
Riconquistare il contesto, praticare resistenza
Nella serata di giovedì 17 settembre il circolo Arci La Lo.Co. di Osnago ha organizzato una serata all’insegna di musica e dibattito politico, col duo acustico Cattaleo&Bre e la presentazione del libro Produci, consuma, crepa. Manuale di resistenza e cambiamento [2022, Altraeconomia, 128 pgg., 15 euro], con l’autore Angelo Miotto, direttore di Q code mag e già autore tra l’altro di 2001-2021: Genova per chi non c’era.
Una serata pensata per una restituzione di politica, resistenza e critica al territorio brianzolo, attraverso i canti di resistenza e antagonismo proposti dal giovane duo di chitarre e voci Cattaleo&Bre, e con un momento culturale impostato sull’interazione con la ventina di persone presenti (anche per le ridottissime dimensioni della sala).
Tra Addio Lugano bella, le classiche Bella ciao e Fischia il vento e alcuni canti della lotta No tav, l’apertura dell’incontro era chiaramente indirizzata su un taglio critico rispetto alla realtà che stiamo vivendo, e la discussione con l’autore non ha tradito le attese.

Angelo Miotto, che ha dialogato con Ludovico Di Muzio, ex membro di Unione degli studenti, ha impostato la presentazione del libro come sviluppo ideale dei semi teorici piantati raccontando nel suo precedente libro il G8 di Genova. Da quella che è ribattezzata la “Cassandra genovese” sono cresciuti germogli che la realtà attuale mette duramente alla prova. Il discorso si è rapidamente indirizzato verso il doppio binario del contesto presente, costellato di governi autoritari e di estrema destra, alienazione da social e crisi ed insicurezza diffusa, e la necessità di recuperare un’azione di movimento consapevole del contesto storico e guidata non solo dalle esigenze estemporanee ma anche da idee ed ideologie strutturate.

La contemporaneità vede un mondo sempre più disancorato e privo di riferimenti. Ciò che sembra non cambiare è la dinamica repressiva e precarizzante del sistema capitalista, che sottopone alle sue macine chiunque, comprese le persone che si pongono in termini antagonisti rispetto ad esso.
Miotto ha sottolineato come la frattura sia però anche culturale e di tradizione politica se è vero che sempre meno le nuove generazioni di militanti, con cui lui si confronta spesso in occasioni analoghe a quella proposta dal La Lo.Co., mostrano sempre più lacune rispetto alla storia del ‘900, alle sue lotte ed alle conquiste che sistematicamente, governo dopo governo, vengono fatte cadere con manovre parlamentari sempre più reazionarie.
D’altra parte c’è il problema di un’informazione che diventa sempre più pervasiva ma arriva a creare una para-realtà rispetto a quella in cui si realizzano le lotte, riuscendo nel paradosso di impedire l’accesso ai pozzi sconfinati di informazione che internet rende teoricamente accessibili. I social ed i media mainstream sono sempre più componenti di distrazione di massa per generazioni che vogliono opporsi ma troppo spesso si trovano prive di strumenti teorici per farlo.
La politica, dal canto proprio, si fa sempre più televisiva e questo toglie i filtri che invece possedevano figure che, per quanto controverse fossero, apparivano pressoché impeccabili e consce del proprio ruolo. Moro, Pertini, ma persino Craxi ed Andreotti, nonostante le deprecabili azioni che li hanno visti protagonisti, avevano un senso del limite che oggi sembra perduto; Meloni e soprattutto Salvini sono prodotti di questo sdoganamento e la loro credibilità è figlia della disillusione disarticolata di masse (operaie, precarie, poco acculturate) che o non vanno più a votare o scelgono la strada più semplice che viene loro proposta. Che questa via sia quella dell’odio, della discriminazione, della violenza e della perpetrazione delle dinamiche che sono all’origine delle presenti crisi, va da sé.

Proprio su questo punto si è animato il dialogo con il pubblico, che ha tematizzato la riscoperta o la reinvenzione delle ideologie.
Se qualcuno sottolineava che la sinistra ha speso troppo poco a formare un corpo sociale capace di opporsi ai potenti, altri hanno proposto nuove vie alternative per ricostruire un vocabolario politico che assuma in sé e sintetizzi la frammentarietà del contesto mediale contemporaneo. La sintesi, insomma, sembra essere la formazione dal basso di una moltitudine di persone che sono vittime di una “politica corta” e senza più corpi intermedi e sindacali credibili. Che possa avere tra i suoi canali anche i social e l’informazione trasversale-alternativo o che si realizzi solo attraverso il dialogo e l’attività di piazza, è emersa fortemente la necessità di fare massa critica, convergere sui temi quotidiani di sofferenza ed organizzare una resistenza sempre più diffusa e complice. La speranza è poter arrivare ad una proposta anche politica, magari addirittura partitica, di cambiamento di direzione.
In questo senso, anche data la stretta attualità di movimento, dove lo slogan “per questo, per altro, per tutto”, il motto “insorgiamo!” e in generale la pratica di convergenza del Collettivo di fabbrica Gkn sembrano un faro che illumina la tattica da adottare. Secondo Miotto, il rimando ad un modo di fare politica retrò (dove questo termine va inteso positivamente), è innegabile: gli obiettivi ed i problemi, alla radice, sono gli stessi. Ciò che bisogna fare, però, è reinventare i linguaggi delle lotte, rinsaldare le prassi e prendere consapevolezza che, come sottolineato da un attivista di Fridays for future presente nel pubblico, le battaglie di oggi sono battaglie a timer. E il tempo sta finendo. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]