18 ottobre/ Per la Palestina manifestazione a Varese

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Il Comitato varesino per la Palestina e il gruppo Radici dell’olivo invitano a partecipare alla marcia per il popolo palestinese che si svolgerà a Varese domenica 18 ottobre dalle 15 con partenza da piazza XX settembre. Leggi il testo della lettera diffusa dagli organizzatori.

«Per favore ci date una risposta?

Gentile signora, egregio signore, chiediamo a lei.

La domanda è semplice: perché se un negoziante spara a un ladro o a un rapinatore che fugge con un magro bottino riceve attestati di solidarietà e stima e qualcuno lo chiama eroe ed invece quando un Palestinese difende la propria casa, la propria terra, i propri familiari dai soldati e dai coloni israeliani (Nota importante in forndo) tutti lo condannano e lo chiamano “terrorista”?

Diteci: che cosa devono fare i Palestinesi perché il mondo si accorga delle loro ragioni ed intervenga in loro aiuto?

-Perché le menzogne di Israele trovano così ampio spazio su giornali e TV?

-Perché nessuno usa mai la parola “occupazione” per ricordare la semplice verità di un popolo espropriato della propria terra e della propria storia?

-Perché ad Israele tutto è sempre concesso?

-Perché invece nulla è concesso ai palestinesi? Hanno provato tutto:

– hanno lanciato pietre contro i carri armati per anni

– hanno attaccato con armi soldati e coloni armati, talvolta suicidandosi nell’azione

-hanno provato a dirottare aerei

-hanno provato a sequestrare una nave

– in carcere si sono lasciati morire di fame

-hanno opposto resistenza passiva mentre le ruspe gli abbattevano le case o gli olivi

– sono scesi in massa nelle strade per manifestare la loro disperazione e la loro rabbia per il silenzio del mondo

Che cos’altro devono fare? Vengono uccisi mentre zappano ,mentre pescano, mentre vanno a scuola, mentre dormono, mentre avviano un generatore con cui far funzionare un computer per poter gridare al mondo “Ma dove siete?”

Nour Rasmi Hassan aveva 30 anni, era incinta di 5 mesi ed aveva una figlia di due anni, Rahaf Yahya: sono rimaste sotto le macerie della propria casa bombardata dagli aerei israeliani. Loro sì, come tanti altri, sono vittime “civili” e non certo i coloni che girano armati di fucili mitragliatori.

Ora i Palestinesi, dopo essere stati derubati, imprigionati, uccisi, usati come cavie per le armi sperimentali, non possono neppure andare a pregare nella loro più sacra Moschea.

Qualcuno si è armato di coltello. Tu che lo condanni, dicci: che cosa deve fare? Deve arrendersi, andarsene, lasciare quella casa che la sua famiglia ha abitato per secoli? E dove deve andare? Per mare, per terra? Per trovarsi davanti un altro muro o altro filo spinato?

Noi gli abbiamo detto di rimanere, di difendersi, di resistere. Lei, gentile signora; lei, egregio signore, che cosa gli dice? Che cosa propone?

Nota importante

Lo stato di Israele ed i cittadini israeliani non vanno confusi con gli ebrei e la religione ebraica. Ci sono sparse nel mondo milioni di persone di religione o di ascendenza ebraica, ma la grande maggioranza di loro non vive e non vota in Israele;  molti di questi ebrei non sono d’ accordo con le politiche israeliane, e parecchi addirittura si vergognano e si arrabbiano per i crimini che gli israeliani commettono contro i palestinesi  usando la religione ebraica come copertura ed approfittando dello sterminio nazifascista degli ebrei europei per accusare di antisemitismo chi osi criticarli. E costoro si dissociano dai crimini di Israele gridando ” Non in mio nome!” per non esserne complici. [Comitato varesino per la Palestina e il gruppo Radici dell’olivo]

 

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