Monte San Primo/ Ultimi sciatori e montagne da salvare

Un tutto esaurito che dà speranza quello dell’incontro organizzato dai circoli Arci Terra e Libertà e Arci Mirabello di Cantù, dedicato alla lotta per impedire la realizzazione di nuovi impianti sciistici sul monte San Primo. Poco meno di un centinaio di persone di tutte le età hanno assistito alla proiezione in anteprima del corto documentario The last Skiers di Veronica Ciceri, a cui è seguito un dibattito sulle possibili alternative al progetto di rilancio turistico voluto dalla Comunità Montana del Triangolo Lariano e da Regione Lombardia.

Roberto Fumagalli, presidente del Circolo ambiente Ilaria Alpi

Poco meno di cento persone si sono riunite venerdì 14 aprile negli spazi dell’Enoteca popolare del Circolo Arci Terra e Libertà di Cantù. L’occasione non è stata semplicemente quella di una serata per sorseggiare buon vino biologico in compagnia, ma anche di discutere di ambiente, cambiamenti climatici e futuro. Nella prima parte dell’incontro, incentrato sulle criticità del progetto per costruire nuovi impianti sciistici sul monte San Primo, è stato presentato in anteprima il corto documentario The Last Skiers della giovane regista Veronica Ciceri. Nato da una passeggiata proprio sul San Primo, tra gli impianti sciistici in disuso, il corto esplora con occhio antropologico e taglio di denuncia un passato che non c’è più e un cambiamento inevitabile che ha modificato il modo di vivere la montagna. Dal breve ma intenso racconto emergono le voci di chi abita quei luoghi, di chi ricorda un’infanzia passata su una neve sempre più rara. Le immagini richiamano un passato romantico, ma evidenziano un presente problematico a cui rispondere riscrivendo un futuro che non può essere di inesorabile declino.

A destra: la regista Veronica Ciceri

E proprio su quest’ultimo punto si è concentrata la seconda parte di serata, in un tentativo di ragionare su quanto viene fatto oggi per ripensare il nostro rapporto con la montagna e far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici. Come presidente del Circolo Ambiente “Ilaria Alpi”, parte del Coordinamento salviamo il monte San Primo che conta su 32 associazioni, Roberto Fumagalli ha illustrato al pubblico nel dettaglio il progetto di nuovi impianti sciistici che vede la Comunità Montana del Triangolo Lariano farsi promotrice, con fondi propri, di Regione Lombardia e del Comune di Bellagio (che li ha ottenuti dal Ministero dell’Interno) per un totale di 5 milioni di euro.

Massimo Lozzi, consigliere Cai Como

Così come avvenuto in altre occasioni, ad esempio durante la presentazione del libro Inverno liquido, presentando i documenti del progetto Fumagalli insieme a Massimo Lozzi del Club Alpino Italiano (CAI) di Como ha sottolineato tutte le criticità dell’iniziativa: il consumo di suolo della cementificazione per nuovi parcheggi, che incentivano l’uso di auto private; il consumo idrico, specie mentre si fa i conti con la siccità, legato alla neve artificiale necessaria vista l’assenza di nevicate; la previsione di attrazioni in stile luna park; l’assenza di fondi consistenti per le ristrutturazioni, la cura dei sentieri, e così via. In generale, un progetto che presenta diverse falle ma soprattutto una visione politica miope, votata alla creazione di un ecosistema montano artificiale, insostenibile e incentrato su un turismo di massa che sembra avere come unico obiettivo un rilancio per il profitto a discapito dell’ambiente, e nulla a che fare con i veri bisogni di chi la montagna la vive o la abita.

Emilio Aldeghi, presidente Cai Lombardia

Ma non c’è stato soltanto spazio per la critica, e il merito dell’iniziativa così come del movimento nato in opposizione a questo progetto, è quello di proporre alternative. A parlarne, insieme a Lozzi e Fumagalli, si sono aggiunti poi l’architetta Nunzia Rondanini, che anima il gruppo Facebook Per il monte San Primo, ed Emilio Aldeghi, presidente del CAI Lombardia. Le proposte, reali e concrete, vanno dallo smantellamento delle strutture in disuso, allo studio sulle condizioni delle frane e dell’acqua, fino alla cura dei boschi e dei sentieri per un turismo sostenibile a contatto con la natura e la cultura locale. Il tutto promuovendo anche una mobilità sostenibile. Ma un’altra possibilità sollevata è stata quella di puntare sul turismo estivo con la presa d’atto che i cambiamenti climatici portano a doversi adattare (lavorando contemporaneamente su un cambio di rotta) sulle condizioni ambientali contingenti.

Nunzia Rondanini, del Coordinamento Salviamo il monte San Primo

Anche attraverso i numerosi interventi di un pubblico partecipe – sia nell’indignazione per il progetto dei nuovi impianti che nella volontà di curare in modo diverso l’ambiente – la serata ha ridato un senso di speranza a chi crede nella possibilità di intraprendere la strada verso un modello di vita sostenibile, lontano da logiche consumistiche ed estrattiviste. L’auspicio è che grazie all’impegno del Coordinamento e della collettività si possa salvare il monte San Primo, con il passo indietro su questo progetto e l’utilizzo dei fondi, che a quanto pare possono esserci, per progetti virtuosi e rispettosi dell’ambiente. Ma in gioco c’è molto di più. C’è una visione politica, intesa come occuparsi del bene comune, che possa prendere atto delle evidenze scientifiche che parlano degli effetti dei cambiamenti climatici: dalla siccità alla perdita di biodiversità. Solo con una vera presa d’atto di questo tipo potranno forse vedersi dei progetti efficaci, capaci di rispecchiare tanto le necessità economiche quanto quelle di maggiore rispetto delle risorse naturali e del paesaggio. [Daniele Molteni, ecoinformazioni]

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