Memoria/ Occhi scuri, racconto per voci coro e orchestra

Spesso gli spettacoli incentrati sulla tematica dei campi di concentramento riescono a emozionarci e a sconvolgerci, ma ci lasciano sgomenti e con la sensazione di essere impotenti di fronte all’enormità e all’orrore di quanto successo.

Occhi scuri, rappresentato nella chiesa di San Martino a Rebbio il 5 febbraio, riesce ad andare oltre. Attraverso la commozione e il coinvolgimento riesce a farci sentire anche la grande forza ed energia della vita che comunque riesce a non soccombere.

Lo spettacolo si basa su testi di Etty Hillesum, giovane intellettuale ebrea olandese che ci ha lasciato delle lettere e uno straordinario diario nel quale descrive il graduale deteriorarsi della situazione che porterà al suo internamento nel campo di smistamento di Westerbork. Etty, lucidissima, descrive una situazione disperata nella quale trova però, la forza di restare, per stare a fianco di tutti gli altri e le altre. Non scapperà, anche se ne avrebbe la possibilità, perché non vuole soccombere a questa logica di distruzione e vuole resistere, continuando ad essere un «cuore pensante». Gli scritti si interrompono nel settembre 1943 quando Etty, dal campo di smistamento verrà, insieme alla famiglia, deportata ad Auschwitz dove morirà pochi mesi dopo.

Cristina Quadrio impersona Etty Hillesum che ci parla attraverso i suoi scritti, ma frammenti di frasi vengono recitate anche dalle musiciste e da Giulia Cavicchioni che si alterna nei diversi ruoli di narratrice, direttrice d’orchestra, coordinatrice dell’intero spettacolo. Ai testi si affianca, con un ruolo centrale, la musica yiddish con le sue caratteristiche di disperazione, ma anche di ironia e vitalità che vengono ben rese dal gruppo Musica Spiccia e dal coro Hope Singers di Darfo diretto da Pietro Mazzoldi. La qualità della musica e dei testi, la cura delle esecuzioni e dell’insieme dello spettacolo, hanno portato a un grande coinvolgimento del numeroso pubblico (la chiesa di Rebbio piena al limite della capienza), ma anche a qualche cosa di più.

La forte sensazione alla fine è stata quella che – se è possibile che un gruppo di persone, in gran parte molto giovani, riesca a stare insieme e a dare vita a uno spettacolo con questa qualità e questa intensità – forse c’è ancora speranza.

Quella speranza che ci può aiutare a trovare il coraggio di non voltarci dall’altra parte oggi, e di riconoscere le tragedie che si stanno consumando ora, per responsabilità del nostro mondo occidentale. Don Giusto Della Valle, che ha concluso la serata, ha ricordato la guerra del Congo, una tra le tante, ma ha anche espresso con forza la necessità di opporsi alle guerre e alle armi e ha invitato a saper dire sì all’Onu, ma no alla Nato. [Mariateresa Lietti, ecoinformazioni – fotografie Fabio Cani, ecoinformazioni]

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