
Il movimento studentesco chiede il futuro
Sono circa tremila gli e le studenti che hanno attraversato Milano, nella mattinata di venerdì 23 settembre, per lo sciopero globale di Fridays for future. Da piazzale Cairoli al palazzo della regione Lombardia gli e le ambientalisti, universitari, liceali e membri dei collettivi hanno chiesto giustizia ambientale e sociale e che la questione climatica venga messa in agenda dalla politica, senza comunque trascurare il ricordo degli studenti morti di pcto e le grigie prospettive politiche italiane.
È solo la prima manifestazione della nuova stagione, ma come era stato nel 2021 anche l’autunno 2022 si preannuncia caldissimo sul fronte meneghino. I numeri dei manifestanti non sono scesi, e l’analisi politica si fa sempre più intersezionale, trasversale ed acuta. Dunque, la massa studentesca che ha animato lo sciopero per il clima è sempre più lontana dall’immagine dipinta dall’opinione pubblica, per cui “è solo una scusa per saltare scuola” e contemporaneamente non si può nemmeno più parlare di reazione di pancia alla paura di una fine che, ascoltando la scienza, è sempre più vicina.
Bisogna prendere atto che il movimento liceale-universitario, fisiologicamente intersecato per ragioni generazionali a quello ambientalista e per un futuro di pace climatica e sociale, è sempre più chiaramente politicizzato, organizzato e rabbioso. I vertici politici paiono però non rendersene conto.



Crisi energetica, siccità estiva e surriscaldamento globale sono stati, ovviamente, i punti su cui i cori provenienti dal corteo hanno messo l’accento, ma non ci si è fermati a questo. Tanti infatti sono stati gli interventi che, dal risciò di testa, hanno ricordato Lorenzo, Giuseppe e Giuliano, i tre studenti che nell’ultimo anno sono morti di pcto. Ai tre studenti morti e a tutte le vittime ed i feriti del profitto fatto a spese di chi lavora è stato dedicato un minuto di silenzio, con tutti i manifestanti seduti o sdraiati (a simulare i cadaveri degli operai) davanti alla sede di Confindustria. La sentita commemorazione non ha mancato di rilanciare il tema del “buon lavoro” tra lotta per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni e contro il precariato precariato e pressione al padronato per accelerare la conversione ecologica delle industrie.




Come ha sottolineato sia dal corteo che dalla piazza finale davanti al palazzo della regione Martina Comparelli, portavoce di Fridays for future, la convergenza tra ambientalismo e diritti dei lavoratori e delle lavoratrici è una dinamica pressoché spontanea laddove il pianeta e i precari e gli sfruttati sono accomunati dal giogo cui sono sottoposti: quello degli interessi economici dei pochi potenti che tengono in pugno l’economia mondiale. Quegli stessi proprietari sono anche i principali inquinatori del pianeta e dunque chi vuole una società più equa ed un pianeta vivibile anche in futuro non può che riunirsi e fare massa critica contro il capitalismo globalizzato: per questo, Fridays aderisce alla manifestazione organizzata dal Collettivo di fabbrica Gkn, che si terrà il 22 ottobre a Bologna.
Durante la manifestazione sono state anche proposte dele soluzioni, individuali e sociali, alla situazione climatica che il pianeta sta vivendo. Da una parte, le associazioni ecologiste hanno fatto appello alla riduzione dei consumi, specialmente dei derivati animali, in considerazione del fatto che l’89% dell’impronta carbonica pro capite proviene dal consumo alimentare.
In seconda battuta, i manifestanti hanno chiesto di fronte all’agenzia dell’entrate che vengano tassati i ricchi, in quanto sono loro coloro che inquinano più di tutti e dunque i primi responsabili della crisi climatica attuale.


Ma oltre all’azione di piazza, il corteo ha anche posto in analisi le azioni che, come cittadine e cittadini, almeno la componente maggiorenne della manifestazione può mettere in atto. Sono troppi, tra i partiti che scendono in campo per le elezioni del 25 settembre, quelli che solo fintamente sposano le pratiche e le rivendicazioni ecologiste. Non solo, il paese va verso una realtà parlamentare apertamente sessista, fascista ed omotransfobica oltre che negazionista della situazione climatica.
Chi potrà, hanno rilanciato gli organizzatori di Fff, dovrà ricordarsi di Cingolani, di Meloni (a cui sono stati dedicati cori abbastanza esplicitamente avversi), del greenwashing, della finta transizione ecologica; ma anche degli accordi in Libia firmati dal Pd, dell’affossamento del ddl Zan, che pure era largamente insufficiente, e di tutte quelle manovre politiche che dovrebbero rendere impresentabile almeno la metà dei partiti e delle figure candidate alla guida del paese. L’astensione, secondo chi è intervenuto per gli ambientalisti, non è però la soluzione: bisogna cercare, ammesso che ci siano, programmi in linea con le rivendicazioni di piazza e con il concetto di pianeta e società abitabili. Un compito difficile, certo, ma forse non del tutto impossibile (durante il discorso, qualcuno dal corteo ha inneggiato fulmineamente ad Unione popolare).

In generale comunque, come è stato ribadito dalla piazza finale, il probema è però sistemico. Il modello energivoro del consumo sfrenato che ha caratterizzato il ‘900 occidentale è ormai palesemente insostenibile: da anni si sa che la situazione climatica nelle regioni asiatiche o tropicali è critica, ma negli ultimi mesi la stessa Europa della delocalizzazione e dello sfruttamento petrolifero ha iniziato a pagare il conto delle proprie politiche energetiche. Siccità ed alluvioni sono ormai la quotidianità, e solo la pandemia che ha quasi distrutto la società globalizzata ha rallentato per qualche mese il logoramento delle risorse.

Ciò che hanno ribadito i manifestanti, forti dei dati scientifici disponibili, è che non c’è nessuna normalità a cui tornare, se normalità significa la fine dell’umanità in poco più di trent’anni, la disparità sociale e la fine delle risorse. La politica deve prendersi le proprie responsabilità, prendersi in carico la crisi socioambientale e premettere il benessere delle persone a quello della finanza, di Eni e di tutti i giganti energetici. Nella consapevolezza che il messaggio, anche stavolta, sarà probabilmente inascoltato, la prossima piazza di convergenza sarà quella bolognese, il 22 ottobre, per la manifestazione di Fridays for future e Collettivo di fabbrica Gkn insieme a tutte le realtà che rivorrebbero indietro un pianeta vivibile. Intanto, nella serata del 23 verrà svolto, alle 18 sempre da largo Cairoli, un corteo ambientalista con i e le lavoratrici. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]