Paco-Sel/ Paratie: responsabilità dirette politiche e tecniche e di tanti maitres a penser


paco selNon sarà forse mai possibile dimenticare l’oltraggio alle vittime, alle leggi e all’ambiente per aver destinato fondi stanziati per il risanamento idrogeologico (legge Valtellina) alla più grande opera di sperpero di denaro pubblico (33 milioni di euro) determinata dalle destre a Como con l’affare paratie. Contro  per decenni si è battuta la sinistra comasca e la lista della rondine che organizzò dieci anni fa persino spettacolari manifestazioni con un’esondazione simulata da uno striscione di duecento metri per dare il segno di quanto folle fosse l’idea di fermare le acque col malaffare. Giorgio Fontana di Paco-Sel esprime, in preparazione del Consiglio di lunedì 13 aprile, la soddisfazione per l’operato del sindaco Lucini e la richiesta: «mai più opere straordinarie che sono tali solo per le mostruosità che generano».
 

La nostra città è interessata molto di più alle opere che si completano piuttosto che a quelle che si inaugurano, magari con tanto di fuochi di artificio.

Quindi rendiamo omaggio a questa Amministrazione, dal Sindaco fino al nuovo Direttore dei Lavori e agli Uffici, se finalmente l’enorme buco nero delle Paratie si avvia alla chiusura, con tutto il corredo di sforzi profusi, di quattrini spesi e ancora da spendere, di energie assorbite.

Ma proprio per questo riteniamo sia necessario recuperare una visione più larga e complessiva di quanto è accaduto, poiché noi tutti che abbiamo assistito ad un pezzo della storia di Como non possiamo sottrarci al compito di trarne i doverosi insegnamenti e le opportune conseguenze.

La prima chiave di lettura è evidentemente da riferirsi all’enorme cavallo di Troia allestito dalle precedenti amministrazioni con la scusa delle esondazioni (perché questa era, una scusa) per raddoppiare un marciapiede.

È stato di conseguenza organizzato un trappolone fatto di appalti, di cemento, di pesantezze fisiche in un inizio di terzo millennio che ci sarebbe piaciuto fosse destinato invece ai contenuti di senso e di cultura di complessiva accoglienza turistica, di leggerezza della bellezza nuda e cruda, perché non abbiamo mai avuto la necessità di aggiungere nulla al miracolo di contesto di cui disponiamo.

Oltre naturalmente all’erronea e tolemaica concezione di voler focalizzare interamente l’attrazione turistica di Como in un ombelico di duecento metri (e se anche volessimo parlare del solo lungolago, quanto la Como turistica avrebbe potuto lavorare di più e meglio in questi anni senza gli interminabili cantieri .

Il contesto di Como pare abbia prodotto in passato (per parlare di opere significative) almeno una funicolare, una ferrovia a lago, una passeggiata verso Villa Olmo, tutte iniziative giustamente orientate ad allargare anziché restringere.

E anche se potessimo magicamente disporre di un lungolago sistemato in tempo per l’Expo, non potremmo certamente pensare di scaricarci il milione di turisti che qualcuno si attende.

Ma la seconda chiave di lettura, molto più complessa, è riferita ad una doverosa riflessione sulla nostra capacità di gestire e condurre lavori straordinari di tale dimensione. (A proposito di lavoro non possiamo dimenticare i lavoratori dei cantieri per le Paratie, spesso con famiglie e carico, in Cassa integrazione, con sussidi che diminuiscono di anno in anno).

Ci sembra sia necessario riconoscere che sono mancati almeno due aspetti fondamentali: la totale mancanza di condivisione partecipata dell’idea con la città; la reale capacità politica ed operativa di condurre l’opera al suo fine.

Perché al di là della distorta idea iniziale della politica, anche la sua declinazione tecnica in aspetti operativi non è stata né lineare né esemplare.

Ancora dobbiamo capire, al di là delle soluzioni che ci vengono ora indicate, chi abbia causato il problema. Crediamo che questa città si meriti una seria riflessione sul perché è successo tutto questo e chi dove e come ha sbagliato. Ancora non lo abbiamo capito e ancora vogliamo saperlo. E badate bene, non stiamo parlando di una spiegazione giudiziaria. Ma della necessaria ricerca etica e morale delle spiegazioni, della responsabilità e magari di un brandello di verità. Alle responsabilità dirette politiche e tecniche (di gruppi o personali di alcuni) non possiamo fare a meno di aggiungere quella dei maitres a penser che hanno sostenuto allora, con grande spiegamento di mezzi mediatici, la geniale operazione paratie e che ora troviamo tra i severi censori del modo con cui la storia si è sviluppata.

Non vogliamo risposte ipocrite quando − e non è necessario riferirsi ad un difficile contesto economico come l’attuale − vengono spesi 33 milioni di euro di soldi pubblici (a chi avesse perso l’ordine di misura delle cose, ricordiamo che con tale cifra si costruiscono ex novo una dozzina di scuole oppure 400 appartamenti di edilizia convenzionata). E che nessuno osi dire che non erano fondi a disposizione di questa città e quindi poco importa, perché allora già disporremmo della risposta. Solo una classe dirigente (politica e tecnica) in completa decadenza può rifugiarsi dietro un tale dito.

E se non siamo in grado di fare neppure questa ricerca di responsabilità, allora chiediamo che il Consiglio comunale impegni questa ed ogni altra futura Amministrazione ad evitare di intraprendere opere straordinarie che tali sono solo per le mostruosità che generano.

Le Grandi opere fanno quasi sempre danno, basti pensare a Tav ed Expo, e a livello comasco, all’autosilo Valmulini». [Giorgio Fontana, Paco-Sel]

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