Scuola: Quali conoscenze, quali diritti

Alla Cascina Massée di Albate al dibattito Scuola: Quali conoscenze, quali diritti. La legge Gelmini indica una prospettiva per la scuola. Orientata al futuro o al passato? Giuseppe Granata e Maurizio Coda hanno messo in luce l’attacco alla qualità della scuola dei provvedimenti del governo Berlusconi.

Una trentina di persone, per lo più lavoratori della scuola, hanno partecipato venerdì 10 ottobre al dibattito organizzato dal Circolo culturale Libero Fumagalli per riflettere sull’attacco in corso alla scuola e alla cultura italiana. Toni addolorati già nell’introduzione del presidente del sodalizio Graziano Dizioli che ha messo in luce come le “innovazioni” imposte dalla Gelmini siano orientate al passato, al tentativo astorico di ripristinare tempi tutt’altro che gloriosi di una scuola che classista ormai non esiste più. Nell’introduzione Dizioli, ribattendo alle tante memorie di personalità che avendo fatto le scuole elementari in epoca di maestro unico acclamano il ritorno al passato della scuola berlusconiana, ha ricordato come anche la sua esperienza personale sia stata quella di un maestro unico, ma autoritario che costringeva frequentemente gli allievi a stare in piedi con le mani in testa per punizione. Forse una pluralità di docenti avrebbe potuto limitare i danni di un maestro inadeguato.
La parola è poi passata a Giuseppe Granata, segretario segretario della  Flc (Federazione Lavoratori della Conoscenza) della Cgil di Como che ha messo in luce le motivazioni per lo più di cassa dei tagli approvati senza discussione dal Parlamento. Secondo quando deciso dal governo nei prossimi tre anni la scuola dovrà risparmiare 8 miliardi di euro. Per raggiungere questo obiettivo verranno licenziati in tronco 130.000 dipendenti (senza cassa integrazione, non prevista nel settore pubblico) e per questo motivo il sistema scolastico italiano dovrà “riassorbire” 800.000 alunni che rimarranno senza insegnanti.
Il ministro Gelmini ha quindi deciso di aumentare il numero di alunni per classe, diminuire il numero di ore di lezione e chiudere le scuole più piccole: gli alunni saranno concentrati in grandi scuole, in cui staranno stretti e per poco tempo al giorno.
Tutto questo abbasserà la qualità dell’insegnamento, forzerà i tempi di apprendimento e aumenterà in generale il disagio degli alunni. In poche parole la scuola sarà solo più selettiva e non più efficiente così come vuol far credere la ministro.
Nei vari ordini di scuola il quadro è drammatico: per la scuola elementare saranno previste 24 ore settimanali e il maestro unico. La scuola sarà solo quella del mattino, nel pomeriggio i bambini saranno semplicemente sorvegliati, tornerà il doposcuola e il Tempo pieno sparirà. Nella scuola media accadrà esattamente la stessa cosa. Il prossimo anno scolastico la riforma Moratti andrà a regime, le ore settimanali saranno 29 e assisteremo così alla scomparsa del Tempo prolungato e anche per le superiori le ore di lezione settimanali saranno ridotte con effetti devastanti soprattutto negli istituti tecnici e la scomparsa di alcune materie.
L’intervento del maestro Maurizio Coda ha approfondito le ragioni pedagogiche che portano i professionisti del settore a rifiutare l’intera gamma delle novità partorite dal duo Tremonti-Gelmini.
Il relatore ha ricordato l’importanza della pedagogia di Howard Gardner, anticipata in Italia nella scuola elementare fin dagli anni ‘90, che riconosce  la complessità irriducibile del bambino è afferma la  necessita di una formazione che tenga conto delle intelligenze multiple di ciascuno. Come può farlo un insegnante solo tuttologo? Come è possibile rinunciare alla collegialità fondamento principale della qualità dell’istruzione? Come è possibile rinunciare ai momenti di progettazione e programmazione delle attività?Come è possibile attaccare proprio il settore scolastico universalmente ritenuto migliore?
Domande che sembrano non angosciare né il ministro ne la sottosegretaria Valentina Aprea che invece già pensa a creare nuovi disastri trasformando i,l Consigli di istituto in Consigli di amministrazioni e le scuole pubbliche in fondazioni. La traccia segnata dalle iniziative berlusconiane è infatti quella della distruzione del diritto all’istruzione, della mercificazione dei saperi. E ciò paradossalmente proprio mentre il mercato soccombe a se stesso e chiede soccorso (prontamente offerto) alle casse pubbliche per continuare a far danno.
Nel dibattito, singolarmente molto orientato alla discussione relativa alla politica del Pd nella scuola, sono state ribadite le considerazioni fatte dai relatori, ma non sono mancate voci autocritiche che hanno affermato che doveva centrosinistra avrebbe dovuto occuparsi della carriera degli insegnanti, avrebbe dovuto abrogare e rinnovare i Decreti delegati e “aggiornare” prima che lo facessero le destre. E in conclusione una domanda inquietante: è vero che gli insegnati di religione cattolica guadagnano a parità di condizioni più dei loro colleghi di altre materie? La risposta data da Granata è stata:«Sì ed il loro numero entra nei calcoli sull’insieme dei docenti che lavorano con ogni singolo alunno. Così e grazie anche al grande numero di docenti di sostegno che svolgono il loro indispensabile ruolo per favorire i diritti degli allievi con maggiori difficoltà le statistiche danno valori inconfrontabili con quelli relativi ad altre scuole europee».

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