MIA 2022/ Il futuro è cooperazione e co-sviluppo

Ecoinformazioni era a Cecina, in provincia di Livorno, per la ventottesima edizione di MIA – Meeting internazionale antirazzista di Arci, i giorni martedì 5 e mercoledì 6 luglio. Questa edizione ha visto ventotto appuntamenti, tra dibattiti, formazioni, seminari, focus group, presentazioni di libri e laboratori; senza dimenticare le iniziative culturali e musicali, soprattutto in serata.
Nella prima giornata si sono esplorate numerose tematiche, come quelle discusse nella presentazione Reti e sistemi regionali della solidarietà internazionale: quali scenari per la cooperazione territoriale: le diverse crisi che viviamo ci colpiscono tutte e tutti, dentro e fuori il territorio italiano, e non c’è un modello “magico” d’implementazione universale per uscirne. Come costruire allora soluzioni efficienti?

Playlist interventi MIA/Reti e sistemi regionali della solidarietà internazionale: quali scenari per la cooperazione territoriale

Silvia Stilli (Portavoce Aoi, Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale) introduce il tema che verrà poi discusso nei successivi interventi. Tutto è collegato, la pandemia, siccità, il bruciare della giungla amazzonica, povertà; viviamo in un mondo globalizzato che deve gestire le conseguenze del consumo smisurato. Siamo nel pieno di varie emergenze e dobbiamo cercare di uscirne creando un mondo più giusto, più sostenibile. 

Per creare davvero questo mondo, i successivi relatori puntano alla cooperazione internazionale e ai diversi modi in cui questa ha tentato di fare finora, fallendo, portando al tempo stesso proposte su come evolversi e migliorarsi. Serena Spinelli (assessora della regione Toscana) enfatizza l’importanza di mettere come priorità l’educazione nella cooperazione: «ciò che non vediamo rischia di non esistere», e solo una versione del mondo informata può costruire un mondo di pace.

Sandro Fallani (sindaco di Scandicci e responsabile cooperazione Anci Toscana) anche parla di educazione, ma più specificamente quella necessaria per capire il panorama geopolitico contemporaneo, ogni giorno più complesso. «Una lettura non aggiornata porta a decisioni sbagliate»: sia che si tratti di guerra o potenziale crisi nucleare, ma anche di catastrofe climatica, secondo lui peggiore di tutto il resto. Se infatti l’Europa non prenderà in mano questi cambiamenti, portandoli nella giusta direzione, altri meno preparati lo faranno. 

La discussione generale non può non concentrarsi sulla guerra in Ucraina, sulla quantità di rifugiate e rifugiati fuggiti in altri paesi, sull’impatto di questi movimenti nella situazione climatica internazionale; le proiezioni puntano a tre miliardi e mezzo di rifugiati per la avvenente crisi climatica. Domenico Di Pietro (assessore comunale di Cecina) nomina Mimmo Lucano (presente in serata), come esempio di cooperazione vincente e costruttiva durante il proprio mandato come sindaco di Riace. Di Pietro enfatizza nelle proprie parole l’importanza di riuscire a mantenere i diritti delle e dei rifugiate/i: tanti degli sforzi della cooperazione finora non sono riusciti a garantire un’adeguata assistenza anche dal punto di vista legislativo e umano, e nei pochi casi in cui i diritti effettivamente ci sono– su carta – non si riesce a farli rispettare. Ci vuole una forte collaborazione tra il terzo settore e le istituzioni, una vera cittadinanza attiva. L’Italia potrebbe diventare pioniera e traghettatrice, se prendesse come spunto la propria storia di associazionismo, forte nel territorio. 

Una più concreta proposta per spingere queste idee arriva dalla campagna 0,70 presentata dalla portavoce Ivana Borsotto: inizialmente sviluppata e proposta cinquant’anni fa dall’Italia in sede Onu, e con un obiettivo mai davvero raggiunto, la campagna si proponeva di destinare, con un grande atto di fiducia, il 0,70% del Reddito nazionale lordo in progetti e opere di cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile entro il 2030. In questo momento l’Italia si trova al 0,22%, al di sotto di nazioni sorelle come la Germania, il Regno Unito, la Francia, e il Giappone. «Le soluzioni» sostiene Borsotto «o sono globali o non esistono». La campagna 0,70 avrebbe anche il valore aggiunto di rafforzare la democrazia italiana, perchè per la sua struttura dovrebbe forzare la trasparenza e la partecipazione attiva di cittadine e cittadini in iniziative che rappresentano la nazione all’estero.

Rafforzare la cooperazione come soluzione alla crisi globale non è una risposta perfetta e universale. Oggi ci sono esempi di stati autocratici, ovvero il Nicaragua e l’Ecuador, in cui la presenza di enti internazionali viene mal tollerata o addirittura cacciata via, effettivamente isolando la popolazione e rendendola prigioniera alla mercé del governo senza possibilità di appelli internazionali contro gli abusi.

Ma, senza guardare troppo fuori, ci sono problemi anche in casa propria: Aldo Dessi (presidente Cocois Sardegna, il coordinamento di cooperazione internazionale della regione) non è molto positivo nel presentare la propria regione e il coinvolgimento di essa con i vari enti di cooperazione. «È tutto confinato alla giunta della regione», si lamenta. Gli obiettivi posti nel resto della penisola sono lontani per i sardi, la loro percezione generale rispetto a questi progetti è quella di un lusso che non ci si può permettere. Una politica di co-sviluppo, invece, potrebbe essere una alternativa.
Il cambiamento climatico incide tantissimo nella povertà anche in Italia, non solo all’estero. E se le disuguaglianze si ampliano, aumentano anche i conflitti. Si deve trovare insieme un nuovo approccio, perché quello avuto fino a ora in ambito di cooperazione «è sbagliato, e dobbiamo aver il coraggio di dirlo». «La maniera in cui fin’ora si era intesa la cooperazione» prosegue «è quella di “io, paese ricco”, che so come sono e come si fanno le cose, e mi propongo ad aiutarti a fare tutto bene, a fare tutto come lo faccio io». Tendenzialmente un neocolonialismo mascherato di aiuto e sviluppo, profondamente razzista e classista.

Molto d’accordo con il discorso di Dessi è Elly Schlein (assessora regione Emilia Romagna).  Co-progettazione e co-programmazione: alla base di esse dovrebbe esserci l’ascolto ampio e inclusivo dei bisogni dei popoli per costruire interventi a tutto tondo – sanità, istruzione, divario di genere, violenza di genere, tutela della biodiversità e rigenerazione di ecosistemi. C’è tanto bisogno di un cambio di mentalità, le diverse crisi colpiscono tutte e tutti: ad esempio la pandemia e la seguente crisi economica ci danno una opportunità di dimostrare che possiamo ovviare agli stessi errori che ci hanno reso fragili, e vulnerabili in passato. 

Il problema di percezione della cooperazione internazionale, come elencato da Dessi poco prima, come una spesa inutile, di tasse pagate col sudore della fronte degli italiani che fugge verso le nazioni in sviluppo, deve cambiare. Alfiero Ciampolini (Fait, Forum toscano attività internazionali) propone di dimostrare ai contribuenti italiani come questa sia «una strada di andata e ritorno», d’interesse reciproco per i popoli, perchè pochi investimenti aprono percorsi d’innovazione quanto questo. Le vere spese, in questo contesto, sono solo le armi che alimentano il conflitto.

«Le crisi ci portano a considerare azioni che previamente avremmo preferito non fare» suggerisce Ciampolini «ma se non si esce mai della zona di comfort, come si può crescere?». Il 2030 è tra molto poco, e tanti discorsi rischiano di rimanere promesse elettorali in un paese che, dall’estero, è percepito come perennemente in campagna elettorale. Se c’è una cosa chiara presa da tutti questi interventi è l’importanza di coinvolgere il terzo settore e condividere i progetti, e lavorare – veramente – tutte e tutti insieme . [Beatriz Travieso Pérez, ecoinformazioni]

Guarda le foto degli interventi di Beatriz Travieso Pérez

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