Voglio restare con il mio papà
Il 24 maggio alla Feltrinelli di Como si è svolta la presentazione del libro Bambini proibiti: storie di famiglie italiane in Svizzera tra clandestinità e separazione [Il margine, 2012] alla presenza dell’autrice, Marina Frigerio Martina, psicoterapeuta di orientamento psicoanalitico e psicologa dell’età evolutiva, figlia di immigrati lombardi, come lei stessa è orgogliosa di sottolineare, dell’organizzatrice dell’incontro, Grazia Villa e di Marco Lorenzini che ha dialogato con l’autrice.
Diversi potrebbero essere i sottotitoli per questo libro: Per non dimenticare… fate questo in memoria di noi o anche la stessa immagine in copertina che raffigura un bambino che regge un cartello «Voglio restare con il mio papà».
Bambini proibiti, perché questa era la condizione che vivevano negli anni ’80 i figli di migranti stagionali in Svizzera. Proibiti perché la legge di questo Paese (lo statuto dello stagionale, abolito solo nel 2000) impediva di tenere con sé i propri figli, costringendo molti genitori a nascondere letteralmente i piccoli negli armadi o in luoghi sufficientemente nascosti della casa, per evitare che la fremdepolizei (la polizia degli stranieri) li trovasse. L’intento dell’autrice è stato quello di riportare alla luce una storia collettiva sottotaciuta o dimenticata, quello di dare voce a quei protagonisti che protagonisti non sono stati mai, anche se questo fenomeno ha riguardato circa 140.000 bambini italiani (stima approssimativa e probabilmente al ribasso), la cui identità soggettiva è stata messa in discussione da una definizione giuridica, che ha spezzato la continuità uomo/donna-cittadino/cittadina.
«Se non fai silenzio e non stai buona la polizia verrà a prenderti e ti caccerà via». Maria taceva terrorizzata. Se ne stava zitta e muta anche quando cadeva e si faceva male, non piangeva quando aveva mal di pancia, non rideva quando era felice. Bambini illegali, proibiti e dunque nascosti.
Marina Frigerio ha raccolto le storie di quei bambini clandestini ormai adulti, costretti a diventare invisibili al mondo, ma la narrazione non fa emergere un disadattamento sociale, piuttosto le grandi potenzialità che quelle sofferenze hanno valorizzate. I ricordi non sono stati negati né pietrificati dal dolore, ma attraverso un duro e necessario lavoro è stato possibile per la memoria entrare in una pagina che non è solo personale, ma elemento della storia europea del ‘900. Molti di loro sono diventati attivisti nelle lotte contro le discriminazioni e per il riconoscimento dei diritti dei migranti e ricordano a tutti che in troppe circostante nel passato e purtroppo ancora nel presente una creatura umana deve essere protetta nell’ombra perché la luce a cui ha diritto potrebbe distruggere i suoi rapporti più cari.
«La Miseria si sposta. Cerca salvezze dove spera di trovarne. Sopporta, clandestina, le leggi inventate dal privilegio e le sfugge a piedi scalzi. La Miseria si difende a mani nude con la tenacia che dal bisogno trova inesauribili energie. La cancellazione della memoria di quello che siamo stati è l’ultimo intollerabile oltraggio che la Miseria è costretta a sopportare» (Gianmaria Testa dalla prefazione del libro) . [Manuela Serrentino, ecoinformazioni]