
25 aprile/ Uno dei mille papaveri rossi/ cronache dalla festa
Festa d’aprile: nonostante tutti i problemi, nonostante tutti i dubbi, nonostante tutte le doverose cautele, questa mattina, facendo un giro per i luoghi che a Como ricordano la Resistenza e la Liberazione, l’aria di festa era reale.
Un giro in città, nel corso della mattina, serve a rendersi conto di come sta andando. Comincio dal Cimitero, dove la tomba-monumento dei partigiani (il “primo” monumento alla Resistenza comasca, inaugurato nel 1955) è già arricchita non solo della corona d’alloro della Città di Como, ma anche da altri fiori, portati dalla Sezione Anpi di Como e da anonime mani di cittadine e cittadini. Vicino al monumento staziona, in attesa del sindaco, il gonfalone della città e un gruppo di vigili urbani in alta uniforme. Una persona chiede: «Ma cosa c’entra la festa della repubblica con il cimitero?». Mi avvicino, rispondo: «Della Liberazione, signora, della Liberazione… Quella della Repubblica è il 2 giugno. Nasce anche quella da questa, ma prima viene questa». «È vero, è vero, mi scusi, mi confondo… ma sa sono un po’ forestiera». Le mostro la tomba-monumento, e poi anche la lapide ai deportati della Tintoria Comense, a cui si dimostra molto interessata, perché «Mio padre lavorava nel settore, aveva una piccola ditta…». Fatto il mio dovere di “guida”, proseguo il giro.
Le lapidi dei partigiani fucilati in viale Innocenzo XI, di Pier Amato Perretta nella piazza omonima e di Massenzio Masia sul muro dello stadio, nella via omonima, hanno tutte la loro corona (quest’anno persino la corona destinata a Masia è collocata nel luogo giusto, mentre gli anni scorsi capitava di trovarla sotto la targa toponomastica all’angolo con via Fratelli Rosselli), e tutte hanno qualche fiore in più, omaggi ancor di più “pubblici” che privati.
Al Monumento alla Resistenza Europea, con tutte le dovute cautele, ma ben più che in forma “strettamente privata”, c’è un gruppo abbastanza nutrito di persone che aspetta l’inizio della cerimonia ufficiale. La corona della Città è già lì, così come molti fiori: piccoli vasi, mazzi, fiori singoli; la targa dedicata agli “schiavi di Hitler”, forse perché più facilmente raggiungibile, forse perché meno “monumentale”, ne è quasi completamente ricoperta.
Poi le autorità onorano ufficialmente il monumento e la memoria della Resistenza, davanti alla lastra iscritta rivolta alla diga foranea e davanti alla targa dedicata agli schiavi di Hitler. Intanto io giro verso un’altra delle grandi lastre di acciaio, quella su cui è scritta la frase dell’avvocato Pier Amato Perretta, comasco d’adozione, scelta a rappresentare, nel contesto della Resistenza europea, l’Italia intera: «Questa tremenda esperienza avrà giovato a qualche cosa? S’impone una rieducazione profonda e costante, altrimenti nemmeno questa lezione servirà». È tratta da una lettera al figlio Giusto, scritta quando il fascismo, dopo il 25 luglio, era caduto una “prima” volta. Non so immaginare se e quante volte, durante i mesi dell’azione clandestina, prima di essere ferito a morte alla fine del 1944, questa frase possa essere ritornata alla mente di Pier Amato Perretta. Certo non la dovremmo dimenticare noi, nemmeno a distanza di 76 anni dalla Liberazione.
Un piccolo regalo alla Memoria resistente, un papavero rosso, è spuntato, proprio oggi, con tutto l’affetto dovuto, sulla corona ufficiale della Città di Como. Uno dei mille. [Fabio Cani, ecoinformazioni]