
La resistenza della sanità pubblica
Nella serata di martedì 28 marzo alla scuola media di via Camozzi di Menaggio si è tenuto l’incontro, organizzato da Anpi Dongo e Anpi Lario occidentale nell’ambito della rassegna Dal 28 al 28, Curarsi un diritto, sanità un bene pubblico. Ospite dell’iniziativa è stato Vittorio Agnoletto, medico, autore di Senza respiro e curatore del programma radiofonico 37e2.
Parlare di sanità pubblica all’interno di una serie di incontri collegati alla Resistenza antifascista è coerente perché, come il lavoro per tutte e tutti, anche la sanità pubblica e gratuita era uno dei sogni che hanno animato il Comitato di Liberazione nazionale alta Italia. Mettere al centro il diritto alla salute a Menaggio è centrale, dato che l’ospedale locale sta venendo progressivamente smantellato a seguito della cessata emergenza covid.
L’idea che chiunque abbia il diritto alla cura, ha sottolineato Agnoletto, permea la Costituzione in due punti: nell’articolo 32, che parla di “salute dell’individuo”, a sottolineare che la cura prescinde dalla cittadinanza e deve essere per chiunque ne abbia bisogno; e nell’articolo 3, che afferma che lo Stato deve agire attivamente, rimuovendo gli ostacoli al pieno esercizio dei diritti personali. Non è un caso che le politiche di privatizzazione stiano aggredendo proprio il testo fondante dello stato italiano, mossi dall’obiettivo, testimoniato anche da Wikileaks, della conquista del monopolio sulla salute eliminando dalla partita associazioni, stato e settore pubblico.

Eppure, il settore privato è stato inizialmente accolto nel Sistema sanitario nazionale a fini integrativi: ciò che si pensava era che questo ambito potesse coprire eventuali carenze del pubblico, dando tempo di risolvere i problemi occorsi in determinati campi senza per questo far venire meno il diritto fondamentale alla salute. Ciò che è accaduto, invece, è che l’antagonismo strutturale tra un modo di curare che basa il proprio profitto sulla quantità di malati e uno che si fonda invece sulla prevenzione e sulla gestione territoriale hanno fatto collassare un equilibrio già a priori complesso. In breve tempo, il settore privato si è moltiplicato negli ambiti più profittevoli, lasciando scoperte quelle dimensioni ospedaliere fondamentali (su tutti i pronto soccorsi) e, contemporaneamente, aumentando progressivamente le proprie ingerenze sul sistema sanitario.
La politica non è certo stata a guardare, ma ha agito in un senso totalmente opposto a quello che si sarebbe auspicato: favoreggiamenti alla privatizzazione in virtù di criteri liberisti come la tanto millantata “libertà di scelta”, colpevole inazione rispetto alle manovre illegali di assistenza ai cittadini (trasformati in clienti) volte a spingerli verso cliniche private ed esaltazione di quei modelli regionali “modello” che, soprattutto durante la pandemia, esemplari non sono stati affatto sono solo due linee di azione che, è evidente, vanno nella direzione opposta rispetto al dettame costituzionale.
La Lombardia in particolare si è fregiata di aver un sistema sanitario modello, quando la realtà è tutt’altra. A livello territoriale l’assistenza ai cittadini è praticamente nulla e che anche le visite più importanti sono oggetto di lunghissime code che forzano (altro che libertà di scelta) a rivolgersi ai privati. L’impressione, confermata dal fatto che se si fa la giusta pressione tramite gli organismi di garanzia le visite si trovano in tempi ragionevoli anche nel pubblico, è che ci sia un meccanismo di sistematico spostamento dal pubblico al privato, con un’inversione di ruoli rispetto a come il sistema sanitario era stato inizialmente pensato.
Per risalire la china, è necessario rendersi conto che quella per la salute è una battaglia globale, che coinvolge l’intera popolazione e che è prioritaria in quanto da essa ne dipendono molte altre, ed altrettante sono ad essa collegate (una su tutte quella climatica, anch’essa lotta per la vita umana). Da lì, strappare la salute all’egemonia del profitto ristabilendo la gerarchia costituzionale e sociale per cui è il pubblico a dettare le linee d’azione del privato, non viceversa, è il passo successivo.
Infine, frammentare la sanità territoriale è un colpo mortale per la salute pubblica: è proprio a livello territoriale che si giocano le partite più importanti soprattutto per la prevenzione; la pandemia, che ha proliferato proprio grazie alla disgregazione della medicina locale (oltre che del sistema sanitario complessivo) è testimonianza evidente dei rischi a cui si va incontro sottovalutando questa dimensione.

C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando, è un docu-film illuminante sulla storia dello smantellamento della sanità pubblica in Italia. Un indebolimento strutturale di cui testimonia sia il paese nel suo complesso che Menaggio nello specifico. L’1 aprile, a Milano, una partecipata piazza ha ribadito la lotta contro la privatizzazione del settore sanitario; il 15 aprile, invece, a Menaggio si terrà una manifestazione in difesa dell’ospedale e della salute dei cittadini.
La battaglia per la sanità pubblica è lunga, combatterla è prioritario. [Pietro Caresana, ecoinformazioni] [Foto di Beatrìz Travieso Perez, ecoinformazioni]