Nel Comasco impraticabile lo sciopero degli stranieri del 1° marzo. Ci sarà un presidio a Cantù, esempio di città poco accogliente

La sala è gremita e numerose persone sono visibilmente straniere, per la maggior parte provenienti dal continente africano (qualche altro viene dai paesi asiatici, sembrano mancare invece gli immigrati del Maghreb, dell’Europa dell’Est e dell’America Latina); nutrita è anche la presenza di italiani.
In apertura, l’introduzione è svolta da due membri dell’associazione 3 Febbraio di Erba, che sottolineano come sia non più rimandabile la discussione sul presente e sul futuro degli immigrati, sul dilagare del razzismo, sul ruolo delle istituzioni; da questo punto di vista il 1° marzo è un’occasione, la tappa di un percorso tutto da costruire. Thierno Gaye scandisce che non c’è alcuna decisione già presa, che l’ipotesi dello “sciopero” presenta molte controindicazioni, che invece l’assemblea serve proprio a cominciare a mettere a fuoco il “che fare”.
Tocca a Daima di Milano, portavoce del comitato “Una giornata senza di noi”, chiarire come è nata la giornata del 1° marzo e che cosa si propone. In primo luogo si tratta di un’iniziativa europea, che vuole mettere in primo piano realtà, problemi ed esigenze dei “nuovi cittadini europei”; in quest’ottica l’ipotesi dello sciopero è solo una delle tante, e soprattutto è solo un elemento in un quadro che si vorrebbe costruire con le tante realtà radicate localmente, in uno sforzo di massima creatività. Lo stesso documento che si propone come base per la giornata è solo un punto di partenza per elaborare una piattaforma comune per il dopo 1° marzo, così come è uno strumento di diffusione dell’idea il simbolo proposto – un nastro giallo – da esibire in tutte le occasioni.
La discussione che segue mette a fuoco l’unanime convinzione che l’organizzazione di una giornata di attenzione sulla realtà delle persone immigrate sia comunque un dato positivo, pur nella diversità – a volte anche sensibile – di opinioni. C’è chi sottolinea che il fronte antirazzista è stato rotto anche dall’interno e chi si appella alla buona volontà comune, chi lamenta la genericità delle parole d’ordine fin qui elaborate e quindi l’esigenza di procedere rapidamente alla messa a punto di una piattaforma e chi propone di impegnarsi subito nel concreto rimandando le discussioni a dopo. Nella pacata analisi dei problemi quotidiani della maggior parte delle persone immigrate irrompe il drammatico richiamo alla realtà dei Centri di Identificazione ed Espulsione, teatri di violenze e di negazione dei diritti; d’altra parte si fa strada anche la rivendicazione del diritto di voto, viatico per una più adeguata considerazione dei diritti di tutti e – reciprocamente – la considerazione che l’insistenza sullo sciopero riduca nuovamente le persone immigrate a un mero elemento economico (che vale, o non vale, solo per la sua presenza/efficienza).
La discussione procede quindi su più binari, in forma tutt’altro che rituale e con la partecipazione di molte persone, straniere e italiane, fino alla stretta finale sull’organizzazione.
Nella zona comasca sembra ai più impraticabile l’ipotesi dello sciopero e anche quella di una vera e propria manifestazione appare prematura; si propone quindi l’organizzazione di un presidio a Cantù, identificata come la città più significativa dal punto di vista delle scelte discriminatorie prese dalla giunta; il presidio deve avere carattere fortemente unitario: niente bandiere di organizzazione o di nazioni, meglio la bandiera iridata della pace, oltre al nastro e agli striscioni gialli. Questo momento di maggiore impatto deve essere preparato con momenti di presidio e di volantinaggio in tutti i centri principali della provincia – e soprattutto a Como, Erba, Cantù stessa – nel fine settimana del 20 e 21 febbraio, e con un’assemblea pubblica plenaria da organizzarsi a Como per il 23 o 24 febbraio. Nel frattempo, un comitato organizzativo si è impegnato a mettere a punto i materiali necessari e a cercare di coinvolgere anche le comunità nazionali ancora poco avvertite del movimento di preparazione del 1° marzo. [Fabio Cani, ecoinformazioni]