Giallo a Casa Magenta

Le donne, la Campania e i ricordi del paese d’infanzia sono gli ingredienti che caratterizzano il romanzo Le streghe bruciano al rogo. L’autrice, Maria Letizia Grossi, ha raccontato com’è nato e come si è sviluppato in una conversazione con l’amica Rosa De Rosa a Casa Magenta a Como il 24 settembre 2021.

Maria Letizia Grossi vive a Firenze dove ha insegnato per vent’anni e ha pubblicato vari lavori su riviste e, nel 2018, L’ordine imperfetto, i cui temi principali sono l’inquinamento e la speculazione edilizia. È il primo di una serie di romanzi che fondono le caratteristiche del giallo e del noir narrando dei casi risolti dalla commissaria Valeria Bardi e dal suo vice e amico Manuele Belgrandi. Con Le streghe bruciano al rogo del luglio 2021, la scrittrice ha voluto essere una voce per tutte quelle donne maltrattate che sono riuscite a prendere in mano la propria vita e a combattere. Lo dedica a loro e alle vittime di femminicidio, oltre che alla sorella Celeste e ai nonni paterni e materni da cui ha preso spunto per alcuni dei suoi personaggi.

«Attraverso le storie voglio toccare dei temi che per me sono importanti», così Maria Letizia Grossi ha introdotto la sua presentazione a un libro che si vuole far leggere facilmente pur narrando di temi complessi e drammatici. La conversazione è continuata con la lettura del prologo e l’esposizione della trama: la commissaria e il suo vice indagano in particolare su due casi legati da una cartolina che rappresenta Ripalta Irpinia, in Campania, e un biglietto che recita «Le streghe bruciano al rogo».

Il femminicidio e le donne

È un giorno di pioggia e una donna, Eugenia Ortesi, si presenta in commissariato per denunciare una minaccia ricevuta per posta su una cartolina con scritto sul retro «Le streghe bruciano al rogo». La stessa frase è anche su un biglietto ritrovato di fianco alla stessa cartolina a Ferrara dove una donna vittima di femminicidio è stata trovata carbonizzata in febbraio. La commissaria vuole indagare su questo caso che probabilmente qualcun altro avrebbe ritenuto poco importante. Tra la Ortesi e la Bardi si crea un legame di solidarietà rafforzato dal senso di protezione che quest’ultima sente nei confronti della vittima.

L’autrice ha raccontato di donne uccise e di donne in lotta, tutte con in comune la sottomissione che il patriarcato impone loro. In passato le donne che non stavano al loro posto nella società venivano considerate streghe. Oggi sono «donne che scegliendo di lavorare e rendendosi autonome si sottraggono all’autorità patriarcale», ha spiegato: «Le donne hanno sempre avuto una loro forza nonostante le sottomissioni».

La stesura di questo libro dimostra quanto il tema sia caro a Maria Letizia Grossi, ma non solo. Anche l’intento di «Potenziare la scrittura e la lettura come cura di sé» nei corsi che tiene alla Libreria delle donne è la perfetta immagine di ciò in cui crede.

La scrittura e la lingua

«Nei dialoghi chi scrive deve dare voce ai personaggi, la voce narrante si piega invece alle necessità». Queste le parole della scrittrice che cura l’aspetto linguistico per rendere il racconto più verosimile. «I dialetti sono vere e proprie lingue e in un romanzo sono una modalità espressiva fondamentale perché appartengono alla natura dei personaggi». La lettura di alcuni dialoghi in dialetto campano ha reso il clima durante la presentazione più armonioso come rende un libro più scorrevole e piacevole. Oltre al dialetto irpino è presente quello fiorentino per mantenere una coerenza tra lingua e luogo.

I luoghi e i ricordi

Un ultimo passaggio è stabilito dal ricordo che un oggetto, un paesaggio, una casa o una ricetta, riportano alla mente. Le tradizioni sono veicoli per ricordare il passato e nel romanzo di Maria Letizia Grossi, sono proprio le donne che, rimaste nel paese natio, custodiscono i ricordi. Ricordano i morti, chi è stato loro vicino, attraverso odori, riti e sapori. I luoghi soprattutto incidono sulla storia dei personaggi e anche su quella dell’autrice: «Altavilla è la mia radice. In un paese resta sempre qualcosa di te anche quando non ci sei». L’autrice è nata e cresciuta ad Altavilla Irpinia e anche quando si è trasferita a Firenze ha continuato a tornarci, perciò ha affermato che nel romanzo c’è una parte di lei sparsa tra luoghi e personalità.

La scrittrice ha sottolineato che tra le sue righe sono presenti citazioni. Vengono citati e ringraziati al termine del libro grandissimi letterati italiani come Pavese, Petrarca e Dante per averla aiutata a trasmettere emozioni. È stata nominata anche Anna Maria Ortese: Il cardillo addolorato è stato l’ispirazione per la descrizione del fiume e del noce.

Al termine dell’incontro l’annuncio di un terzo libro in attesa di essere pubblicato che tratterà di migranti, Mediterraneo, guerre civili e inoltre di un quarto in corso d’opera. [Alice Prederi, ecoinformazioni] [Foto Alice Prederi, ecoinformazioni]

Leggi la recensione di Rosa De Rosa del libro.

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