Contro omofobia e razzismo

toudaiIn un’appassionata lettera indirizzata a tutta la società lariana, Marco Caporali, con tutta la forza di chi ha subito su se stesso le discriminazioni che colpiscono ogni diversità, denuncia quanto accaduto il 13 ottobre in Parlamento con lo stop alle norme contro l’omofobia e invita alla mobilitazione a partire dalla manifestazione antirazzista del 17 ottobre. C’è un muro da abbattere.

Il testo integrale della lettera.

«Quanto accaduto ieri nelle aule parlamentari italiane è senza precedenti; la volontà di tutti al diritto all’autodeterminazione di sé, indipendentemente la provenienza, l’appartenenza ad un partito, il sesso; più in generale, differenze di scelte personali che risiedono unicamente nella differenza che caratterizza l’unicità di ciascuno. Quando parlo di unicità non parlo solo di scelta sessuale ma anche di condizione umana, di appartenenza etnica, di scelta religiosa, e di tutto quel che concerne l’intimo mondo che ci distingue come diversi l’uno dall’altro ma, tutti ugualmente uniti ed appartenenti alla stessa specie, con gli stessi diritti, pari opportunità.
Hanno parlato di legge salva gay, sull’onda di aggressioni frequenti dell’ultimo periodo, tralasciando, ad esempio quanto vissuto dalle donne, oltre che dai gay o dai fenomeni di bullismo negli ambienti scolastici o militari.
Io Marco Caporali in passato ho già scritto con frequenza ai giornali e partecipato a diverse trasmissioni televisive per ribadire quello che vivevo e vivo in prima persona perché omosessuale, perché sieropositivo, perché invalido al cento per cento; le mie istanze di allora risiedevano nel vissuto personale ma non si fermavano a questo poiché ho sempre pensato che una conquista per le categorie di minoranze a cui appartenevo fossero conquiste che in seguito sarebbero appartenute a tutta la società civile ( diritto alla cura per tutti, diritto al consenso informato, diritto alla privacy, diritto ad una qualità della vita migliore e ad un mondo di relazione ecc.)
Tutti questi fattori fanno di me un soggetto che rappresenta l’esempio della possibile espressione dell’emarginazione sociale, civile, morale, senza dare nessun peso a quanto sia il valore (anche fosse residuo), di cosa possa rappresentare dal punto di vista relazionale, affettivo, nel mio pur limitato mondo di affetti e legami. E’ per questi motivi che fino a quando mi è stato possibile e in minima parte anche oggi ho dedicato gran parte della vita (oltre metà) al volontariato, all’impegno civile, all’implementazione di gruppi di autoaiuto. Un impegno mirato che potesse permettermi di portare avanti delle istanze con altri come me; da soli, non avremmo potuto trovare, né la forza né il riconoscimento sociale. Il mio impegno risiede tuttora nella convinzione che ciascuno di noi gode di un valore aggiunto quantificabile oltre quanto produce, le proprie differenze o i propri limiti, poiché questi possono e diventano nell’insieme altra fonte di comunicazione e di scambio. Per dirla in breve, tutti siamo parzialmente inabili, tutti siamo diversi, non esiste per fortuna l’omologazione secondo un modello nazista di specie.
Siamo sempre stati consapevoli che il nostro percorso fosse una conquista di civiltà che ci poneva in comunicazione con gli altri e poteva restituirci almeno parte di quella dignità tolta da una cattiva quanto disinformata propaganda effettuata nei primi anni del fenomeno Aids.
Oltre che di Aids voglio parlare anche delle enormi difficoltà che in un Paese come l’Italia le persone omosessuali sono costrette ad affrontare quotidianamente. Per un italiano come me, il percorso verso un’ omosessualità vissuta in maniera libera è stata tre volte difficile:
L’accettazione di ciò che ero;
Il percorso di visibilità verso l’esterno;
L’enorme muro che solo in Italia tra i paesi occidentali pone l’omosessuale ancora tra gli emarginati (lo stereotipo dell’omosessuale è: o il fantoccio televisivo da macchietta comica o il vincente per forza che deve essere un grande artista o un grande stilista, tutto quello che è in mezzo viene cancellato).
Stare nel mezzo significa essere una persona comune che vive quotidianamente il rapporto con i colleghi di lavoro e che deve guadagnarsi il rispetto attraverso la dimostrazione del valore di se mille volte amplificato, sia dal punto di vista produttivo che dal punto di vista relazionale. Stare nel mezzo significa vivere il giudizio di quanti con ipocrisia sono pronti a giudicare ma senza conoscerti come persona. Stare nel mezzo significa anteporre le tue scelte e il tuo essere esistenziale al tuo essere relazionale e al tuo valore umano e professionale. Tutto questo mi ha costretto negli anni a crearmi un ambito relazionale protetto, dove non sono giudicato, dove non sono strumentalizzato da politicanti, religioni, ipocrisie varie.
E’ un insulto a tutti credere che la conquista civile e sociale sia privilegio di pochi, perché così non è.
Dico tutto questo perché con la coincidenza di quanto accaduto nelle aule parlamentari, è stato immediato e legittimato l’aggressivo comportamento di bande che sentono in pericolo la propria virilità. A questi soggetti manca l’ intelligenza di comprendere che evidentemente la loro la virilità è già stata tolta. Quello che però farebbe riflettere è che, se davvero, il parlamento è lo specchio della società italiana, corriamo un grave pericolo. Fossero anche pochi, già nella giornata di ieri, giorno in cui è sta bocciata la legge sull’omofobia, bande “difensori dell’ordine costituito e parlamentarmente legittimato” hanno aggredito, picchiato in maniera vile, prostitute, tossicomani, omosessuali, immigrati in varie zone dell’interland milanese.
La paura porta, come al solito, e come in passato a non denunciare direttamente i fatti per timore di ritorsione ulteriori, poiché in quei quartieri la gente vive ed è costretta quotidianamente a rapportarsi con questa gente.
Per quanto mi riguarda sono sempre stato dell’opinione che fosse importante e legittimo il diritto all’autodifesa, oggi, per la condizione in cui vivo, inabile e più debole che in passato, sento di non volermi abbassare allo stesso livello di questa gentaglia. Quando parlo di gentaglia mi riferisco anche ai signori di quel parlamento che non ci rappresentano, o per lo meno che non rappresenta quelli come me.
Sono consapevole che per il sistema economico e a causa della patologia di cui sono portatore, rappresento tuttavia un business, tale per cui vengono portati decine di migliaia di euri nelle tasche di case farmaceutiche, mentre la mia mera sopravvivenza (la pagnotta quotidiana) può anche aspettare! Ebbene, io non ci sto. Se il compromesso alla mia sopravvivenza deve essere legato alla negazione di parte di me stesso, per curare i veri interessi di altri e di un parlamento che non mi rappresenta, di una politica lontana dai miei bisogni, preferisco dar seguito al percorso naturale di normale malato terminale quale sono, senza terapie di supporto e salvavita. Quello che dico è una provocazione e ne sono consapevole, ma abbiate almeno la decenza di comprendere cosa mi costringete a vivere con questo ennesimo sopruso.
In passato ho subito aggressioni fisiche oltre che verbali per il diritto alla mia autodeterminazione, oggi non ho un rapporto di coppia da difendere quindi non devo pensare alla legittimazione di uno status di convivenza, ma esistenziale. Questo è ancora peggio. Peggiore è anche il fatto che chi abbia respinto la proposta di legge sull’omofobia fosse anche una parte del partito democratico. A questo aggiungo l’aggravante che fosse una donna. Nella forma più stalinista e bieca di un retaggio che pensavamo ormai alle spalle, quello che si profila al di fuori della mia realtà soggettiva è una guerra tra bande dove da una parte ci saranno i “cosiddetti estremisti”, con l’unico difetto che devono sopravvivere, non possono cambiare il colore della pelle o diventare ipocriti; dall’altra ci sono ipocriti veri, quelli che hanno perso la propria virilità….ah! dimenticavo i parlamentari con tutto il loro supporto militare, comprese le ronde.
Scusatemi per l’arrabbiatura e l’ironia e la provocazione, ma certo è che io non tornerò indietro di trent’anni.

Invito tutte le forze sociali, civili, le organizzazioni di volontariato, le forze sane di questa società a promuovere iniziative popolari di educazione contro l’odio e per la convivenza civile, antirazzista, contro l’omofobia e contro una politica che da tempo non rappresenta la vita reale delle persone.
Ripartiamo partecipando alla grande manifestazione antirazzista che si terrà a Roma il 17 ottobre promossa dalla quella parte della società civile del nostro paese che vuole reagire».

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