Paolo Pileri: non è s(u)olo una superficie

Si è svolto martedì 20 giugno l’incontro con il professor Paolo Pileri e un pubblico nutrito che ha riempito la sala civica di Mariano Comense; partendo dal libro di Pileri, L’intelligenza del suolo, la rete di associazioni ambientaliste locali (occupate su vari fronti, dalle questioni riguardanti i parchi tra Como e Brianza al monte San Primo) ha voluto creare un momento di riflessione, formazione e condivisione sulla tematica del consumo di suolo. Oltre l’autore era presente anche Gianni Del Pero, presidente del Wwf Lombardia, che ha moderato gli interventi e il dibattito finale.

Dopo una breve introduzione a cura di Del Pero, che ha riassunto la lotta per salvare ambienti naturali come il Parco delle Groane e della Brughiera da una corrosiva cementificazione, e dei progressi fatti in tal senso, Pileri ha lungamente parlato del cambiamento culturale che deve intervenire per evitare che il consumo di suolo continui indiscriminato, lanciando spunti di riflessione e cordiali stoccate alle associazioni e agli esponenti politici presenti, spiegando perché, citando Bruno Latour in Facciamoci sentire, «siamo in un’altra materia, in un’altra cosmogonia»: ricostruire – come si parla di fare in Emilia Romagna dopo l’alluvione – non ha senso, perchè vorrebbe dire ricreare la stessa situazione pre-disastro; occorre piuttosto cambiare paradigma (ed in questo prende come esempio positivo movimenti come Fridays for future o Extinction Rebellion) in maniera radicale e a trecentosessanta gradi, guardando oltre le prospettive più vicine o immediate e preoccupandosi in maniera più ampia e cosciente dei cambiamenti che avvengono ovunque nel mondo.
«Siamo tutti sulla stessa barca» viene adottato come slogan all’interno del discorso per spiegare un pensiero ecologico che dovrebbe essere un problema politico di prim’ordine e non una «riserva» accalappiavoti.

In un dialogo vivace, si va poi a dare una definizione di suolo per contrasti, mostrando come ciascuna definizione sbagliata (la più comune, “superficie” invece di “spessore”, oppure “risorsa”, implicandone l’esclusivo valore economico) sia dannosa per la tutela dello stesso: utilizzando come esempio le parole di un grande intellettuale del Novecento come Norberto Bobbio («Conoscere il mondo che ci circonda con una cultura non dilettantistica. Riformarsi reciprocamente. Studiare i problemi. […] Se non vi ponete problemi precisi vi disperderete»), il professore ha sottolineato come sia necessario da parte di cittadini/e e della classe politica informarsi e capire meglio di cosa si parla quando si usano termini come “biodiversità” o “ecosistema”, perché è la mancanza di conoscenza scientifica – e anche un po’ di dolosa volontà politica, soprattutto nell’utilizzo cosciente di formule o passaggi poco chiari o mal interpretabili all’interno di normative – che ha permesso alla Giunta Fontana di approvare leggi scellerate come quella sull’equiparazione fra mulattiere, sentieri e strade agro-silvo-pastorali o in Piemonte la riqualificazione urbana intesa come ulteriori colate di cemento.
Può essere vero che l’opposizione in Regione non si sia mossa in tempo, ma è anche vero che in questi anni sono state spesso le folli politiche della destra al potere a distruggere ettari di ecosistemi, dalla follia della Pedemontana a quella della BreBeMi, fino alle decine di capannoni per la logistica dell’e-commerce nate senza troppo clamore durante il periodo pandemico.

I contenuti del libro, che partono da una riflessione scientifica per andare poi a quella culturale di più ampio respiro (in grado di abbracciare molteplici aspetti della vita terrestre, non per forza dal punto di vista antropocentrico), sono quindi stati lungamente spiegati e anche dibattuti.
Il confronto he ne è seguito è stato piuttosto acceso, con interventi da parte di esponenti politici (dal Pd ai Cinque Stelle, nel silenzio della maggioranza di destra marianense, che, seppur presente – avendo per altro il comune concesso il patrocinio all’iniziativa – non è intervenuta) e delle associazioni ambientaliste più focalizzati sulla situazione vicina a Mariano Comense, e stoccate (provocatorie quanto basta per instaurare una riflessione costruttiva) da parte del professore in risposta: si è più volte chiesto come mai nessuno dei consiglieri di opposizione lo avesse mai chiamato – insieme ad altre/i colleghe/i esperte/i del settore – da quando ha iniziato a emergere già gravissimo il problema nel 2014, ma non solo; a chi parla di una pur giusta e positiva «mobilità a propulsione muscolare» ribatte che può essere una soluzione «solo se non diventa angioplastica; la prima forma di mobilità sostenibile è l’eliminazione in maniera drastica delle auto», ribadendo ancora la necessità di un cambiamento di bisogni radicale e su una scala più ampia di comuni e province.

Per questo l’auspicio condiviso da tutte e tutti a conclusione della serata è quello che le associazioni ripartano dalla formazione culturale e scientifica di persone e dall’educazione di e alla politica: solo così si potrà davvero far diventare l’ecologia patrimonio culturale comune sia delle prime che della seconda. [Dario Onofrio e Sara Sostini, ecoinformazioni]

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