Fridays for future per il trasporto pubblico

“Il trasporto pubblico è ad un binario morto”: questo lo striscione dietro al quale nella mattinata di venerdì 3 marzo circa 1500 student3 hanno attraversato Milano da largo Cairoli a stazione Centrale, per il primo corteo di Fridays for future del 2023.

Una manifestazione partecipata soprattutto da student3, affiancat3 anche da Arci, Sinistra italiana e Rifondazione comunista (tra gli altri), ma che si inserisce nel contesto di progressivo (e inspiegabile) disinteresse della popolazione verso uno dei temi più urgenti dell’agenda politica attuale.

Le rivendicazioni sono quelle di sempre: un’istruzione che formi all’ecologia e non all’aziendalismo ed al produttivismo, la fine degli accordi tra luoghi del sapere ed aziende petrolifere come Eni, un piano abitativo concreto e a basso impatto ambientale anziché volto ad ecomostri gentrificanti come il (o i) nuovo stadio. Soprattutto, appunto, la questione dei trasporti pubblici: Milano, hanno affermato l3 organizzator3, è una città per auto; questo nonostante una rete ferroviaria potenzialmente molto efficiente, ma il cui funzionamento e la cui accessibilità sono impediti dall’egemonia della logica del profitto. Gli spostamenti su vettura privata non sono più una soluzione pensabile, data l’emergenza climatica, e non è più giustificabile premettere l’accumulo di denaro al diritto allo spostamento delle persone. Milano può, e deve, rendere gratuiti i trasporti.

Non è mancato, ed era difficile immaginare il contrario, un intervento dedicato alla memoria ed alla rabbia per la strage di stato di Cutro. Le persone migranti uccise dalla negazione di soccorso decisa da Piantedosi sono quelle stesse contro cui chi ora è al governo ha fatto anni di campagna elettorale; ma nemmeno l’attuale opposizione può definirsi innocente, visto che gran parte dell’attuale legislazione anti-immigrazione nasce proprio dai suoi governi. Con l’avanzare del collasso ecologico, lo spostamento di masse umane in cerca di aree abitabili sarà qualcosa di sempre più normale: non si può staticizzare la storia negando la vita a donne, uomini e bambini costretti ad abbandonare le proprie abitazioni a causa di danni prodotti in gran parte in Occidente. È il sistema energivoro ed insostenibile ad essere il problema, non chi cerca di sopravvivere. Giustizia climatica significa anche comprendere questo.

In questo contesto di crisi, quella attuale è forse l’ultima generazione sotto i trent’anni a poter agire attivamente per fermare una fine del mondo che si fa sempre più concreta all’orizzonte. Serve dialogare con le generazioni precedenti per far prendere loro coscienza dell’insostenibilità del loro paradigma produttivo e del loro modo di vita.
Anche le istituzioni, chiaramente, devono prendersi le proprie responsabilità facendosi motore, non freno, del cambiamento. La scuola ha un ruolo centrale nel formare cittadini e cittadini consapevoli e capaci di affrontare le drammatiche sfide del presente; il sapere non può essere venduto alle aziende fossili, le università devono disertare i tavoli di ricerca con Eni e gli altri colossi petrolchimici, così come nei licei devono essere pensati programmi articolati di educazione ambientale.

Proprio per farsi sentire da chi ha il potere in regione, l3 manifestanti hanno terminato il corteo sotto al Pirellone, tentando di scavalcarne i cancelli per consegnare una lettera contenente le richieste per un trasporto pubblico accessibile a tutt3 ed aprire un dialogo con la giunta Fontana. Immediatamente sono intervenuti polizia e carabinieri in tenuta antisommossa, che hanno fatto scendere dalle cancellate le persone che hanno provato a superarle. C’è stata tensione ma non ci sono stati momenti di violenza fisica (oltre a quella intrinseca delle forze armate), ed il tentativo di sit-in permanente lanciato da Fridays, Rete della conoscenza, Cantiere e Osa si è in breve risolto in un nulla di fatto.

Certo, la politica non ascolta la cittadinanza, ma non si può non notare come la stessa popolazione studentesca sia sempre meno rispondente alle iniziative di piazza. La questione climatica, è ridondante ripeterlo, è di estrema urgenza; eppure non sembra che la modalità di Fridays riscuota più il successo di partecipazione registrato nel pre-covid. Al diminuire del tempo a disposizione, paradossalmente, scende anche il numero di persone in piazza. Senza voler calare soluzioni dall’alto, è necessario approfondire una riflessione sulle cause di questo disinteresse che di questo passo rischia di rivelarsi effettivamente mortale. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]

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