beCOMe/ Fitoussi (in video) Magatti e Bonomi (dal vero) spiegano la crisi
La sala Scacchi della Camera di Commercio, abbastanza gremita da un pubblico attento e “importante”, con in prima fila sindaco, assessori e presidente della Camera di Commercio, nonché esponenti del mondo imprenditoriale, politico e del volontariato, è il primo “luogo dove creare nuove alleanze” secondo l’invito/programma della tre giorni beCOMe.
L’apertura dell’edizione 0 (come ormai si usa dire) di beCOMe è dedicata a un’analisi a tutto campo dei meccanismi della fase di inizio millenio. Che non si tratti di una “semplice” crisi ormai è noto. Su questo concordano tutte le analisi ascoltate nel corso della lunga serata. Ma la mole di segmenti di analisi, di definizioni, di esemplificazioni è tale che non è facile darne non si dice un resoconto, ma quasi anche una più semplice mappa.
“Transizione”, “metamorfosi”, “cambio di paradigma” sono le parole maggiormente utilizzate per definire quello che è successo negli ultimi anni (almeno a partire dal 2008, ma anche prima) e che ancora succede.
Fitoussi, in una lunga videointervista [guardala sul sito di beCOMe] realizzata nei giorni scorsi in sostituzione della sua prevista partecipazione poi cancellata per altri inderogabili impegni, coniuga una moderata speranza nelle capacità della politica di rispondere ai gravi problemi della fase con alcune indicazioni molto semplici. “Il rapporto tra debito pubblico e Pil si può migliorare in due modi: riducendo le cifre assolute del primo oppure aumentando il secondo” chiarisce e poi aggiunge che il Pil ormai non è più un adeguato misuratore della ricchezza delle nazioni, ma che bisogna necessariamente considerare (e quindi valorizzare) le qualità della vita: il capitale umano, il capitale sociale, il capitale naturale e così via. Le politiche di austerità hanno lavorato solo sulla riduzione del debito pubblico in assoluto, mentre è ora di lavorare sull’espansione dei diversi capitali che fanno la ricchezza delle comunità. Con la consapevolezza – sottolinea – che questa fase sta approfondendo ulteriormente le disuguaglianze e che esiste una soglia di “sostenibilità” di queste, che si sta rapidamente avvicinando, oltre la quale i rischi per la democrazia diventano incombenti.
Aldo Bonomi è meno ottimista sulla politica, e propone un modello di spiegazione della “crisi” che parte dal salto di paradigma a cavallo del secolo. A questa situazione si è risposto con diverse ideologie: il modello che sostiene che il capitalismo novecentesco ha fallito e che l’unica soluzione è la “decrescita felice”; il modello che, negando il funzionamento dell’austerità, rifiuta di riconoscere il debito; il modello secondo cui, se si mettono in campo le tecniche giuste, si può tornare “come prima”; e il modello secondo cui la metamorfosi in atto costringe a pensare a un nuovo modello di sviluppo. Senza mezzi termini, Bonomi si spende per quest’ultima ipotesi, identificando il nuovo, possibile modello di sviluppo nella definizione – per quanto ancora un po’ sfuggente – di green economy.
Mauro Magatti trova che la definizione di green economy sia riduttiva e ripropone il modello della nuova prosperità, che campeggia nel sottotitolo della manifestazione comasca, che – come spiegherà alla fine della serata – secondo lui significa che bisogna cambiare l’equazione dello sviluppo novecentesco secondo la quale crescita economica = consumo; aderendo a questa proposta di nuova prosperità solo le società che investono su loro stesse (cioè sul miglioramento della qualità della vita) creano le condizioni per sostenere il consumo.
Per tutti non c’è sviluppo senza giustizia sociale.
In mezzo a tante analisi di grande respiro non manca qualche ragionamento sulla situazione locale.
Aldo Bonomi argomenta su come, a suo parere, siano scomparsi i “distretti” su cui si fondava la “vecchia” economia, sostituiti da situazioni assai più complesse in cui si riconoscono “avanguardie agenti” (i settori in grado di rinnovarsi: turismo, ricerca, università, design…), i motori immobili (il nocciolo duro delle realtà incapaci di rinnovarsi, per le quali servono le politiche pubbliche) e i falliti (per cui bisogna riuscire a delineare un nuovo welfare e politiche di solidarietà).
Una città come Como, a partire dalla consapevolezza di questa situazione, deve riuscire a mobilitare tutti i soggetti, deve imparare a percepirsi in orizzontale (senza più un riferimento di comodo alla centralità di Milano), a riposizionarsi sull’asse della città infinita (quell’agglomerato urbano che va dalla pianura lombarda alle alpi svizzere), a riscoprire e a costruire nuove alleanze.
Gli elementi di riflessione non mancano di certo; manca invece, forse, qualche elemento di analisi sul fatto che per i più la crisi non è molto metamorfica, né tantomento metaforica.
Comunque, per approfondire questo rapido sunto, presto on line sul canale di ecoinformazioni tutti gli altri video di Valentina Rosso degli interventi della serata. [Fabio Cani, ecoinformazioni]
Videointervista Fitoussi [guardala sul sito di beCOMe]