La discriminazione delle donne migranti e afgane

Il 1° dicembre a Gallarate si è tenuta una conferenza nella quale si è discusso sulla condizione e discriminazione delle donne migranti, in particolare delle donne afghane.

Ilaha Mezary, giovane studentessa in giurisprudenza e presidentessa dell’associazione afghana di Varese durante la conferenza ha portato la sua testimonianza raccontandoci il suo quotidiano vissuto e cosa vuol dire essere donna in Afghanistan. Presenti anche le relatrici – avvocata Benedetta Tonetti (specializzata in diritto della migrazione, foro di Milano e socia Asgi), dottoressa Veronica Montagnese (research officer di Easo presso la sezione specializzata protezione internazionale del Tribunale di Milano), dottoressa Elena Masetti Zannini (giudice presso la sezione specializzata di protezione internazionale del tribunale di Milano), avvocata Rosalba Folino (presidentessa adgi sezione di busto Arsizio) – che vivono ogni giorno la materia, hanno dialogato sulla situazione attuale delle donne afghane, delle donne migranti e sui strumenti di accoglienza e tutela per i corpi e i diritti violati nel contesto della protezione internazionale.

Come in tutte le società devastate dalla guerra, anche in quella afghana le donne soffrono in modo sproporzionato. L’Afghanistan è ancora oggi classificato come il luogo peggiore in cui vivere per le donne, vi è ancora una significativa resistenza alla loro educazione: si stima che il 70,19% delle donne dai 15 anni in su non sappiano né leggere né scrivere, infatti, oltre il 60%dei minori esclusi dal sistema scolastico sono bambinee in alcune province questo tasso è sostanzialmente più alto. Norme culturaliprofondamente radicate, fattori socioculturali, credenze tradizionali e povertà contribuiscono a minare l’educazione delle ragazze.

Secondo un’analisi demografica del paese, il matrimonio precoce è il secondo motivo di abbandono scolastico per le ragazze, purtroppo obbligate a sposarsi in giovanissima età. Le adolescenti sposate hanno possibilità molto limitaterispetto alle loro coetanee non sposate: non hanno accesso all’istruzione, non sono libere di interagire con i coetanei e non riescono ad emanciparsi economicamente, tendono inoltre a subire abusi e violenze e non hanno accesso alle cure o alle informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva.

La società profondamente conservatrice e la cultura tribale che domina in molte zone dell’Afghanistan assoggettano le donne a codici di comportamento arcaici che le ritengono responsabili dell’onore delle loro famiglie. [Somia El Hariry, ecoinformazioni]

Avvocata Rosalba Folino, presidentessa Adgi sez. di Busto Arsizio
Ilaha Mezaya, presidentessa dell’associazione afghana culturale di Varese
Avvocata Benedetta Tonetti, specializzata in diritto della migrazione, foro di Milano e socia Asgi

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