La Città Nuova. Oltre Sant’Elia
Villa Olmo e Palazzo Volpi i due fulcri dell’esposizione con l’apertura nella Pinacoteca civica di due sale permanenti dedicate all’architetto, un passo di un percorso che guarda a Expo 2015 per l’assessore Cavadini, che precisa: «La mostra non sarà su Sant’Elia, ma Sant’Elia ne è il fulcro»
Verrà inaugurata, come preannunciato, il 23 marzo prossimo la nuova grande mostra organizzata dal Comune di Como nella ormai consueta ambientazione di Villa Olmo che resterà aperta sino al 14 luglio.
Un evento da 780mila euro i cui costi «saranno coperti da biglietteria, book-shop e sponsor», mentre il Comune di Como contribuirà, come per l’anno precedente, con 57mila euro.
«Cento circa le opere che saranno esposte a Villa Olmo – ma, precisano da via Vittorio Emanuele II –, per attirare turisti e visitatori anche in centro città, la rassegna coinvolgerà Palazzo Volpi, sede della Pinacoteca Civica dove saranno esposti i disegni di Sant’Elia e dove prima dell’inaugurazione della mostra saranno inaugurate le due sale permanenti dedicate all’architetto comasco».
Due sale che serviranno da guida allo spettatore dato che la loro visione per l’assessore alla Cultura del Comune di Como Luigi Cavadini «può essere considerata come un’introduzione, ma anche come conclusione del percorso di Villa Olmo». Si tratta di: «Disegni che da troppi anni non sono accessibili al grande pubblico, pur rappresentando una delle invenzioni più originali e più straordinarie dell’architettura europea all’inizio del Novecento».
«Le mostre devono aiutare a cambiare la nostra visione del mondo – è l’assunto del curatore Marco De Michelis – e questa mostra nasce dalla nostra condizione presente, dobbiamo ragionare sul presente e il futuro».
«La Città Nuova è il titolo che Antonio Sant’Elia aveva dato agli otto disegni esposti alla mostra di Tendenze del 1914, nei quali si riassumevano le visioni urbane del giovane architetto comasco che aveva appena formulato il suo manifesto per una architettura futurista spiega il comunicato stampa –.Da questi otto disegni prenderà le mosse la grande mostra dedicata ai cento anni di visioni urbane che hanno attraversato l’intero ventesimo secolo.Fin dal suo apparire, nel corso dell’Ottocento, la metropoli era apparsa come una delle manifestazioni più drammatiche e più contraddittorie dell’età moderna, caratterizzata da inediti e drammatici problemi, igienici, morali, politici, culturali, funzionali, che richiedevano riforme radicali sia nel campo della viabilità e dei trasporti, che in quello della abitazione e della organizzazione della vita domestica».
«A questi temi hanno cercato di dare risposte radicali i grandi architetti come Le Corbusier o Frank Lloyd Wright, con le straordinarie visioni della Città contemporanea per tre milioni di abitanti” di Le Corbusier e di Broadacre City, la città ideale americana fondata sulla casa d’abitazione unifamiliare e sull’automobile come mezzo di trasporto individuale, disegnata da Wright, di cui sarà in mostra il grande modello originale del 1935, mai esposto fino ad oggi in Italia – prosegue lo scritto –.Dopo l’apocalisse della seconda guerra mondiale, il tema di una radicale rifondazione della città contemporanea riprendeva vigore nelle forme dell’urbanistica visionaria di architetti e artisti, come l’olandese Constant, il franco-ungherese Yona Friedman, i “metabolisti” giapponesi o gli inglesi di “Archigram”, che immaginavano città sospese nell’aria, dove l’uomo poteva mutare continuamente la propria condizione, finalmente liberato dalla schiavitù del lavoro. Figli dei sommovimenti del ’68, i gruppi radicali italiani, come Archizoom e Superstudio, riformulavano criticamente questi temi sul finire degli anni Sessanta. Ciò che caratterizza tutte queste sperimentazioni è il carattere “popolare “ e spettacolare delle loro rappresentazioni – collages, disegni, plastici, grandi installazioni – che utilizzano le tecniche della pubblicità, del collage, dei fumetti, e che mantengono ancora oggi un potenziale straordinario di comunicatività».
«Fin dalla metà del diciannovesimo secolo, la città moderna aveva attirato lo sguardo – affascinato ma anche spaventato – degli artisti. I grandi boulevard di Parigi invasi dalla folla e dal traffico erano stati protagonisti cruciali dell’opera dei pittori impressionisti – ricorda la nota –. Il futurista Boccioni ne aveva interpretato la crescita esplosiva in quadri leggendari come La città che sale e Mario Sironi i nuovi paesaggi urbani delle periferie industriali.Dopo la prima Guerra mondiale, la Metropoli era stata lo sfondo delle rappresentazioni drammatiche e tumultuose degli espressionisti tedeschi come Kirchner, Braun o Grosz, fino a quando, nel 1926, Fritz Lang le aveva intitolato uno dei suoi capolavori cinematografici, aiutato dalle visionarie scenografie di Kettelhute e Huente. Di questa stagione la mostra documenterà alcune delle opere più importanti.Gli anni più recenti, quelli a cavallo tra la fine del Ventesimo e l’inizio del Ventunesimo secolo sembrano caratterizzati dal venir meno della capacità e del desiderio di inventare scenari futuri. La città contemporanea rimane protagonista di riflessioni e sperimentazioni, più degli artisti visivi che degli architetti. Ma si tratta di frammenti della realtà, piuttosto che di utopie visionarie come era accaduto ancora pochi anni prima».
«La mostra si concluderà con alcune opere-chiave della ricerca artistica di questi anni: Pizza City, lo sterminato plastico di una città composta soltanto da centinaia di giocattoli di Chris Burden, o la città fatta di Case di bambola della inglese Rachel Whiteread; o, ancora, il video della cinese Cao Fei che rappresenta una città sospesa nello spazio virtuale di Second Life e quello del tedesco Carsten Hoeller che simula la realizzazione della Città volante concepita da Krutikov nella Russia rivoluzionaria degli anni Venti. Non è più il tempo delle grandi utopie – conclude lo scritto –. Piuttosto forse quello di riflessioni critiche e di autocritiche sul mondo in cui viviamo e in cui vorremmo poter vivere meglio». [md – ecoinformazioni]