Mese: Gennaio 2010

Domenica 7 febbraio alla Cgil a Como per i diritti dei migranti

Il 1 marzo in tutta Italia i lavoratori migranti scenderanno in piazza per il loro primo sciopero nazionale. A Como, il prossimo 7 febbraio assemblea alla Camera del Lavoro per ragionare e discutere di migranti, “integrazione” e razzismo. Abbiamo chiesto a Thierno Ngaye dell’associazione 3 Febbraio e a Ardjan Pacrami del Clas della Cgil di fare il punto della situazione su questi temi.

Como e i migranti: come vivono in città gli “stranieri”? Abbiamo girato l’interrogativo a due esponenti della società civile, il rappresentante di un’associazione che si occupa di diritti dei cittadini migranti e un sindacalista che si occupa del Coordinamento lavoratori stranieri della Cgil lariana. Per Thierno Ngaye dell’associazione 3 Febbraio, a Como «il livello di razzismo è alto, è molto sentito dagli immigrati, nonostante venga sistematicamente negato dai cittadini comaschi. La realtà è che si fa di tutta l’erba un fascio, anche i più integrati, persone che vivono in città da anni, si sentono sempre discriminati dai media e dai politici, si sentono considerati come non parte di questa società. E questo porta a non avere voglia di sentirsi cittadini, di sentirsi parte attiva della comunità: in questo siamo ancora molto indietro. Penso al caso di un immigrato sposato con un’italiana, con figli grandi nati qui: mi ha detto di sentirsi sempre come se fosse arrivato ieri in questo Paese».
Per Ardjan Pacrami, responsabile del Clas (Coordinamento lavoratori stranieri) della Cgil di Como, «L’immigrazione è lo specchio della nostra società, delle nostre città»; il modo in cui accogliamo l’altro ci dice come sta la nostra democrazia, il “nostro” mondo. E Como «è una città ospitale. Purché gli immigrati non diano fastidio e stiano “da parte”. Perché un centro come quello di Tavernola non diventa una struttura aperta a tutti? Non abbiamo bisogno di ghetti ma di centri aperti, non serve solo stabilire i luoghi in cui i migranti possono abitare ma sono necessarie soprattutto politiche sociali e culturali di ampio respiro».
Sullo sciopero del 1 marzo le opinioni divergono. Il rappresentante dell’associazione antirazzista ha qualche dubbio: «Abbiamo sempre voluto fare uno sciopero, è da tre anni che se ne parla, ma siamo un po’ preoccupati per il momento scelto e per l’organizzazione di questa mobilitazione. Bisognava coinvolgere di più le associazioni, la società civile, sarebbe stato meglio avviare un percorso più lungo e partecipato che portasse alla manifestazione. Rischiamo di non raggiungere l’obiettivo prefissato: tanti lavoratori migranti sono disoccupati, molti non parteciperanno perché la crisi colpisce duramente gli stranieri, per questo mi preoccupa il possibile fallimento dello sciopero. Come associazione, per tanto, fino ad ora non abbiamo dato la nostra adesione all’iniziativa del 1 marzo».
Ardjan Pacrami vede invece nel primo sciopero nazionale dei migranti «un motivo d’orgoglio, perché è un modo dei lavoratori stranieri per rendersi visibili, per dire che ci sono. Ma è importante ricordare che non esistono divisioni nel mondo del lavoro: noi non diciamo “lavoratori immigrati di tutto il mondo unitevi”, quanto piuttosto “lavoratori di tutto il mondo unitevi, a prescindere dal colore della pelle”. La Cgil si è battuta e si batterà contro questo sistema di cose, contro gli atteggiamenti razzisti legalizzati. I fatti di Rosarno ci hanno insegnato che se le persone vengono lasciate sole, le loro iniziative possono sfociare in azioni sbagliate: noi non lasceremo mai da soli i cittadini, i lavoratori, nessuno. Ben vengano dunque iniziative che coinvolgano il maggior numero possibile di persone e di realtà. Qualsiasi evento creato non per mettere gli uni contro gli altri bensì per unirci è più che positivo».
Un percorso partecipato, dal basso, comincerà invece a Como il 7 febbraio prossimo, con l’assemblea alla Camera del Lavoro: «abbiamo già alcune idee – dichiara Thierno Ngaye – ma vogliamo condividerle e discuterle con tutte le persone che parteciperanno all’incontro: pensiamo ad una manifestazione comasca o a un presidio, ma ci sarà da parlare anche del 1 marzo. È tutto da discutere, sarà un’occasione di confronto e dibattito importante».
«A livello nazionale – continua il referente del Clas Cgil – tentano di costruire cittadini di serie A e di serie B: ma questo non giova a nessuno, tanto meno al cittadino “comasco”! Le politiche locali vanno contro l’integrazione: basti pensare alle tante ordinanze razziste nei Comuni del Nord, non da ultimi Cantù, con il numero verde per segnalare i clandestini, o Turate, con l’istituzione dell’ufficio per denunciarli… Il decreto flussi, la regolarizzazione di una sola categoria professionale (mentre abbiamo migliaia di colf e badanti che svolgono in realtà altri lavori), il tetto ai bambini stranieri nelle classi: è questa l’integrazione?».
Quanto alla collaborazione tra i diversi sindacati, «si deve e si può fare di più insieme». Per arrivare a proposte concrete, come «la richiesta a prefetto e questore, a tutte le istituzioni locali competenti, di valutare caso per caso, in questo periodo di crisi, prima di procedere alla chiusura di ogni fascicolo che riguarda un lavoratore migrante disoccupato da sei mesi, il periodo oltre il quale scade il permesso di soggiorno».
Perché dietro a quei fascicoli ci sono delle storie, delle vite, delle persone. «Come un cittadino italiano, residente a Cantù, originario del Ghana: si è rivolto recentemente ai nostri sportelli perché gli è stato negato il diritto al ricongiungimento famigliare, ai suoi figli – è stato fatto anche il test del Dna per certificare che lo fossero davvero! – non è stato dato il visto». Resteranno separati dal loro padre. Evviva il “sacro valore” della famiglia… [Barbara Battaglia, ecoinformazioni]

Abbattuta nel Giorno della Memoria la Ticosa rimane un monumento all’incapacità della Giunta Bruni

Le opposizioni a Palazzo Cernezzi attaccano l’immobilismo della Giunta a tre anni esatti dall’abbattimento della Ticosa (fatto proprio nel Giorno della Memoria con evidente oltraggio alla memoria della resistenza operaia lariana), mentre per Bruni la colpa è di: «Una crisi di livello mondiale che ha reso tutto più complicato».

 

«Le ultime esternazioni del sindaco – ha dichiarato mercoledì 27 gennaio Luca Gaffuri, capogruppo Pd – sembrano fatte solo per rinviare il problema, si è parlato di portare nell’area Ticosa attività produttive, di aver trovato un privato interessato ad acquistare 6 mila mq, da ultimo l’intervento di una cooperativa edilizia. Si cerca di far vedere che una fiammella è ancora accesa… Che intervenga Formigoni, così come ha promesso!».
La paura dei consiglieri di opposizione è quella di non vedere più la fine del caso Ticosa così come del cantiere delle paratie e del muro sul lungolago. Per questo hanno convocato una conferenza stampa in piazza Cavour per esorcizzare lo spettro dell’immobilismo che attanaglia anche la barriera costruita sul lungolago.
«La Giunta è un po’ come i dilettanti alla sbaraglio – ha affermato Vincenzo Sapere, Gruppo misto – socialisti, che sulla Ticosa e le modifiche in corso d’opera ha detto – non si possono cambiare le carte in tavola, si rischiano i ricorsi». «Un’asta pubblica non può essere modificata» ha rincarato la dose Roberta Marzorati, Per Como.
«È stata fatta una scelta sbagliata» ha precisato Vittorio Mottola, Pd, anche perché, ha concluso Sapere «L’idea del sindaco è un’idea vecchia, era già stata fatto un concorso al tempo della Giunta Pigni, aveva vinto l’architetto Botta, che vadano a vedere le carte!».
Di tutt’altro parere il sindaco Bruni per cui, in una nota diffusa dal suo portavoce, «Il disfattismo non serve a nessuno e non ci porta da nessuna parte. Quelli che guardano le cose sempre e soltanto dal punto di vista negativo sono gli stessi che sperano che i problemi non si risolvano mai. Vogliono che non vada niente per il verso giusto, che non ci siano né crescita né sviluppo. Sono schierati contro la città. Sono contro e punto. […] Io invece guardo alle questioni con fiducia. […] Dal mio punto di vista, oggi non registriamo alcun fallimento. Sono invece tre anni che abbiamo tolto di mezzo i ruderi della Ticosa. È un traguardo raggiunto. Sfido chiunque a sostenere il contrario. Certi fautori della negatività ad oltranza non riescono neanche a rendersene conto: quei resti per un quarto di secolo hanno costituito un elemento di forte degrado sulle soglie della convalle. Un pessimo biglietto da visita. Un simbolo stesso dell’immobilismo. Sembravano inamovibili. Bene, noi li abbiamo abbattuti. E poi abbiamo avviato un processo di riqualificazione senza precedenti per il capoluogo. Certo, l’operazione era e resta complessa e bisogna riconoscere che non siamo stati fortunati visto che ci siamo imbattuti in una crisi di livello mondiale che ha reso tutto più complicato. Mi chiedo con quale capacità di analisi e lungimiranza politica certi soggetti possano trascurare questi elementi di fatto e crogiolarsi nella cultura del tutto sbagliato, seminando allarmismo, preoccupazione, un generale senso di resa e disimpegno. […] Sono ottimista. Credo proprio che nei prossimi giorni potremo riavviare l’iter consiliare di approvazione del piano integrato di intervento».

La portaerei della vergogna verso Haiti

Appello della Tavola della Pace e della Rete Italiana Disarmo. La portaerei Cavour verso Haiti: una decisione incomprensibile. Il ministro della Difesa e il Parlamento chiariscano subito obiettivi, modalità, tempi e costi della missione.

 Leggi l’appello firmato da Flavio Lotti e Francesco Vignarca.

Dopo l’ultimo testimone. La memoria e il suo uso pubblico

La difficile trasmissione delle memoria e i pericoli del suo uso pubblico sono stati al centro dell’incontro con David Bidussa organizzato giovedì 21 gennaio dall’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Peretta alla biblioteca comunale.

 Più di 70 persone, quasi la metà giovani, hanno partecipato alla serata Dopo l’ultimo testimone. La memoria e il suo uso pubblico con David Bidussa organizzata dall’’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta in collaborazione con Punto Einaudi alla Biblioteca comunale giovedì 21 gennaio.
Dopo una breve introduzione di Fabio Cani, vicepresidente dell’Istituto e una presentazione di Antonia Barone, responsabile della didattica dell’Istituto, che ha ricordato come alcuni dei giovani presenti avrebbe partecipato a Un treno per Auschwitz grazie alla loro scuola «uno dei luoghi di fondamentali di trasmissione della memoria», ha preso la parola Bidussa, storico sociale delle idee attualmente impegnato alla Fondazione Feltrinelli di Milano.
Dalla presentazione del libro a cui era dedicata la serata l’autore ha preso lo spunto per articolare un ragionamento più ampio sulla memoria e «l’uso politico della storia che è ben visibile nel discorso pubblico italiano».
Lo stesso Giorno della Memoria per l’autore difficilmente avrà una lunga vita, «non diventerà mai maggiorenne!», è un prodotto di un determinato contesto storico e bisogna interrogarsi sul motivo e sul momento della sua istituzione.
Per Bidussa la ricorrenza si è imposta contestualmente alla nascita dell’Unione europea con la ricerca di un calendario civile comune per tutto il continente che superasse i particolari delle singole ricorrenze nazionali: «Ad esempio il 25 aprile a Londra non dice niente a nessuno».
Era necessaria una data che superasse, anche nei singoli stati, le ricorrenze di un calendario «che parlano solo ad una parte del paese, che sostengono una memoria corporativa».
Il 27 di gennaio è accolto poi in Italia con una certa freddezza «anche perché se ne parla oggettivamente come di un evento avvenuto a 2.400 km di distanza, dimenticandosi che l’ultima disposizione di un articolo delle leggi razziali del ’38 è stata abrogata solo nell’aprile del 1987».
L’incapacità degli storici di intervenire nel dibattito e di formare un’opinione al riguardo è data anche dalla loro inadeguatezza nell’utilizzo e analisi dei nuovi e meno recenti media, in primis il cinema: «L’analisi di un film non si riduce alla sola trama». Non si può ridurre il giudizio ad un generico apprezzamento o meno, ma è fondamentale analizzare con gli strumenti adeguati il prodotto che nelle sue proprie modalità di costruzione determina un orientamento ed il passaggio di messaggi definiti.
L’obbligo a confrontarsi con l’evoluzione inderogabile del presente e con la scomparsa dei testimoni diretti di avvenimenti storici impone per Bidussa un impegno ulteriore: «Devo rispondere con le risorse che ho in prima persona, ho un obbligo di riflessione». Una presa in carico di quanto prima era “naturalmente” considerato patrimonio dei testimoni con il conseguente bagaglio di conoscenze ed esperienze.
Per l’autore il lavoro dello storico è principalmente quello di porre domande, da confutare e verificare sul campo.
Rispondendo alle domande dei giovani del pubblico, Bidussa ha spiazzato l’uditorio mettendo in causa la percezione di elementi del comune senso storico come l’inno nazionale, incredibilmente ufficiale solo dal 2006 e la figura del suo autore, Goffredo Mameli, considerato un nume tutelare della Repubblica, ma il cui corpo è stato bistrattato nel corso degli ultimi 150 anni e trasferito periodicamente da un luogo di sepoltura ad un altro senza ancora aver trovato una “collocazione”.
Uno slittamento dalle certezze consolidate che dovrebbe coinvolgere anche altri ambiti storici tradizionalmente occidentali. «Per noi la fine della seconda guerra mondiale è data dalla liberazione dei campi di concentramento, ma ci si può aggiungere lo spostamento di milioni di persone da est a ovest nell’Europa centrale e nessuno pensa al maggio del ’45 in Algeria, quando la popolazione festante è scesa in piazza sperando l’indipendenza dopo aver contribuito alla lotta per la libertà stando con gli Alleati, mentre la Francia metropolitana sosteneva l’Asse: le stime della repressione vanno da 15 a 40 mila morti».
La storia per Bidussa non ha un fine, uno sviluppo teleologico o una giustizia intrinseca, si basa invece su rapporti di forza: «L’esempio viene dalla Palestina, dove in un unico territorio due movimenti nazionali, quello palestinese e quello israeliano, cercavano di diventare stato. Israele ha avuto la forza, creando delle strutture che si sono poi evolute nel moderno stato, per nascere, al di là di ogni giudizio di merito, mentre la Palestina no». [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Guarda il video Ansa sul viaggio della Memoria, organizzato da Cgil e Cisl, al quale hanno partecipato anche studenti di scuole comasche.

Il Consiglio comunale di Como di lunedì 25 gennaio 2010

Emanuele Lionetti lascia la Lega, dopo due anni il gruppo in Consiglio comunale è dimezzato. Ancora cemento su Muggiò, al via la ristrutturazione dell’ex Cucchi.

 

Nelle preliminari al Consiglio comunale di lunedì 25 gennaio Donato Supino, Prc, ha ribadito le proprie perplessità sullo svolgimento della gara d’appalto sulla raccolta dei rifiuti «avevano posticipato i termini della presentazione delle domande per permettere ad alcune ditte, che ne avevano fatto richiesta, di preparare gli incartamenti… Ma alla chiusura del procedimento ne è arrivata una sola. Non c’è stata gara! Così si è andato a discapito dei lavoratori e dei cittadini».
Alessandro Rapinese, Area 2010, ha stigmatizzato l’operato del sindaco sull’area ex Ticosa «fa l’agente immobiliare per Multi», provocandone la piccata reazione: «io non lavoro per nessuno».
«Non posso andare in dissonanza con quanto più volte ho espresso» così «dopo aver speso molto tempo e molta passione» Emanuele Lionetti ha annunciato il suo abbandono del gruppo della Lega Nord. L’ex rappresentante leghista entra quindi nel Gruppo misto e la Lega vede dimezzati, nel giro di due anni, i suoi aderenti passando da 4 a 2, i soli Giampietro Ajani e Guido Martinelli. Lionetti dovrebbe entrare a far parte di un nuovo gruppo, assieme all’altro ex leghista Carlo Ghirri, Liberi per Como, con come capogruppo l’ex Udc Luigi Bottone. Il nuovo gruppo continuerà ad appoggiare l’attuale maggioranza.
Ripreso il discorso sull’intervento di recupero in via Muggiò in un’aula piuttosto chiassosa e disattenta che ha infastidito, durante il suo intervento, il consigliere Mario Lucini, Pd, che per riportare all’ordine i membri della maggioranza ha chiesto la verifica del numero legale, con un piccolo battibecco con il presidente Pastore.
Lucini ha ricordato il parere negativo espresso dalla locale Circoscrizione, «bisogna uscire dal singolo intervento che potrebbe anche essere accettabile e guardare in maniera più ampia e in prospettiva il contesto, tutti gli altri interventi nella zona, si sta riproponendo una nuova via Acquanera» ha aggiunto Luca Gaffuri, Pd.
Tutto ciò non è valso a convincere i rappresentanti della maggioranza che, «con un procedimento assolutamente irrituale», così nella definizione di Lucini, hanno approvato un emendamento per monetizzare anche la piccola parte dell’area rimasta pubblica. La delibera per i nuovi condomini è stata così approvata dalla sola maggioranza.
Il Consiglio ha quindi affrontato il piano di recupero dell’area vie Muralto e Boldoni e piazza Perretta, l’ex Cucchi, ed il sindaco è uscito dall’aula per evitare conflitti di interesse, chiarendo che la ditta interessata, la Quadrifoglio, è una di quelle seguite dal suo studio di commercialista.
La delibera è stata quindi presentata dall’assessore Faverio.
Critiche dalle opposizioni al primo cittadino «che l’attività del sindaco abbia sovrapposizioni con operazioni economiche in città è un problema di opportunità – ha sottolineato Lucini – non di legalità». «Quando si assumono questi incarichi – ha aggiunto Supino – si ha già una remunerazione».
Dopo una sospensiva della maggioranza chiesta da Bottone, la seduta è ripresa ed la delibera è stata approvata all’unanimità. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Gaffuri ricandidato con Penati

È incominciata anche a Como la corsa per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo. Con Penati sarà ricandidato anche il consigliere regionale del Pd Luca Gaffuri.

Il candidato presidente del centro sinistra Filippo Penati si è presentato alla stazione di Como S. Giovanni per sottolineare il problema dei trasporti ferroviari. «Siamo solo a 40 chilometri da Milano, ma sembrano 4 mila» ha esternato il segretario provinciale del Pd di Como. «Sia le linee dello Stato che quelle delle Nord hanno infrastrutture di fine ‘800 inizio ‘900 – ha rincarato la dose il Consigliere regionale Pd Luca Gaffuri – così come i tempi di percorrenza non sono cambiati, quando tutto va bene…».
«Negli anni passati il livello dei trasporti era discreto – ha precisato Penati – ma sono diminuiti nel tempo gli investimenti e c’è stato un conseguente peggioramento». Per il candidato alla presidenza regionale servono interventi strutturali, dagli scambi da modernizzare, molti sono ancora quelli da affrontare a 30 Km/h al rinnovo del materiale rotabile: «Per acquistare un treno pendolari servono 7 milioni di euro, quanto ha speso l’assessore al turismo Prosperini per promuovere, sulle emittenti locali, il turismo in Lombardia per i lombardi. Pesate poi se avessero dovuto promuoverlo ai giapponesi quanto veniva a costare?».
L’impegno di Penati se sarà eletto sarà quindi quello di triplicare i fondi per il trasporto pubblico, «la Campania impegna lo 1,5 per cento del suo Bilancio per il trasporto pubblico, mentre la Lombardia lo 0,5!» ha esclamato.
Critiche alla Giunta Formigoni sull’Expo 2015, definita un’occasione persa, e al’immobilismo di un’amministrazione imbolsita da 15 anni di potere: «c’è bisogno di novità!».
Per le elezioni l’ex presidente della Provincia di Milano è sostenuto, oltre che dal Partito democratico, da Italia dei valori, Sinistra ecologia libertà e Verdi, ma è ancora aperta la possibilità di nuove alleanze con i Pensionati e «un accordo e cooperazione con l’Udc». «La candidatura di Magdi Allam in Basilicata – ha affermato l’ex presidente della Provincia di Milano – è di fatto uno sfregio, quasi per dispetto, non solo all’Udc ma anche ai cittadini lombardi che lo hanno eletto al Parlamento europeo».
Per quanto riguarda Como «dato l’ottimo lavoro svolto è ricandidato Luca Gaffuri – ha chiarito Corvi – gli altri 3 rappresentanti verranno espressi dopo la consultazione dei circoli territoriali che partirà sabato prossimo e che servirà per definire le tematiche locali su cui verrà svolta la campagna elettorale». [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Il Consiglio comunale di Como di lunedì 18 gennaio 2010

Attimi di sensatezza con la solidarietà ad Haiti nella seduta di lunedì 18 gennaio. Poi di nuovo inesorabilmente muro che intanto rimane al suo posto e paratie sempre più inutili, sempre più insensate.

«Come mai non si è attenuto all’obbligo di destituire il responsabile dei lavori delle paratie?» ha chiesto Roberta Marzorati, Per Como, al sindaco nelle preliminari al Consiglio comunale di lunedì 18 gennaio riferendosi alle dimissioni dell’ingegner Ferro votate dall’Assemblea di Palazzo Cernezzi.
Marcello Iantorno, Pd, ha presentato una mozione, depositata agli atti, per destinare a programmi di cooperazione con Haiti in seguito al disastroso terremoto che l’ha colpita bloccando nel «bilancio di previsione annuale 2010 un importo fino all’0,80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate».
Il consigliere democratico ha quindi chiesto di rispettare un minuto di raccoglimento per le vittime haitiane.
Dopo il momento di silenzio è così ripreso il dibattito sulle mozioni sulle paratie.
Marco Butti, capogruppo Pdl, ha velocemente esposto la propria mozione per impegnare il sindaco a relazionare sull’avanzamento dei lavori. Giampiero Ajani, Lega, ha presentato il proprio emendamento parlando del problema della subsidenza, chiedendo inoltre di «valutare la soluzione di predisporre difese mobili contro le esondazioni». «Non trovo nulla di quanto dice Ajani nello scritto che ha proposto» ha precisato Mario Lucini, Pd, seguito da Donato Supino, Prc, «voi della Lega non potete stare in Giunta e poi fare opposizione!», che ha poi ribadito scherzosamente il concetto in dialetto comasco concludendo: «avete de assessori!». Vittorio Mottola, Pd, ha quindi letto l’emendamento Ajani sottolineando la scollatura tra quanto affermato pubblicamente e lo scritto, «non c’è scritto nulla. È una situazione paradossale» ha precisato Bruno Magatti, Paco.
«Quali sono le vere ragioni per cui non avete abbattuto il muro» ha domandato Vincenzo Sapere, Gruppo misto, che ha aggiunto avrebbe votato solo un emendamento contenente una sfiducia al sindaco.
Bruni è intervenuto per precisare che «le competenze del sindaco sono solo del sindaco», sottolineando la propria autonomia pur seguendo gli indirizzi assembleari.
Emendata dalla maggioranza la mozione è stata approvata mentre parte delle minoranze sono uscite, il Pd si è diviso in due, seguendo Lucini: «non parteciperò al voto perché si tratta di una questione interna alla maggioranza con una premessa indirizzata alla Lega a cui viene approvato un emendamento generico».
Il Consiglio è passato così alla mozione proposta dal Pd e dai banchi del Pdl Pasquale Buono ha chiesto una votazione per punti.
Il primo voleva «salvaguardata la eccellenza paesistica e ambientale del luogo», il secondo voleva «mantenere gli indirizzi di tenere unite e coordinate la fase della progettazione ed esecuzione con quella della ideazione degli arredi e quindi di voler procedere alla soluzione in modo globale e comunque coordinato», l’ultimo chiedeva di «comunicare in modo tempestivo al Consiglio le misure decise, i tempi e i costi delle loro realizzazioni».
Forte l’opposizione al documento, e alle sue premesse, di Butti che ha parlato di «utilizzo strumentale del parere del sovrintendente Artioli».
Dopo varie disquisizioni procedurali alla votazione la maggioranza si è presentata in ordine sparso nonostante le indicazioni di voto contrarie e la mozione è stata approvata.
«Si è creato un mostro giuridico – è stata la recisa reazione di Claudio Corengia, Pdl – da quando si è deciso di votare per punti singole parti delle mozioni, senza una votazione finale complessiva, passano degli elaborati in cui il singolo punto è condivisibile ma le premesse assolutamente no».
Viva la soddisfazione fra l’opposizione espressa per bocca di Luca Gaffuri: «è passato che la fase progettuale e esecutiva debbano essere affrontate in una maniera globale e coordinata, contro le indicazioni del presidente della Regione Lombardia». Concorde Butti «è stato sconfessato il giudizio ed il parere della Conferenza dei servizi».
Secco il parere contrario del sindaco alla proposta di Supino di eliminare le paratie e soprattutto per la richiesta di sostenere l’ingresso di un esponente del Comune all’interno del Consorzio dell’Adda per salvaguardare la città dalle piene del lago. «Una ridicola – per il primo cittadino, che ha aggiunto – il contenuto va al di là delle leggi vigenti e delle mie competenze e non potrò adempiere all’incarico». «È inaudito – ha esclamato Alessandro Rapinese, Area 2010 – il sindaco afferma di non voler eseguire quanto il Consiglio dispone!».
Gaffuri ha invece spiegato che la proposta è stata sostenuta in Regione anche da esponenti del Pdl.
Al voto la maggioranza ha bocciato le proposte di Supino.
L’assemblea ha quindi iniziato la discussione su un nuovo complesso immobiliare da edificarsi in via Muggiò a ridosso del’area di via Cumano, che ha già visto l’approvazione di un importante, per le volumetrie, intervento.
Nella presentazione il sindaco ha dato i numeri del’intervento: 24 mila mq, 7211 mc per due condomini di 14,70 m di altezza. Le aree standard, 1.296 mq, verrebbero monetizzate quasi completamente (ricavando poco più di 187 mila euro, tranne 143 mq utilizzati per creare un passaggio pedonale.
Data l’ora la discussione è stata rimandata alla prossima seduta consiliare. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Vergogna: mandano una portaerei da 1300 milioni ad Haiti

Flavio lotti, coordinatore della Tavola peer la Pace: «L’Italia metta i suoi soldati a disposizione dell’Onu che deve coordinare e accelerare la distribuzione degli aiuti». «L’Italia deve rispondere immediatamente all’appello del Segretario Generale dell’Onu mettendo a disposizione 1000 soldati e carabinieri italiani per il rafforzamento della polizia delle Nazioni Unite e del contingente dei caschi blu presente ad Haiti. Lo deve fare subito e per tutto il tempo necessario».

Il governo italiano, ha dichiarato Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, deve rispondere subito all’appello del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
Ad Haiti è il caos e oltre alla tragedia umanitaria c’è un grande problema di sicurezza, ordine pubblico e distribuzione degli aiuti. Ban Ki-moon ha chiesto al Consiglio di Sicurezza 1500 poliziotti e 2.000 caschi blu in più e l’Italia deve agire almeno con la stessa rapidità con cui, rispondendo all’appello di Obama,  in un giorno ha deciso di mandare altri 1000 soldati in Afghanistan.
Mi domando invece, ha continuato Flavio Lotti, che senso abbia mandare ad Haiti una portaerei. A fare cosa? Con quale dirigente dell’Onu è stata presa questa decisione? Per eseguire quali ordini? Quanto ci costa inviare oltre l’atlantico una imponente macchina da guerra come la portaerei Cavour? Quanto tempo ci impiegherà ad arrivare? Per quanto tempo si fermerà ad Haiti? Quanto costerà il tutto? Con quali soldi si pagherà il conto? E ancora, da dove nasce la collaborazione con le forze armate brasiliane? Quali interessi nasconde?
Sulla portaerei Cavour viaggeranno un po’ meno di ottocento militari, 540 dei quali sono i membri dell’equipaggio. Non è più utile ed efficace mandare subito 1000 soldati per le strade di Haiti a sostenere la missione dell’Onu?
Vale la pena di ricordare agli italiani che questa portaerei, simbolo per eccellenza della proiezione di potenza delle nostre FFAA, ci è costata bel 1300 milioni di euro, tutti soldi prelevati dalle tasche degli italiani onesti che pagano regolarmente le tasse. Quante vite avremmo salvato se anche solo una parte di quei soldi fossero stati spesi nella lotta alla miseria ad Haiti prima del terremoto?
Quest’anno, il 2010, il governo italiano ha stanziato solo 326 milioni di € per la lotta alla povertà nel mondo e 23.500 milioni di € per la guerra….”

Bruni antiesondazioni

Il progetto delle paratie era inutile lo scopriamo solo oggi grazie al comunicato stampa congiunto di Soprintendenza, Regione, Provincia e Comune di Como seguito alla Conferenza di servizio di lunedì 18 gennaio sul progetto del lungolago che recita: «La conferenza di servizio, esaminati i documenti, ha valutato positivamente la soluzione dello spostamento della linea di difesa idraulica dalla zona centrale della passeggiata a bordo lago in corrispondenza del parapetto». Viene ribaltata completamente la concezione di difesa dal lago pensata sino ad ora e vengono contestualmente buttati “a lago” i progetti redatti e pagati sinora.

Unica nota positiva «l’abbattimento del muro non appena si sarà completato l’iter procedurale necessario per l’approvazione della variante, iter la cui conclusione è prevista presumibilmente entro fine febbraio».
Viene  anche precisato cosa sarà di competenza degli architetti che saranno coinvolti nel concorso di idee per la passeggiata «pavimentazione, arredo urbano e a verde, impianto di illuminazione e strutture di servizio», di più dei soli cestini e panchine come aveva temuto parte del Consiglio comunale.
Sorprendenti le affermazioni del sindaco di Como Stefano Bruni, responsabile dello scempio del lungolago, «Tutto procede come da previsione» ha affermato a margine della conferenza, che si riunirà ancora i prossimi 28 gennaio e 8 febbraio, dimostrando la grande capacità autocritica.

Rapporto sul razzismo in Italia

L’associazione Ecoinformazioni invita alla presentazione del Rapporto sul razzismo in Italia a cura di Grazia Naletto che si svolgerà a Punto Einaudi in via Milano a Como venerdì 29 gennaio alle 20.30. Dialogherà con l’autrice Michele Donegana che presenterà anche il suo lavoro sul razzismo a Como nel 2009 ed il numero 399 di ecoinformazioni. L’iniziativa è parte della Campagna abbonamenti dell’associazione ecoinformazioni. Ingresso libero.

Alle 14,30 dello stesso giorno l’autrice incontrerà nella Grand’Aula del Volta di Como gli studenti e gli insegnanti del lei liceo classico.

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