gorbaciov» [da Per l la pace.it]

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