
Il Vortice/ L’importanza di nuove forme di militanza nell’era dell’iperpolitica
Nella terza giornata del festival di Iconografie Il Vortice, il secondo incontro con Anton Jäger, Maria Edgarda Marcucci e Lucia Pradella, moderati dal giornalista Leonardi Bianchi, ha riflettuto sul concetto di Iperpolitica. Una proposta di concettualizzazione di quel fenomeno che vede moltissime persone esprimere le proprie opinioni politiche, anche attraverso i social network, senza però che ciò si traduca in una reale mobilitazione strutturata in rivendicazioni politiche comuni.
Nell’era dell’iperpolitica si assiste a una transizione significativa rispetto alle politiche di massa, con il cambiamento nella partecipazione e nell’interesse verso la politica stessa. Questo fenomeno è connesso all’evoluzione delle dinamiche sociopolitiche, compresa la deistituzionalizzazione della mobilitazione contemporanea concomitante alla politicizzazione della vita privata in una mobilitazione permanente. La flessione della politica tradizionale ha portato a una fase post-politica prima, caratterizzata da una crisi dei sindacati, delle proteste e della partecipazione, a quella dell’antipolitica e infine al suo riflesso ovvero l’iperpolitica. Questa la lettura di Anton Jäger, ricercatore all’Università Cattolica di Leuven, su cui si è strutturato il secondo incontro del terzo giorno del festival di Iconografie.
Il 2008 ha segnato l’inizio di un decennio di austerità e populismo, trasformatosi poi in forme di antipolitica estremamente polarizzata. Un esempio su tutti è rappresentato dalla nascita Movimento 5 Stelle in Italia, che ha prosperato in un contesto di disillusione e di disorganizzazione. Così l’iperpolitica è quel fenomeno in cui a una politicizzazione non corrisponde una vera socializzazione, dove la domanda politica rimane frustrata. I movimenti sociali non concretizzano, secondo Jäger, in iniziative politiche, e i loro partecipanti non condividono più un’identità politica comune e un orizzonte definito insieme.
A questa diagnosi, che ha citato l’inconsistenza di Black Lives Matter (BLM) e dei rivoltosi dell’assalto di Capitol Hill, Lucia Pradella, ricercatrice del King’s College in collegamento da Londra, ha risposto in modo critico citando proprio BLM e il suo tentativo concreto di sviluppare un’azione politica, anche se poi confluita nella politica istituzionale del Partito Democratico americano (che pure ha dovuto tenere conto delle istanze della mobilitazione). Pradella ha ricordato anche casi recenti di mobilitazione dei lavoratori che, contrariamente alla visione di Jäger, sta avvenendo all’interno di sindacati che portano oggi maggiormente la questione di classe, dell’antimilitarismo, del cambiamento climatico e della corretta gestione della spesa pubblica sul piano del conflitto. Basti pensare anche al recente caso dei sindacati statunitensi della United Auto Workes a Detroit, in sciopero per la richiesta di lavorare meno e con paghe migliori. Da questo tipo di possibilità reali serve ripartire, sottolinea Pradella, in quanto rappresentano un segnale di cambiamento rispetto a un contesto di apparente pace sociale.
Nel suo intervento la scrittrice Maria Edgarda Marcucci ha messo l’accento sul fatto che il punto di partenza oggi non possono più essere solo i partiti. Ma anche sulla differenza tra la dimensione individuale dell’attivismo (fenomeno dell’iperpolitica) e quella della militanza, che presuppone una forma di amicizia politica basata sulla reciprocità e la collettività. Marcucci ha sottolineato come la situazione attuale non sia legata però solo a un disinteresse o a una disillusione, che si trasformano sporadicamente in attivismo o antipolitica, ma anche dalla repressione scientemente organizzata dall’alto verso il basso. Negli ultimi anni ma soprattutto a partire dalla forza usata contro il movimento cosiddetto no global. Un’era di iperpolitica forse, conseguenza però di una repressione che ha fatto terra bruciata di chi ha provato a organizzarsi per cambiare le cose.
In definitiva l’iperpolitica, ha ripreso Jäger, può essere considerata una situazione di breve termine e non l’unico fattore. Ma uno dei poli gravitazionali che vede numerosi attivisti e attiviste molto presenti online spesso mancare di una forma organizzativa e di una vera militanza. Quello che è emerso come cura a questa diagnosi è che per affrontare e superare una condizione di iperpolitica servono capacità organizzative effettive e una spinta rivoluzionaria e internazionalista. Solo una prospettiva sistemica può portare a un cambiamento sociale significativo, aprendo la strada a una nuova era di partecipazione.
A patto, però, che anche la sinistra socialdemocratica si interroghi sulla compatibilità della propria linea politica con la crisi del neoliberismo, come ha sostenuto Pradella in chiusura. Per superare questo elemento del vortice è necessaria un’unione di movimenti di donne, lavoratori e minoranze. Come farlo in modo efficace però resta la grande domanda a cui serve urgentemente dare risposta. [Daniele Molteni, ecooinformazioni]
[Foto di copertina da Undermedia. Iconografie]