La cattiva alternanza della cattiva scuola

Il 13 ottobre migliaia di studenti in tutta Italia hanno scioperato contro l’alternanza scuola lavoro promossa dalla Buona scuola. Dai nati nel 1999 in poi, i giovani sono obbligati a raggiungere in tre anni un monte ore elevatissimo in “formazione” al di fuori degli edifici scolastici, 400 per istituti tecnici e professionali, 200 per licei, per poter sostenere l’Esame di Stato. Anche a Milano molte ragazze e molti ragazzi, arrivando da diverse città della Lombardia, sono scesi in piazza per chiedere un sistema di alternanza più giusto. Il corteo ha sfilato pacificamente nel capoluogo, coinvolgendo lungo il percorso anche dei lavoratori. 

Infatti l’alternanza colpisce direttamente chi è tutti i giorni sul posto di lavoro. In questi due anni di Buona Scuola numerose aziende hanno sostituito i propri tecnici e i propri impiegati con mano d’opera gratuita: gli studenti. Non retribuiti, milioni di ragazzi si occupano delle mansioni più disparate e raramente educative come fotocopiare, preparare caffè, friggere patatine… ad esempio McDonald ha stretto un patto con il Miur, accaparrandosi così una bella fetta di studenti da mettere al banco piuttosto che a scaldare hamburger, sbarazzandosi di numerosi lavoratori stipendiati. Oltre a non avere nessuno scopo didattico, alcuni studenti sono incaricati di compiti anche pericolosi: a La Spezia un ragazzo è stato investito da un muletto sul quale era a bordo, fratturandosi una gamba. Insomma, un sistema profittevole per le aziende che non si preoccupano dei normali diritti, calpestando le tutele ed estromettendo dal processo di costruzione gli studenti. Inoltre le spese a carico del singolo spesso raggiungono prezzi altissimi tra trasporti e pasti.

Oltre agli studenti sono anche gli insegnanti ad essere in difficoltà. Con un numero così elevato di ore passate in alternanza e i tagli effettuati alla scuola pubblica, diventa un’impresa portare a termine i programmi e costruire un iter efficiente per la maturazione critica e umana individuale. I licei, per di più, non hanno mai organizzato questo tipo di percorsi e faticano a trovare luoghi dove far frequentare l’alternanza. Essendo poi così tanti, 10mila in provincia di Como, gli studenti sono costretti ai salti mortali per scovare dei luoghi liberi da colleghi, finendo molto e sempre più spesso in situazioni che poco o niente hanno a che vedere con la formazione e i loro studi.

Perché allora gli studenti manifestano per un cambiamento delle regole dell’alternanza e non per la sua abolizione? Perché l’idea di fondo è utile, ma con le norme attuali impraticabile; i pochi che sono riusciti ad ottenere una buona condizione in alternanza sostengono che sia stata un’esperienza ricca ed interessante, aggiungendo che un pagamento, anche simbolico, é giustamente gradito.

L’Unione degli studenti cittadino vuole aprire uno sportello sull’alternanza, raccogliendo le testimonianze, aiutando i ragazzi a capire come intervenire nelle situazioni limite e a stendere le relazioni che seguono il periodo lavorativo. Una solidarietà orizzontale fondamentale dato che sovente nessuno segue propriamente studentesse e studenti in questa fase.

Nella legge di bilancio 2018 sono previsti nuovi sgravi alle aziende che assumono in alternanza scuola lavoro, il Governo ascolta le richieste di Confindustria piuttosto che quelle dei duecentomila studenti medi scesi in piazza il 13 ottobre, rendendo l’alternanza scuola lavoro sempre più conveniente per le imprese e sempre meno per i ragazzi. [Alice Rossi, ecoinformazioni]

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