
Medici con l’Africa/ Per salvare mamme e bambine restituire all’Africa il maltolto
Venerdì 21 febbraio in biblioteca a Como, con il patrocinio del Comune di Como e dell’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Como, l’associazione Medici con l’Africa ha presentato il Progetto Prima le mamme e i bambini. Per presentare il tema sono intervenute due relatrici con anni di esperienza nel campo sanitario in Italia e in Africa: Maria Luigia Marzorati, ostetrica, e Patrizia Morganti, ginecologa. Sul palco anche Italo Nessi e Roberto Riedo, presidente e vicepresidente del sodalizio. Negli interventi è stata illustrata la situazione drammatica della sanità nel continente e sono state presentate alcune possibili vie di soluzione.
Il gruppo locale dell’associazione è stato creato da un gruppo di medici comaschi che avevano già vissuto esperienze di volontariato in Africa. Realizza iniziative a Como, dove organizza convegni e seminari di carattere informativo, collabora con la Caritas di Como e con enti pubblici per risolvere problemi socio-sanitari e aderisce al Coordinamento comasco per la Pace. In Africa manda personale sanitario e dà contributi per realizzare progetti per la salute in Angola, Etiopia, Mozambico, Kenya, Rwanda, Sudan, Tanzania, Uganda.
In Africa non esiste sviluppo se non c’è una donna che può usufruire dei diritti fondamentali. L’obiettivo del progetto è migliorare la vita della donna gravida. Non è un problema da poco, anzi è una vera emergenza. Basta citare dei numeri.
Perché “prima le mamme e bambini”? Perché le mamme in età fertile e i bambini sotto i 5 anni costituiscono il 40 per cento della popolazione totale africana. Se consideriamo le mamme in età fertile e i bambini sotto i 14 anni la percentuale sale al 60 per cento. E poi perché le donne sono il 70 percento della forza lavoro e producono l’80 per cento del cibo. Agire per loro significa quindi lottare per il futuro.
Il ruolo della donna in Africa è fondamentale: mette al mondo i figli, li educa, coltiva nei campi per nutrirli, vende i prodotti della terra per mantenerli. Senza la mamma i bambini non vivono a lungo. Su 17 bambini senza la mamma, dopo un anno ne rimangono in vita solo 5.
Perché è emergenza? Ogni due minuti, 760 donne rimangono gravide; di queste 760, 266 non lo volevano. Ogni due minuti 44 di loro hanno problemi durante la gravidanza, e sempre ogni due minuti più di una donna muore. E quando muore? Durante il parto.
Ancora oggi in Africa molte mamme e molti bambini muoiono perché non hanno a disposizione servizi sanitari adeguati. Di cosa muoiono? Emorragia, ipertensione, Sepsi, aborto clandestino, embolo. Dove? Il 40 per cento muore a casa prima di andare in ospedale, l’8 abita lontano dagli ospedali e deve affrontare viaggi di qualche ora per arrivarci, a piedi. Il 37 per cento muore arrivata in ospedale e il 15 per cento dopo il ricovero.
Come aiutarle? Fornendo strutture sanitarie periferiche, operatori di salute comunitaria che ha conoscenze e farmaci di base e che dà consigli e indicazioni per mantenere l’igiene nel villaggio; e una clinica mobile nel villaggio che avvisi del suo arrivo e che offre visite ai bambini e le mamme. Non sempre però queste sono d’accordo a farsi visitare. L’obbiettivo è convincerle a partorire dove c’è personale qualificato, al sicuro.
La maggior parte delle madri muore durante la gravidanza, altre entro 45 giorni dal termine di questa. Inoltre c’è il problema delle gravidanze nelle adolescenti, addirittura dagli 11 anni, e dell’aborto fatto di nascosto, perché per esempio in Tanzania le ragazze gravide sono obbligate ad abbandonare gli studi. Per risolvere questa situazione l’idea è intervenire prima della gravidanza, assistendo le bambine a partire dall’età fertile, ossia 12 anni. Bisogna preparare la salute della bambina, tenerla controllata garantendole l’accesso alle visite gratuite dal medico, renderla consapevole dei rischi, convincerla di avvalersi di personale qualificato che l’assista durante il parto e in un luogo sicuro, non a casa propria, per dare così alla luce un bambino che possa essere a sua volta assistito al meglio.
A questo proposito consiglio vivamente la visione del video The clock is ticking del movimento Girl effect, che raccontando la vita devastata dalla povertà di una donna con semplici frasi e disegni rende chiaro il problema, e l’eventuale lieto fine.
I rimedi a queste emergenze sono innanzitutto educare la comunità sul parto, formare personale qualificato, fornire materiale pulito e sterile, farmaci, e avere organizzato il trasporto dalle zone periferiche ai centri sanitari.
Gli argomenti trattati sono stati esplicati attraverso foto, diapositive e racconti recitati dal vivo per coinvolgere il pubblico. Le relatrici hanno spiegato tutto in modo spontaneo e partecipato, coinvolgendo il pubblico.
Alla domanda «Gli africani come guardano all’Occidente? E perché vi dedicate al volontariato in Africa?», le relatrici hanno risposto che le persone africane vedono l’Europa come un mondo “magico”, quasi idilliaco, ma l’Occidente porta via dall’Africa forza lavoro, materie prime. Quello che possono fare i volontari è restituire.
Un concetto che è stato ribadito più volte nell’incontro è che quando un volontario sanitario va in Africa non va a dare servizio “per” le persone in Africa, ma per lavorare “con”, insegnando e imparando al contempo, perché solo lavorando in sinergia con gli altri si riesce a portare a termine qualcosa di utile. Le relatrici sono riuscite a trasmettere la gioia che hanno provato nel trascorrere momenti di formazione in cui ci si confrontava con le tecniche tradizionali delle ostetriche africane e quelle dei medici italiani, e la gravità e la tristezza di altri momenti. Nella sala conferenze della biblioteca aleggiava un’atmosfera di condivisione e solidarietà per il lavoro svolto da tutto il personale sanitario che opera in Africa. Entrambe hanno letto poesie che sono state anche distribuite ai presenti Ecco un breve estratto dell’ultima che è stata letta, dedicata alla donna africana: «E vai/ Avanzi maestosa più che regina/ E nei tuoi occhi/ Riflessa sta una forza a te solo conosciuta/ Poi prima che spunti il sole, riprendi il cammino anticipando l’alba/ Generando autore/ Inventando futuro./ E vai/ Carica di sogni e popoli/ Riflessi nei tuoi occhi dolci di madre d’Africa/ E ostinata custode dell’umanità».Libro consigliato: Dambisa Moyo, La carità che uccide [Rizzoli, 2010, pagg. 266, 5,90 euro]. [Clara Chiavoloni, ecoinformazioni]