25 novembre/ Com’eri vestita?

C’è ancora bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne? Per rispondere a questa domanda, basterebbe citare il dato Istat secondo cui «tra marzo e giugno del 2020, il numero delle chiamate sia telefoniche sia via chat al numero verde antiviolenza è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno 2019 ( +119%) passando da 6956 a 15280». Le situazioni di abusi e maltrattamenti non sono state affatto messe in crisi dalla condivisione forzata delle quotidianità domestica, ma anzi proprio in essa hanno avuto terreno fertile per attecchire con più forza, rendendo indispensabili azioni e pensieri, forti ed efficienti, in grado di poter sradicare tali radici tossiche e pericolose.

Con questi intenti bene in mente si fa chiara la strada che conduce al 25 novembre, data scelta appunto come occasione di lotta, riflessione, sensibilizzazione, denuncia: anche nel territorio comasco sono numerose le iniziative previste per la giornata, promosse dalle maggiori sigle sindacali insieme con alcune associazioni territoriali, presentate in conferenza stampa il 20 novembre.
Attività che sono parte di un’azione più ampia, volta a coinvolgere donne e uomini (insomma, persone) nella richiesta di diritti maggiori sul lavoro e nella vita quotidiana: dalla effettiva applicazione e regolamentazione della Convenzione di Istanbul – ratificata dall’Italia (sostenuta dalla campagna #iolochiedo di Amnesty International Italia), per la modifica del codice penale, in particolare dell’articolo 609-bis, in modo da considerare reato qualsiasi atto sessuale senza consenso – all’avvenuta ratifica (avvenuta il 23 settembre 2020) della Convenzione 190 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019.

Il nucleo pulsante della manifestazione, tutta digitale, viene illustrato da Elisa di Marco (segreteria Cisl dei laghi) e Lorena Panzeri (segreteria Cgil): è la mostra Com’eri vestita di Libere sinergie di Milano (da loro adattata partendo dal progetto di Jen Brockman, direttrice del Centro per la prevenzione e formazione sessuale di Kansas, e di Mary A. Wyandt-Hiebert, del Centro di educazione contro gli stupri dell’Università dell’Arkansas), allestita per l’occasione nella Biblioteca comunale Paolo Borsellino di Como (un luogo che, nonostante la chiusura dovuta ai provvedimenti sanitari in corso, rimane comunque un punto di riferimento centrale nella vita culturale pubblica) insieme con Luminanda ed altre associazioni: attraverso la fedele rappresentazione degli abiti vengono raccontate le storie delle vittime di stupro, cui differenti attrici daranno voce per dimostrare la persistenza di pregiudizi (che filtrano fin nelle aule dei tribunali) circa il fatto che “l’abito faccia il monaco”. La mostra è interamente visitabile online (l’inaugurazione, proprio il 25 novembre, verrà trasmessa sui canali facebook e youtube degli organizzatori) e punta a scardinare modi di pensare distorti e sensibilizzare le opinioni, per mostrare come, da qualsiasi punto di vista, una vittima di violenza possa essere solo definita tale.

Si prosegue poi con la proposta di illuminare di rosso alcuni luoghi di importanza cittadina, parzialmente accolta dall’amministrazione comunale comasca, che ha confermato l’azione solo per la fontana di Piazza Camerlata, il monumento di Libeskind e la fontana di Viale Geno a causa della scarsità di risorse (umane e non solo) dovute all’emergenza in corso.

Infine, l’invito rivolto a tutti, è quello di partecipare online alla giornata, postando una propria foto con un fiore, metaforico (ma solo nella resa, non nelle intenzioni) «No!» ad un futuro in cui ci sia ancora spazio per questo tipo di violenza. [Sara Sostini, ecoinformazioni]

[La fotografia in copertina è Jennifer Sprague ed è stata scattata nella mostra dell’Università del Kansas]

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