
Cena palestinese/ Non dimentichiamo
L’annuale appuntamento della tradizionale cena palestinese Humussiamo insieme si è tenuto nella serata di sabato 3 luglio a Tremezzina. Occasione di incontro per mettere la Palestina sotto l’attenzione attraverso il cibo, la convivenza, le riflessioni e la cultura.
In Palestina anche la cucina è una forma di resistenza all’occupazione, le tradizioni gastronomiche palestinesi tengono insieme cultura e tradizioni antiche di un popolo, superando e talvolta abbattendo i confini.
Grazie a voci in diretta streaming dalla Striscia di Gaza abbiamo meditato insieme su quali sono i bisogni di una popolazione che è chiusa dentro ad un grande carcere a cielo aperto, su quali sono le necessità dei giovani, dei bambini, delle nuove generazioni che non hanno avuto mai la possibilità di muoversi. Testimonianze che da li dentro ci hanno spiegato con lucidità la quotidiana sofferenza di vivere nella prigione aperta che ci raccontano, voci che cercano di capire queste necessita e di realizzarle insieme attraverso progetti che sono un po’ i progetti della speranza per il futuro della popolazione, che vengono richiesti dagli stessi cittadini e che per loro hanno un’importanza molto grande. «Importanza di essere presi in considerazione – sottolinea Meri Calvelli, direttora del Centro italiano di scambio culturale Vik – si sentono scartati, si sentono non presi in considerazione, non ascoltati nonostante sia una popolazione che comunque studia, ben educata, che lavora, che potrebbe dare molto di più anche al resto dell’umanità, considerando che in qualche modo riescono a resistere nonostante tutte le contrarietà del caso in una situazione assolutamente allucinante, quella di avere un bombardamento o un attacco militare da un momento all’altro. Una popolazione che riesce a resistere dentro questa condizione, che riesce a sognare e ancora a sperare che ci possa essere una soluzione a tutto questo, con tanta resilienza.»


«Di Gaza – afferma Meri con amara ironia – si parla solo quando cadono le bombe e alle bombe ci siamo abituati» Ma può un bombardamento diventare situazione di normalità? Una situazione da accettare? Come fanno queste cose a diventare vita giornaliera? Sarebbe importante quanto necessaria una analisi profonda sull’evidente oscuramento della realtà di oppressione che vive il popolo palestinese da parte dei media e dell’opinione pubblica internazionale e che forse non dovrebbe esaurirsi in considerazioni legate a interessi ed equilibri geopolitici.
Bisogna diffondere consapevolezza sulla realtà dei territori occupati e ricordare che quando si ignora si diventa complici… [Somia El Hariry, ecoinformazioni]
