Il tribunale di Milano ha ospitato nella mattinata di martedì 10 gennaio un momento che può definirsi storico per vari motivi. Con l’udienza di Simone Ficicchia, attivista di Ultima generazione protagonista di blocchi stradali ed azioni non violente nei musei italiani, il governo ha preso posizione non solo sulla crisi climatica, evidentemente ignorata; ha anche aperto la stagione della criminalizzazione dell’attivismo ambientalista.

Ciò che si è discusso in quello che si potrebbe definire un simbolo dell’ingiustizia climatica italiana è un provvedimento di sorveglianza speciale per Simone. Una simile disposizione lo equiparerebbe, per pericolosità sociale, a mafiosi e terroristi; non può non far sorridere il fatto che su stragi di mafia, di stato e di mano fascista il maglio della giustizia sia calato in modo ben più leggero o non sia calato affatto. Ciò che si temeva, una svolta repressiva del nuovo governo in continuità con le varie prove fatte soprattutto a Milano e Torino contro gli studenti negli anni postpandemici, si sta di fatto concretizzando.
Lo stesso imputato, prima di entrare in aula, si è detto scosso, arrabbiato e colpito dalla criminalizzazione che un movimento non violento come quello per il clima sta subendo. In questo momento cruciale, però, Simone non è stato solo: compagni e compagne di Ultima Generazione, Extinction rebellion, Fridays for future, ma anche membri del movimento studentesco, partiti di centrosinistra eccetto il Pd, altri movimenti ambientalisti e del terzo settore, persino degli esponenti del Collettivo di fabbrica Gkn sono intervenuti a portargli solidarietà.

Molti dei partecipanti sono entrati in aula per sostenere l’attivista nel corso dell’intera seduta. La sentenza però si farà attendere, dato che ci sarà un aggiornamento a 30 giorni dalla prima udienza ed eventualmente verrà emessa la sentenza sulle misure da prendere contro Simone, che si è comunque detto ottimista. Intanto un primo risulato della mobilitazione è costituito dalla decisione del Pm di Milano Mauro Clerici che ha chiesto di applicare la misura disicurezza della “sorveglianza semplice” e non come pseciale come inzialmente previsto.

In questo giorno che lo stesso Ficicchia ha definito storico, dato il significato politico dell’udienza, sono però le parole dei suoi compagni e compagne rimasti fuori dal tribunale a muovere una riflessione sulla lotta climatica.
Ultima generazione è la sigla che si è resa protagonista dei famigerati imbrattamenti, sempre con vernici lavabili, del Senato, del teatro alla Scala e di diverse opere d’arte in vari musei d’Italia e d’Europa. Blocchi stradali e la pratica di incollarsi a sculture e quadri particolarmente simbolici, come La primavera di Botticelli o Forme uniche della continuità dello spazio di Boccioni sono altri gesti simbolici compiuti dai e dalle attivisti di questo movimento. Ultima generazione, no gas no carbone è l’eloquente slogan che accompagna le loro azioni che, ad oggi, non hanno mai arrecato danni irrimediabili a nessuno degli oggetti che ne sono stati interessati. Eppure, questi gesti non violenti e puramente simbolici sono stati immediatamente sottoposti ad una violentissima gogna mediatica.

I portavoce di Ultima generazione, dal canto proprio, si definiscono “cittadini preoccupati” ed è innegabile che, al di là della condivisione o meno della prassi di lotta, sono molte le persone che potrebbero (e dovrebbero) riconoscersi in questa definizione. E in effetti, a ben pensarci, non sono cittadini e cittadine preoccupati anche le decine di migliaia di studentesse e studenti che scendono in corteo con Fridays for future?
Ciò che prima gli attivisti di Fridays e ora, con metodi diversi, Ultima generazione fanno è tentare di smuovere le coscienze della massa per spingere la politica a riconoscere la crisi climatica e ad agire tempestivamente per contrastarla. Come ha detto una delle portavoce di Ultima generazione, chi milita in questi movimenti ha intenzione di poter guardare in faccia con dignità i bambini di oggi quando, tra dieci anni, verrà loro chiesto cosa hanno fatto per il loro futuro.
Finora, però, gli scienziati che Fridays chiedeva fossero ascoltati sembrano non essere stati ancora presi sul serio; d’altra parte, l’udienza di Simone dimostra che tutto ciò che tenta di rompere la quotidianità di un sistema insostenibile è passibile di essere bollato come terrorismo.

Il tempo stringe, le azioni simboliche sono ormai molte e come hanno ribadito i militanti di Ultima generazione non si fermeranno fino a che la politica al potere non ascolterà le persone. Le conseguenze sono chiare, ma l’attivismo ambientalista lotta in nome di qualcosa di ben più grande e non intende farsi fermare da uno stato repressivo e negazionista della crisi climatica.
Eppure, i consensi paiono essere altalenanti e questo evento eclatante sul piano giudiziario potrebbe essere decisivo: la domanda è se l’opinione pubblica si risveglierà di fronte alla palese ingiustizia di questi provvedimenti, quantunque solo minacciati, e si attiverà più massicciamente per il proprio diritto ad un futuro vivibile; o se cederà alla minaccia preferendo il non-futuro al rischio di una sorte simile a quella di Simone. In questo senso, le realtà minori rispetto ai grandi centri saranno decisivi nel rendere consapevole i cittadini del rischio che l’umanità sta correndo.
Per ciò che riguarda Como, a fronte dell’agonia di Fff, dell’assenza di risonanza degli altri movimenti ecologisti e di elezioni che di tornata in tornata palesano negli elettori apatia sociale e simpatie reazionarie, la risposta all’interrogativo pare chiara. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]

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