Manifesto per uno statuto dei lavoratori

801048-caporalato.dLe organizzazioni sindacali e patronati di Italia e Svizzera (Cgil, Cisl, Uil, Acli, Unia e Ocst) hanno presentato martedì 19 febbraio il Manifesto dei lavoratori frontalieri ai candidati delle prossime elezioni nazionali e regionali del territorio

Ogni giorno in Italia 80mila lavoratori attraversano i confini per andare a lavorare: sono i frontalieri, le cui particolari condizioni di vita e di lavoro – a cavallo di due Paesi – li rendono misconosciuti ai più e, a seconda dei momenti e delle circostanze, diventano talvolta oggetto di grosse campagne mediatiche oppure cadono nel più completo dimenticatoio. Il fenomeno, nelle sole province di Como (14mila) e Varese (16mila), interessa più di 30mila lavoratori, e il Canton Ticino, considerando anche la provincia di Sondrio (4mila) e i lavoratori che risiedono oltre la fascia di 20 chilometri dal confine, è il più grande datore di lavoro della Lombardia. Una presenza rilevantissima eppure non riconosciuta sotto il profilo giuridico, non esistendo una visione unica e condivisa sul quadro di diritti e doveri che disciplini queste persone.
Per questo motivo organizzazioni sindacali e patronati di Italia e Svizzera (Cgil, Cisl, Uil, Acli, Unia e Ocst) hanno presentato questa mattina il Manifesto del lavoratori frontalieri ai candidati delle prossime elezioni nazionali e regionali del territorio: un impegno formale a realizzare al più presto un tavolo permanente di confronto con il Governo, con l’obiettivo preciso di predisporre l’impianto di uno Statuto dei lavoratori frontalieri attraverso il diretto coinvolgimento delle Associazioni Sindacali e dei Lavoratori dei territori di confine. Uno Statuto che diventi il punto di riferimento, per chiunque governi, per portare avanti negoziati internazionali in grado di produrre accordi bilaterali con i Paesi di confine che prevedano specificatamente una disciplina del lavoro frontaliero. «Chiediamo un Tavolo nazionale di discussione che coinvolga sindacati e patronati – ha spiegato Raimondo Pancrazio, segretario generale Uil frontalieri , introducendo l’incontro – per stabilire le norme che riguardano questi lavoratori. Occorre affrontare il problema del trattamento fiscale, sempre un po’ incerto e indisciplinato; serve quindi un coordinamento per il sistema degli ammortizzatori sociali, come dimostrano i più recenti problemi sul trattamento di disoccupazione e, infine, chiediamo in generale una maggiore attenzione al mercato del lavoro frontaliero e mirate politiche attive».
«L’interesse di Unia – ha ricordato Sergio Aureli, rappresentante del sindacato svizzero – è quello di tutelare l’economia del territorio, e per questo occorre dare un’identità ai lavoratori frontalieri . Il trattamento di disoccupazione, ad esempio, ha permesso di combattere efficacemente il dumping salariale, perché con un’indennità di disoccupazione importante il lavoratore poteva permettersi di rifiutare lavori sottopagati. Chiaro che se questo meccanismo non funziona più, partirà una corsa al ribasso sui salari. Questo è anche il motivo per cui stiamo raccogliendo le firme per un referendum che adotti i 4mila franchi come minimo salariale di legge». Concorda Luisa Seveso, Acli Como: «Non va bene dover sempre rincorrere i problemi. Occorre un tavolo permanente per affrontare i problemi man mano che si presentano. Con l’introduzione dell’Aspi, ad esempio, i patronati non possono inviare le domande di disoccupazione dei frontalieri all’Inps perché non sono previsti come categoria di lavoratori. È ovvio che sono in atto enormi cambiamenti , è necessario parlarne insieme e ragionarci sopra in maniera condivisa».
Ha concluso infine Franco Stasi, segretario generale della Camera del Lavoro di Varese: «Il tema dei frontalieri non può essere scollegato dal resto. A Varese, soltanto a gennaio abbiamo registrato 806 licenziamenti, che si aggiungono agli 8mila lavoratori licenziati iscritti alle liste di mobilità. Abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 35%, mentre quella media è sopra l’8%. È imprescindibile collocare la vicenda frontalieri dentro un contesto di crisi di carattere generale, e su questo argomento abbiamo sempre registrato un consenso generale. Chiediamo quindi a tutti i candidati di tornare con urgenza, dopo le elezioni, su questo argomento, per sensibilizzare la politica e il governo a livello nazionale. Il segnale che stiamo lanciamo questa mattina è che occorre ricordarsi di questa problematica non soltanto in campagna elettorale; creare sensibilità oggi, perché di fronte alle scadenze elettorali, non è sufficiente. La presenza di tanti candidati questa mattina ci fa ben sperare».
Dei molti candidati presenti all’incontro di questa mattina a Villa Braghenti hanno poi sottoscritto il Manifesto dei frontalieri: Daniele Marantelli (Pd), Jimmy Pasin (Pd), Claudio Brovelli (Etico a sinistra), Fabrizio Taricco (Pd), Alessio Butti (Pdl), Fabio Fedi (Fratelli d’Italia), Michela Barzi (Etico a sinistra), Raffaele Cattaneo (Pdl), Vincenzina Marchesin (Pd), Cinzia Colombo (Sel), Maria Sole De Medio (Lega nord), Titti Di Salvo (Sel), Tino Magni (Sel), Andrea Calori (Patto civico Ambrosoli), Attilio Stellini (Udc), Giovanni Martina (Etico), Alessandro Milani (Italia dei Valori), Chiara Braga (Pd), Alessandro Vedani (Lega nord), Francesca Brianza (Lega nord).

 

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