
L’industria della sicurezza inadeguata

«Nella ricerca delle cause che determinano i gravissimi infortuni sulle macchine industriali come quello recente di Prato, è oramai chiaro che quella principale è l’inadeguatezza dei dispositivi di sicurezza.
Inadeguatezza derivante da:
– macchine non regolamentari, erroneamente acquistate dai datori di lavoro e non verificate prima della messa a disposizione dei lavoratori, come richiesto dalla legislazione vigente (artt. 70 e 71 D.Lgs. 81/2008). Giova ricordare che la marcatura CE, pur obbligatoria per l’acquisto, di per sè non è garanzia di sicurezza
– dispositivi di sicurezza modificati o disabilitati dal datore di lavoro. Da anni le macchine sono realizzate in modo da non consentire tecnicamente l’agevole manomissione da parte dell’utilizzatore. Possono essere effettuate solo da personale specializzato, ovviamente dietro richiesta/tolleranza del datore di lavoro (mi hanno riportato addirittura notizie di manomissioni da parte del tecnico installatore). Ma anche qualora le manomissioni fossero eseguite dagli utilizzatori medesimi, la conseguente condizione pericolosa non dovrebbe sfuggire al datore di lavoro, in quanto spetta sempre a lui la predisposizione di procedure di controlli costanti per garantire la sicurezza delle macchine. È da tenere presente comunque che, il più delle volte (come nel caso di Prato, così come sembra ormai accertato) il risultato delle disabilitazioni è palesemente evidente.
Che fare, quindi?
Se le aziende da verificare da parte degli organi competenti (Operatori della Asl/Ats, Ispettori del lavoro, Carabinieri), sono troppo numerose per essere visionate (anche a causa della scriteriata scelta politica di forte ridimensionamento degli organici (Asl/Ats in primis), in attesa degli adeguati interventi della politica (se mai verranno), e del “ravvedimento spontaneo” dei datori di lavoro (se mai avverrà) le prime istituzioni non formali che possono concretamente agire all’interno delle aziende sono le Associazioni di categoria datoriali (Confindustria, Confartigianato, Cna). Le quali potrebbero/dovrebbero inserire, negli impegni di adesione, la richiesta della garanzia del rispetto della legislazione (richiesta pleonastica, ma necessaria) e successivi periodici controlli informali, come già avviene nel settore edile, con i comitati paritetici territoriali, minacciando le aziende inadempienti di sanzioni fino alla espulsione dall’associazione. Tale atteggiamento punitivo dovrebbe avvenire sia a tutela stessa del nome dell’associazione, sia essere richiesto dalle aziende aderenti serie, in quanto soggette a concorrenza sleale.
Per ridurre gli infortuni, si tratta quindi solo di volontà». [Giuseppe Leoni per ecoinformazioni]