Kabul

Un medico anestesista rianimatore di Emergency a Kabul: sostenere chi aiuta popolazioni in difficoltà

Accade che anche le tragedie smettano di essere “di moda” e il circo mediatico (anche quello spesso a esso sottoposto dei social) dimentichi e abbandoni persone, territori continenti.  Ma per quelle persone, per quei territori, per quei continenti continua l’azione degli attivisti internazionali come i volontari di Emergency. Si tratta di azioni concrete vitali, eccellenze italiane di umanità e professionalità, esempi che fanno risaltare l’evidenza della necessità di un “aiutiamoli a casa loro” di senso opposto al blaterare violento e razzista che è governo in Italia. Un testimonianza per ricordarsi che sostenere Emergency e le ong che si occupano di limitare i danni che le politiche coloniali, neocoloniali, imperialiste e rapaci dei paesi ricchi sempre più animano determinando morte, regimi autoritari, povertà, devastazioni ambientali, fuga da territori che sono stati depredati e oppressi per interessi privati di gruppi di potere privi di scrupoli e umanità. (altro…)

Le quattro stagioni di Kabul

La Winter Academy  si è chiusa  con un Concerto speciale presso l’Istituto Francese d’Afghanistan di Kabul.  L’orchestra giovanile afghana ha eseguito le Quattro stagioni di Vivaldi nell’arrangiamento di William Harvey. Sitar, sarod, rubab, tabla e ghijak hanno dialogato con violini, violoncelli, clarinetti e trombe, e il sette ottavi si è alternato con il quattro quarti. Leggi il seguito dell’articolo e guarda la galleria di foto di Adriana Mascoli sul blog Noidaloro.

Pace e informazione insieme

paceLa Tavola della Pace con il documento “Morte a Kabul. Le espressioni di cordoglio, di solidarietà e di vicinanza non bastano più” afferma che «è giunto il tempo di cambiare strada. Pace e informazione sono due beni fondamentali a rischio».

A seguito della strage di Kabul, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace ha diffuso la seguente riflessione: «Mi unisco al dolore dei familiari dei soldati italiani e di tutti i civili innocenti uccisi oggi a Kabul. Non sappiamo ancora quanti sono. Di molti non sapremo mai neanche il nome. Sappiamo solo che i loro corpi sono stati dilaniati da una bomba nel centro della capitale dell’Afghanistan. L’ennesima bomba per l’ennesima strage. Seduto davanti alla tastiera del mio computer sento che nessuna parola, nessuna espressione riesce a dire quello che i miei occhi esprimono con le lacrime. E chiudendo gli occhi, vedo chi, proprio in questo momento sta piangendo, con disperazione, i corpi straziati dei propri cari.
Ma non è che l’ennesima volta. E allora sento che le espressioni di cordoglio, di solidarietà e di vicinanza non bastano più. E mi domando: Come possiamo tollerare che queste cose accadano? Come possiamo fingere di non sapere che queste stragi in Afghanistan, sono cosa di tutti i giorni? Che questa storia continua da ben otto anni senza aver risolto uno solo dei problemi che pretendeva di risolvere?
Il dolore che oggi unisce tanti italiani ci deve spingere a fare qualcosa per fermare e non per continuare a combattere questa guerra.
Il dibattito non può essere, ancora una volta, sulle iniziative da assumere per aumentare la sicurezza dei nostri soldati ma sulle iniziative che dobbiamo assumere per mettere fine a questa guerra e per aumentare la sicurezza degli afghani. Invece di continuare con i bombardamenti dei Tornado che fanno stragi di civili innocenti, forse è giunto il tempo di cambiare strada.
La società civile italiana e la Tavola della pace hanno avanzato da tempo precise proposte sia ai responsabili della politica che al mondo dell’informazione. Ma il silenzio è assordante.
È tempo che anche in Italia, come accade negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, si discuta in modo chiaro e aperto su quello che l’Italia e gli altri paesi della coalizione stanno facendo in Afghanistan. È tempo che si faccia un bilancio serio e rigoroso degli otto anni di guerra che ci stanno alle spalle e del disastro che hanno provocato. È tempo che si discuta cosa l’Italia deve fare per aiutare gli afgani ad uscire da questa trappola mortale. Lo deve fare immediatamente il Parlamento. Lo deve fare la politica. Ma lo deve fare anche l’informazione e la Rai, servizio pubblico, che non ha mai organizzato un solo serio dibattito per aiutare gli italiani a capire cosa è accaduto, cosa sta succedendo e come si può fare per evitare di continuare a piangere inutilmente.
Anche per questo avremmo partecipato alla manifestazione per la libertà d’informazione del 19 settembre e ora rinviata per la strage di Kabul. Perché pace e informazione sono due beni fondamentali a rischio. Perché la pace si nutre di un’informazione e di una comunicazione libera, attenta al bene comune, vicina ai diritti e bisogni della persona e rispettosa della sua dignità. Perché senza un’informazione di pace non c’è neanche una politica di pace. La manifestazione di Roma per la libertà d’informazione che verrà presto riconvocata [fissata per il 3 ottobre n.d.r.] dovrà ricordarlo a tutti».

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