
Presidio Uds per una scuola sicura
In un momento di totale confusione, tra il ricorso al Tar contro la Regione Lombardia e le occupazioni dei licei a Milano, anche a Como i/le studenti sono scesi in piazza.
Venerdì 15 gennaio infatti si è svolto in piazza Volta un presidio organizzato da Uds Como e durato quanto una giornata scolastica, dalle 8 alle 14. I/le manifestanti hanno chiesto per l’ennesima volta certezze sulla data del rientro e sulla sicurezza sanitaria a scuola.
I/le studenti dalle 8 si sono trovati per seguire le lezioni a distanza. Questo gesto ha significato la rivendicazione della necessità dell’istruzione e il bisogno dell’esperienza collettiva della didattica, contro il nozionismo e l’indifferenza propinati in dad.
Dalle 10 è iniziato il presidio vero e proprio, con diversi interventi sul perché della manifestazione e sulle rivendicazioni portate in piazza.
Come ha sottolineato Lucas Radice in apertura, il rientro non deve essere visto come un ritorno allo stesso sistema del pre-pandemia, ma come un’occasione per agire dall’interno e cambiarlo.
La dad ha allargato tutte quelle crepe che i movimenti studenteschi sottolineano da anni, diventando ora falle insostenibili.
Brunhilde Paleari, nel suo intervento, ha riportato dei preoccupanti dati diffusi da Studenti.it e dal Comitato tecnico scientifico sulla precarietà della condizione psicologica in dad.
Moltissimi studenti hanno denunciato un peggioramento del proprio stato mentale, soprattutto in termini ansiosi e depressivi.
La scuola online li ha completamente abbandonati e in molte classi si sono verificati episodi psicologicamente pesanti durante le interrogazioni e nel corso delle lezioni che hanno ulteriormente creato ansia e sconforto.
Se la dad continuerà, bisogna che tutte e tutti possano restare al passo e siano messi in condizione di seguire le lezioni in un ambiente che lo consenta e in un clima “in classe” sereno.
Il presidio è poi proseguito all’insegna dell’alternarsi di musica ed interventi alcuni dei quali, particolarmente significativi, hanno toccato la questione dei trasporti e quella degli spazi in cui far lezione.
Carlo Dominioni, riprendendo il tema lanciato nella rivendicazione di lunedì, ha portato all’attenzione della piazza l’incapacità sistemica di ripensare la mobilità in un senso non solo sicuro a livello sanitario, ma anche ambientalmente sostenibile. I mezzi di trasporto sono troppo pochi e quelli che ci sono hanno spesso orari insensati e sono sovraffollati. Anche alla luce del problema cronico della Lombardia per quanto riguarda l’inquinamento, ristrutturare il piano trasporti è una scelta necessaria per la sicurezza di tutte e tutti e la vita del pianeta stesso; solo la miopia ed il disinteresse politici portano ad ignorare questa evidenza.

Margherita Balestrini ha invece alzato i toni nell’intervento più sentito del presidio, lanciando un’invettiva accalorata contro il fatto che moltissimi edifici scolastici, non solo a Como, sono in condizioni precarie.
La scuola, e questo era il centro del discorso di questa attivista, è talmente marginalizzata nell’agenda politica da essere materialmente abbandonata a sé stessa, mettendo a rischio non solo i/le studenti, ma anche i docenti e tutto il resto del personale.

L’utilità e l’efficacia del presidio del 15 sono state messe in dubbio quando il Tar ha accolto il ricorso contro la chiusura degli istituti superiori fino al 24 gennaio (quando avrebbero dovuto aprire l’11).
In realtà, nelle parole di Matteo Toscani, studente del Fermi di Cantù, questa decisione non fa che infierire su uno dei tratti più dolenti della malagestione della questione scolastica regionale: l’incertezza sulle date.
Il continuo rimbalzo di scadenze voluto a vari livelli amministrativi tra stato e regione ha incrementato l’insicurezza e la sfiducia dei/delle studenti, illusi a Natale di poter tornare il 7 e ora condannati probabilmente a non vedere la scuola ancora per settimane, se non mesi.
In un quadro emotivo e sistemico già precario, questo fatto non fa che aumentare la frustrazione ed allontanare le persone dalla scuola, vista sempre di più come un inutile accessorio della società consumista.

Esterni ad Uds sono intervenuti un’esponente dell’Anpi Como, che ha espresso vicinanza alla lotta per la scuola sicura, e Luca Monti, presidente dell’istituto comprensivo Como lago. Quest’ultimo ha preso nettamente posizione a favore delle istanze studentesche, incitando a continuare a sollecitare le istituzioni per forzare, anche obtorto collo, a guardare la drastica situazione a cui stanno condannando l’istruzione nazionale e lombarda in particolare.

Come ha sottolineato Arturo Boscarol, dell’Esecutivo regionale di Uds, la lotta per una scuola diversa non si ferma alla dicotomia dad-presenza. Uds lotta perché venga ripensato questo sistema educativo che mette al centro il voto e non la persona e l’apprendimento, che avanza morente nella sua crociata nozionista abbandonando le persone più fragili e che, fondamentalmente, è destinato a fallire nella costruzione di una generazione che migliori un mondo le cui sorti si fanno sempre più precarie

Proprio sulla scia di questa ricostruzione ideale si è svolto il dibattito conclusivo, che partendo dal titolo “La scuola che vorrei” ha portato i/le manifestanti a discutere sulla valutazione, la bocciatura, la tutela delle fragilità psicologiche a scuola e l’educazione alla sessualità e alle questioni di genere.
Poco prima delle 14, sebbene purtroppo nessuna campanella fosse suonata, il presidio, che ha raccolto almeno 100 persone tra partecipanti effettivi e curiosi, si è sciolto.
Como ha dimostrato di esserci, a livello studentesco, e che la sofferenza causata dalla dad è un tema presente tra i banchi di più istituti. Tra cambi di colore regionali, date raffazzonate e il tentativo di resistere ad una frustrazione che può essere ignorata solo in malafede, non resta che vedere se e come proseguirà la battaglia per la scuola sicura in presenza.
[Pietro Caresana, ecoinformazioni] [Guarda qui tutte le foto del presidio]