Antirazzismo

Rapporto sul razzismo in Italia

L’associazione Ecoinformazioni invita alla presentazione del Rapporto sul razzismo in Italia a cura di Grazia Naletto che si svolgerà a Punto Einaudi in via Milano a Como venerdì 29 gennaio alle 20.30. Dialogherà con l’autrice Michele Donegana che presenterà anche il suo lavoro sul razzismo a Como nel 2009 ed il numero 399 di ecoinformazioni. L’iniziativa è parte della Campagna abbonamenti dell’associazione ecoinformazioni. Ingresso libero.

Alle 14,30 dello stesso giorno l’autrice incontrerà nella Grand’Aula del Volta di Como gli studenti e gli insegnanti del lei liceo classico.

Dopo l’ultimo testimone. La memoria e il suo uso pubblico

Alla Biblioteca comunale di Como l’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta giovedì 21 gennaio 2010 alle 20.30 invita all’incontro con David Bidussa che dialogherà con il sen. Luciano Forni e alcuni studenti delle scuole secondarie di secondo grado sul significato della memoria oggi, sul rapporto tra storia e memoria sul contributo dei testimoni e sull’uso politico della storia.

«Quello che si intendeva affrontare attraverso il Giorno della memoria tende immediatamente a tradursi in “uso politico del passato”. Ossia un’operazione che propone una lettura del presente attraverso la scelta di un particolare del passato, ma in relazione agli interessi che si hanno qui e ora.»
«Dunque la memoria va anche tutelata rispetto a se stessa, al suo oggetto, e non solo alla narrazione di quell’oggetto. La memoria è un “corpo fragile” – che rischia facilmente di distruggersi o di dissolversi se non si allestiscono convenienti strategie per la sua conservazione e per il suo trattamento, critico e analitico».  Per informazioni 031.306970.

Leggi l’intervento di David Bidussa sui provvedimenti della ministra Gelmini di discriminazione degli studenti “stranieri”. Leggi l’intervento di David Bidussa sul razzismo dopo i fatti di Rosarno.

Non siamo carne da macello

Riceviamo da Kossì Komla Ebrì, cittadino italiano nato in Africa, scrittore, medico, da sempre impegnato contro il razzismo e tra i relatori del Convegno In alto mare del Coordinamento comasco per la Pace, il comunicato “Non siamo carne da macello” della Redani (Rete della Diaspora Africana Nera in Italia ), un movimento politico, non partitico di intellettuali africani in Italia.

Nel testo della Redani, che pubblichiamo integralmente, tutta l’evidenza degli effetti devastanti della discriminazione e della violenza contro gli africani e non solo e l’urgenza di un cambiamento profondo politico e sociale che garantisca finalmente per tutti uguali diritti.

«Dall’uccisione del giovane sudafricano Jerry Essan Masloo (Villa Literno, 25 agosto 1989) che allora sollevò un’onda d’indignazione e proteste in questo paese, a quella recente del senegalese Ibrahim M’Bodi ucciso a Biella dal datore di lavoro, con nove coltellate, perché reclamava lo stipendio che da tre mesi non gli era stato versato, abbiamo assistito nell’arco di un solo anno al massacro del piccolo Abdul a Milano per un pacco di biscotti, al pestaggio del giovane Emmanuel dai vigili di Parma. Abbiamo visto il giornalista-scrittore Pap Khouma malmenato da agenti del trasporto milanesi, sei ghanesi morti-ammazzati a Castelvolturno, uno studente etiope picchiato a Napoli, l’attore Mohamed Ba accoltellato in pieno giorno nella “Milano col cuore in mano”, senza ragione, di fronte all’indifferenza generale. Anche un somalo a Torino aggredito sul pullman, ne è uscito con una mascella rotta, un fisioterapista congolese, aggredito davanti alla figlioletta da una ventina di ragazzi, e tante, tante altre violenze e soprusi quotidiani.
A quelli che parlano ancora di “episodi isolati” diciamo che sono fatti che dimostrano, ce ne fosse bisogno, che c’è un fenomeno di intolleranza crescente che sta dilagando in questo paese e la comunità Nera africana ne sta pagando altamente le spese. Da qualche tempo, registriamo presso i nostri concittadini dell’Africa Nera, segnali di insofferenza e preoccupazione. Ci sono sempre più immigrati neri che denunciano l’esistenza di un clima di sospetto, di ostilità, di violenza verbale nei loro confronti. Oggi in Italia, vi sono chiari indici di un aumento del razzismo contro i Neri. Il peggioramento della situazione ci invita ad agire per dire Basta contro l’odio e il razzismo.
Di fronte all’uccisione di Ibrahim M’Bodi, gli intellettuali dell’Africa Nera in Italia chiedono a Tutti un risveglio da questo letargo di disumana indifferenza. Dobbiamo combattere Tutti contro questo vento gelido che si aggira per l’Italia nell’assordante silenzio della gente onesta. La battaglia deve essere culturale, ma anche politica e mediatica.
Chiediamo perciò alla classe politica di questo paese che ci ha accolto, più impegno e determinazione nella lotta contro il razzismo, l’odio e l’intolleranza. Servono campagne di prevenzione per impedire un deterioramento della situazione. Ma contrariamente ai metodi usati in passato, vogliamo essere protagonisti di queste campagne di sensibilizzazione. Vogliamo parlare agli italiani ed affrontare insieme a loro le sfide della convivenza e del dialogo interculturale. Chiediamo alla classe politica di fronte all’uccisione di Ibrahim M’Bodi di cambiare radicalmente il modo con il quale la questione del razzismo viene affrontata in questo paese.
Perché non siamo cittadini di seconda classe;
Perché crediamo in una società dei Diritti ma anche dei Doveri;
Perché crediamo in una società dove la sicurezza viene garantita a tutti i cittadini;
Perché molti di noi sono anche orgogliosamente cittadini italiani;
Per evitare che accada un altro episodio triste, chiediamo alla classe politica di impegnarsi con maggiore concretezza per il nostro riconoscimento sociale creando le condizioni per farci dialogare in armonia con il popolo italiano».

Pochi al presidio antirazzista

Solo qualche decina di persone ha partecipato al presidio antirazzista che si è svolto al parcheggio dell’ippocastano vicino alla stazione di Como Borghi sabato 4 luglio dalle 15 con cibo bevande e musica organizzato dal Gruppo politico territoriale.

Poche persone al primo appuntamento in città organizzato dal Gruppo politico territoriale. Scarsa anche l’adesione all’iniziativa dei molti gruppi che a Como sono attivi contro il razzismo e la xenofobia. Il testo del volantino Solidarietà a tutti i migranti, contro sfruttamento e oppressione diffuso dagli organizzatori del presidio.

«Giovedì 2 luglio è stato definitivamente approvato il cosiddetto “pacchetto sicurezza”,  l’ennesimo provvedimento discriminante volto a peggiorare la condizione di migliaia di uomini e donne, la cui vita è costantemente subordinata alla legge del profitto. In quanto categorie deboli e facili da colpire, dopo gli attacchi a lavoratori e studenti, ora i migranti vengono resi ancora più ricattabili. I governanti offrono così ai padroni carne da sfruttamento che non può permettersi di protestare o di ribellarsi, tanto è facile la delazione o la denuncia, tanto è alto il prezzo da pagare. Per essere sicuri che lo straniero si senta estraneo e sempre sotto attacco, vengono incentivate le forme di (in)giustizia sommaria dei cittadini, che possono organizzarsi in ronde e provvedere a portare da soli gli attacchi a chiunque non rientri nei loro canoni. Fino ad oggi la detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) poteva durare al massime 30+30 giorni, mentre il nuovo pacchetto sicurezza la protrae fino a 180 giorni. Questi sono un altro strumento nelle mani dello stato, strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. Le “forze dell’ordine” presidiano lo spazio esterno di tali strutture e dovrebbero entrare nelle zone dove vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di emergenza, ma di fatto spesso viene loro consentito l’ingresso per applicare la politica del “pugno duro”, con minacce e violenze, alle quali non seguono nemmeno le cure più basilari.. Riteniamo fondamentale ricordare come le inadeguate condizioni igenico-sanitarie, il sovraffollamento, le continue violenze e l’assenza di diritti all’interno di queste strutture hanno provocato un susseguirsi di rivolte da parte dei detenuti, sostenute anche dall’esterno con mobilitazioni ed azioni di solidarietà per i reclusi. D’ora in poi basterà il solo fatto di essere clandestino per commettere un reato. Da aggravante per gli altri crimini, ora chi non ha il permesso di soggiorno diventa già punibile con multe dai 5000 ai 10000 euro. Se, a livello nazionale, i CIE sono la massima espressione delle politiche repressive, razziste e discriminatorie, a livello locale negli ultimi mesi abbiamo invece assistito alla  nascita di  riprovevoli provvedimenti “anti-clandestini”, voluti da alcuni sindaci per incoraggiare i propri concittadini a segnalare la presenza di migranti irregolari. Pensiamo a Cantù, dov’è stato istituito un numero verde per denunciare clandestini, attività svolta anche dall’ufficio “di controllo di polizia giudiziaria” aperto pochi mesi fa a Turate. La loro funzione è quella di raccogliere le segnalazioni (prevalentemente anonime) dei cittadini e verificarle per poi far scattare verifiche e controlli nei confronti di quei migranti sospettati di essere irregolari. E: evidente che questi provvedimenti non sono casi isolati, ma fanno parte di quel contesto politico che negli ultimi tempi si sta delineando in tutto il Paese ( e in tutto l’occidente), un contesto incentrato sempre di più sull’intolleranza, sul razzismo, voluto da chi vuole creare divisioni tra gli sfruttati e mettere i poveri gli uni contro gli altri. Facendo leva sulla paura del diverso, viene messa in atto ogni giorno questa sequenza dì provvedimenti demagogici, da dare in pasto alla stampa (basti pensare alla militarizzazione di zone come via Milano alta e via Leoni o alla recente proposta di alcuni consiglieri comunali comaschi di vietare ai migranti di ritrovarsi nei parchi pubblici). Tornando sui piano nazionale, l’ultimo eclatante episodio di queste politiche risale a qualche giorno fa. Stiamo parlando del rimpatrio immediato dei 227 migranti provenienti dalla Libia e lì rispediti senza nemmeno aver toccato terra.  L’inumana e inaccettabile decisione del governo italiano di rimpatriare forzatamente centinaia di persone fuggite dalla miseria, dall’oppressione e dalle torture è l’ennesima dimostrazione del clima di intolleranza e di razzismo che si sta creando in questo Paese. Non si tratta di più di fingere un interesse “obbligato” di fronte alle tragedie che colpiscono altri esseri umani, bensì di scegliere apertamente e consapevolmente di ignorare tali tragedie, in nome di una ripresa dell’economia meno dannosa possibile (per i ricchi, ovviamente). Poi, può anche succedere che Nabruka, dopo aver saputo di dover essere rimpatriata in Tunisia, si suicidi dentro il Cie di Ponte Galena, a Roma. Ma la decisione di una donna di togliersi la vita piuttosto che dover tornare nel suo Paese d’origine non interessa al governo dei potenti, disposto ad uccidere pur di avere qualche migrante in meno nel proprio territorio.
Ora più che mai ribadiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che arrivano da qualunque parte del mondo sperando in una vita migliore, ma trovano intolleranza, razzismo, sfruttamento e reclusione».Solo qualche decina di persone ha partecipato al presidio antirazzista che si è svolto al parcheggio dell’ippocastano vicino alla stazione di Como Borghi sabato 4 luglio dalle 15 con cibo bevande e musica organizzato dal Gruppo politico territoriale.
Poche persone al primo appuntamento in città organizzato dal Gruppo politico territoriale. Scarsa anche l’adesione all’iniziativa dei molti gruppi che a Como sono attivi contro il razzismo e la xenofobia. Il testo del volantino Solidarietà a tutti i migranti, contro sfruttamento e oppressione diffuso dagli organizzatori del presidio.
«Giovedì 2 luglio è stato definitivamente approvato il cosiddetto “pacchetto sicurezza”,  l’ennesimo provvedimento discriminante volto a peggiorare la condizione di migliaia di uomini e donne, la cui vita è costantemente subordinata alla legge del profitto. In quanto categorie deboli e facili da colpire, dopo gli attacchi a lavoratori e studenti, ora i migranti vengono resi ancora più ricattabili. I governanti offrono così ai padroni carne da sfruttamento che non può permettersi di protestare o di ribellarsi, tanto è facile la delazione o la denuncia, tanto è alto il prezzo da pagare. Per essere sicuri che lo straniero si senta estraneo e sempre sotto attacco, vengono incentivate le forme di (in)giustizia sommaria dei cittadini, che possono organizzarsi in ronde e provvedere a portare da soli gli attacchi a chiunque non rientri nei loro canoni. Fino ad oggi la detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) poteva durare al massime 30+30 giorni, mentre il nuovo pacchetto sicurezza la protrae fino a 180 giorni. Questi sono un altro strumento nelle mani dello stato, strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. Le “forze dell’ordine” presidiano lo spazio esterno di tali strutture e dovrebbero entrare nelle zone dove vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di emergenza, ma di fatto spesso viene loro consentito l’ingresso per applicare la politica del “pugno duro”, con minacce e violenze, alle quali non seguono nemmeno le cure più basilari.. Riteniamo fondamentale ricordare come le inadeguate condizioni igenico-sanitarie, il sovraffollamento, le continue violenze e l’assenza di diritti all’interno di queste strutture hanno provocato un susseguirsi di rivolte da parte dei detenuti, sostenute anche dall’esterno con mobilitazioni ed azioni di solidarietà per i reclusi. D’ora in poi basterà il solo fatto di essere clandestino per commettere un reato. Da aggravante per gli altri crimini, ora chi non ha il permesso di soggiorno diventa già punibile con multe dai 5000 ai 10000 euro. Se, a livello nazionale, i CIE sono la massima espressione delle politiche repressive, razziste e discriminatorie, a livello locale negli ultimi mesi abbiamo invece assistito alla  nascita di  riprovevoli provvedimenti “anti-clandestini”, voluti da alcuni sindaci per incoraggiare i propri concittadini a segnalare la presenza di migranti irregolari. Pensiamo a Cantù, dov’è stato istituito un numero verde per denunciare clandestini, attività svolta anche dall’ufficio “di controllo di polizia giudiziaria” aperto pochi mesi fa a Turate. La loro funzione è quella di raccogliere le segnalazioni (prevalentemente anonime) dei cittadini e verificarle per poi far scattare verifiche e controlli nei confronti di quei migranti sospettati di essere irregolari. E: evidente che questi provvedimenti non sono casi isolati, ma fanno parte di quel contesto politico che negli ultimi tempi si sta delineando in tutto il Paese ( e in tutto l’occidente), un contesto incentrato sempre di più sull’intolleranza, sul razzismo, voluto da chi vuole creare divisioni tra gli sfruttati e mettere i poveri gli uni contro gli altri. Facendo leva sulla paura del diverso, viene messa in atto ogni giorno questa sequenza dì provvedimenti demagogici, da dare in pasto alla stampa (basti pensare alla militarizzazione di zone come via Milano alta e via Leoni o alla recente proposta di alcuni consiglieri comunali comaschi di vietare ai migranti di ritrovarsi nei parchi pubblici). Tornando sui piano nazionale, l’ultimo eclatante episodio di queste politiche risale a qualche giorno fa. Stiamo parlando del rimpatrio immediato dei 227 migranti provenienti dalla Libia e lì rispediti senza nemmeno aver toccato terra.  L’inumana e inaccettabile decisione del governo italiano di rimpatriare forzatamente centinaia di persone fuggite dalla miseria, dall’oppressione e dalle torture è l’ennesima dimostrazione del clima di intolleranza e di razzismo che si sta creando in questo Paese. Non si tratta di più di fingere un interesse “obbligato” di fronte alle tragedie che colpiscono altri esseri umani, bensì di scegliere apertamente e consapevolmente di ignorare tali tragedie, in nome di una ripresa dell’economia meno dannosa possibile (per i ricchi, ovviamente). Poi, può anche succedere che Nabruka, dopo aver saputo di dover essere rimpatriata in Tunisia, si suicidi dentro il Cie di Ponte Galena, a Roma. Ma la decisione di una donna di togliersi la vita piuttosto che dover tornare nel suo Paese d’origine non interessa al governo dei potenti, disposto ad uccidere pur di avere qualche migrante in meno nel proprio territorio.
Ora più che mai ribadiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che arrivano da qualunque parte del mondo sperando in una vita migliore, ma trovano intolleranza, razzismo, sfruttamento e reclusione».
manisolidaliSolo qualche decina di persone ha partecipato al presidio antirazzista che si è svolto al parcheggio dell’ippocastano vicino alla stazione di Como Borghi sabato 4 luglio dalle 15 con cibo bevande e musica organizzato dal Gruppo politico territoriale.
Poche persone al primo appuntamento in città organizzato dal Gruppo politico territoriale. Scarsa anche l’adesione all’iniziativa dei molti gruppi che a Como sono attivi contro il razzismo e la xenofobia. Il testo del volantino Solidarietà a tutti i migranti, contro sfruttamento e oppressione diffuso dagli organizzatori del presidio.
«Giovedì 2 luglio è stato definitivamente approvato il cosiddetto “pacchetto sicurezza”,  l’ennesimo provvedimento discriminante volto a peggiorare la condizione di migliaia di uomini e donne, la cui vita è costantemente subordinata alla legge del profitto. In quanto categorie deboli e facili da colpire, dopo gli attacchi a lavoratori e studenti, ora i migranti vengono resi ancora più ricattabili. I governanti offrono così ai padroni carne da sfruttamento che non può permettersi di protestare o di ribellarsi, tanto è facile la delazione o la denuncia, tanto è alto il prezzo da pagare. Per essere sicuri che lo straniero si senta estraneo e sempre sotto attacco, vengono incentivate le forme di (in)giustizia sommaria dei cittadini, che possono organizzarsi in ronde e provvedere a portare da soli gli attacchi a chiunque non rientri nei loro canoni. Fino ad oggi la detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) poteva durare al massime 30+30 giorni, mentre il nuovo pacchetto sicurezza la protrae fino a 180 giorni. Questi sono un altro strumento nelle mani dello stato, strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno. Le “forze dell’ordine” presidiano lo spazio esterno di tali strutture e dovrebbero entrare nelle zone dove vivono i detenuti solo su richiesta degli enti gestori in casi eccezionali e di emergenza, ma di fatto spesso viene loro consentito l’ingresso per applicare la politica del “pugno duro”, con minacce e violenze, alle quali non seguono nemmeno le cure più basilari.. Riteniamo fondamentale ricordare come le inadeguate condizioni igenico-sanitarie, il sovraffollamento, le continue violenze e l’assenza di diritti all’interno di queste strutture hanno provocato un susseguirsi di rivolte da parte dei detenuti, sostenute anche dall’esterno con mobilitazioni ed azioni di solidarietà per i reclusi. D’ora in poi basterà il solo fatto di essere clandestino per commettere un reato. Da aggravante per gli altri crimini, ora chi non ha il permesso di soggiorno diventa già punibile con multe dai 5000 ai 10000 euro. Se, a livello nazionale, i CIE sono la massima espressione delle politiche repressive, razziste e discriminatorie, a livello locale negli ultimi mesi abbiamo invece assistito alla  nascita di  riprovevoli provvedimenti “anti-clandestini”, voluti da alcuni sindaci per incoraggiare i propri concittadini a segnalare la presenza di migranti irregolari. Pensiamo a Cantù, dov’è stato istituito un numero verde per denunciare clandestini, attività svolta anche dall’ufficio “di controllo di polizia giudiziaria” aperto pochi mesi fa a Turate. La loro funzione è quella di raccogliere le segnalazioni (prevalentemente anonime) dei cittadini e verificarle per poi far scattare verifiche e controlli nei confronti di quei migranti sospettati di essere irregolari. E: evidente che questi provvedimenti non sono casi isolati, ma fanno parte di quel contesto politico che negli ultimi tempi si sta delineando in tutto il Paese ( e in tutto l’occidente), un contesto incentrato sempre di più sull’intolleranza, sul razzismo, voluto da chi vuole creare divisioni tra gli sfruttati e mettere i poveri gli uni contro gli altri. Facendo leva sulla paura del diverso, viene messa in atto ogni giorno questa sequenza dì provvedimenti demagogici, da dare in pasto alla stampa (basti pensare alla militarizzazione di zone come via Milano alta e via Leoni o alla recente proposta di alcuni consiglieri comunali comaschi di vietare ai migranti di ritrovarsi nei parchi pubblici). Tornando sui piano nazionale, l’ultimo eclatante episodio di queste politiche risale a qualche giorno fa. Stiamo parlando del rimpatrio immediato dei 227 migranti provenienti dalla Libia e lì rispediti senza nemmeno aver toccato terra.  L’inumana e inaccettabile decisione del governo italiano di rimpatriare forzatamente centinaia di persone fuggite dalla miseria, dall’oppressione e dalle torture è l’ennesima dimostrazione del clima di intolleranza e di razzismo che si sta creando in questo Paese. Non si tratta di più di fingere un interesse “obbligato” di fronte alle tragedie che colpiscono altri esseri umani, bensì di scegliere apertamente e consapevolmente di ignorare tali tragedie, in nome di una ripresa dell’economia meno dannosa possibile (per i ricchi, ovviamente). Poi, può anche succedere che Nabruka, dopo aver saputo di dover essere rimpatriata in Tunisia, si suicidi dentro il Cie di Ponte Galena, a Roma. Ma la decisione di una donna di togliersi la vita piuttosto che dover tornare nel suo Paese d’origine non interessa al governo dei potenti, disposto ad uccidere pur di avere qualche migrante in meno nel proprio territorio.
Ora più che mai ribadiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che arrivano da qualunque parte del mondo sperando in una vita migliore, ma trovano intolleranza, razzismo, sfruttamento e reclusione».

Preoccupazione e indignazione

FANTASMINOGli animatori comaschi della campagna Non aver paura, apriti agli altri, apri ai diritti, con il comunicato che pubblichiamo integralmente, esprimono «Preoccupazione e indignazione» per le leggi razziali imposte dal governo Berlusconi. Il testo del comunicato.
«Dal 2 luglio in Italia siamo tutti meno liberi. Una legge che condanna non chi ha un comportamento criminale, ma chi è solo nato in un altro Paese, ferisce italiani, stranieri regolari, clandestini. Il governo ha deciso di compattasi adottando uno strumento legislativo lesivo della dignità umana, incostituzionale, capace persino di evocare i peggiori fantasmi delle leggi xenofobe del ventennio.
È questo il giudizio di organizzazioni impegnate nella campagna Non avere paura contro il razzismo e la paura degli altri nei confronti dei provvedimenti adottati dalla maggioranza.
Siamo preoccupati ed indignati per le misure restrittive e punitive che la legge introduce nei confronti dei cittadini immigrati, andando ad agire nella sfera dei diritti fondamentali e della dignità umana.. Il Governo dovrà assumersi la responsabilità per aver voluto favorire, nei fatti e nelle intenzioni, un clima pericoloso di paura e di sospetto che finirà per alimentare la clandestinità anziché combatterla, renderà gli immigrati irregolari ancora più invisibili, soprattutto sui posti di lavoro, provocherà forti limitazioni nell’esercizio dei diritti fondamentali (iscrizione all’anagrafe, matrimonio, salute, scuola), complicando la vita degli stessi immigrati regolarmente residenti.
Inoltre, l’introduzione del reato di clandestinità, da un punto di vista meramente funzionale, prospetta  ora la celebrazione di centinaia di migliaia di processi volti a comminare sanzioni pecuniarie che nessuno straniero vorrà o potrà pagare e che comunque si svolgeranno a totale carico dei contribuenti, ivi compresa  l’assistenza legale agli imputati mediante il gratuito patrocinio.
Chiediamo a tutti i cittadini, italiani e non, di Non avere Paura di questa ennesima dimostrazione di iniquità e inefficienza del governo in carica pro-tempore, di agire con pazienza e determinazione perché prevalgano nelle comunità, nei luoghi di lavoro, nella società civile del nostro Paese le ragioni dell’integrazione, della prossimità, della solidarietà».

300 canturini non razzisti

Non bastano, sabato 25 ottobre,  37 associazioni aderenti all’iniziative per riempire la piazza XX settembre. Un presidio storico che ha dimostrato la capacità della società civile canturina di opporsi a provvedimenti razzisti e xenofobi, ma non riesce a coinvolgere l’intera città nella lotta contro la barbarie dei provvedimenti della Giunta Sala.

Una bella festa, con tutti i colori della solidarietà canturina, con i volti noti dell’impegno sociale del volontariato, dei sindacati e dei partiti dell’opposizione. Una festa civile con la presenza forte e significativa di cittadini immigrati impegnati nella difesa di diritti che sono alla base del vivere civile di tutti non solo degli “stranieri”.
Grande coesione tra gli organizzatori, creatività e competenza nel contestare i provvedimento assurdo e unico in Italia del telefono verde anti immigrati, attacco ai diritti e alla dignità della parte più debole della società.
Un momento importante capace di essere emblematico e simbolico di una Cantù non razzista nella quale l’incontro tra le culture ha avuto persino la concretizzazione in un piatto meticcio, polenta e cuscus, distribuito gratuitamente ai partecipanti.
Si sono susseguiti gli interventi tutti ugualmente applauditi dei vari promotori dell’iniziativa, ma tra le persone, insieme alla soddisfazione di essere riusciti per la prima volta a dire no in piazza a provvedimenti incivili, anche il rammarico di non riuscire a coinvolgere fino in fondo la maggioranza civile della città che invece è in buona parte risultata assente.

Un video sull’iniziativa sarà disponibile sul sito AltraComo.it 

Cantù civile dice no al razzismo e alla delazione

Pubblichiamo il documento comune alle associazioni che saranno nelle piazze di Cantù a raccogliere firme contro la proposta del telefono delatorio intitolato Dico NO alla delibera della Giunta comunale di Cantù.

«Quelle che si presentano oggi per le strade della città sono realtà non partitiche del canturino, accomunate da una chiara posizione contro il razzismo e, in alcuni casi, impegnate da anni a lavorare  a stretto contatto con gli immigrati. Abbiamo deciso di esprimere la nostra contrarietà alla delibera del Comune di Cantù “Provvedimenti finalizzati ad accrescere la sicurezza urbana ed a contrastare la permanenza di stranieri clandestini sul territorio” e di raccogliere le firme dei cittadini che come noi non la condividono. La delibera prevede che il comando di polizia locale istituisca un ufficio per raccogliere le segnalazioni di alloggi di immigrati clandestini, che si possono fare “in forma riservata” attraverso un numero verde. Le persone che lavoreranno in questo ufficio saranno investite del ruolo di “agenti anti immigrazione”, con tanto di formazione professionale prevista. Saranno garantite una o due “ronde”, a cadenza settimanale, di verifica delle segnalazioni. A livello formale, questo provvedimento dovrebbe colpire chi affitta illegalmente gli alloggi agli immigrati irregolari, ma in realtà sono questi ultimi ad essere le sole vittime della delibera: infatti, mentre chi viene scoperto affittare abusivamente appartamenti a clandestini di solito se la cava con una multa, gli occupanti si ritrovano senza casa e con il rischio di espulsione. Nonostante ciò che dice il sindaco, buttare fuori di casa i migranti irregolari non favorisce “una opportuna regolarizzazione della loro situazione” né li sottrae alla “mercé di persone disoneste e pronte ad approfittare”, ma semmai li rende “particolarmente esposti a situazioni di pericolosità e di degrado sociale”, ottenendo così l’effetto contrario rispetto a quello che la delibera formalmente si propone. Inoltre la trovata del numero verde rischia di fomentare un’ondata di “razzismo” anonimo, alimentata dall’invito alla delazione e al sospetto reciproco. E per quanto il comune si sia affrettato a spiegare che le forze dell’ordine “prenderanno i riferimenti di chi chiama, ma ne tuteleranno l’identità”, qualcosa continua a non tornare. La realtà è che si vuole coinvolgere il maggior numero di cittadini in una malata caccia alle streghe, mascherando tale operazione dietro il fine di “creare rapporti sinergici con l’intera cittadinanza affinché la coscienza civica aiuti le istituzioni ad affrontare problematiche difficili e di grande impatto sociale”. Tutto questo dimostra come il reale intento del provvedimento sia rendere impossibile la vita ai migranti, secondo una tendenza comune a diverse forze politiche. Queste stanno creando in tutta Italia un clima di paura nei cittadini al fine di ottenere il consenso per un’opera di repressione nei confronti delle categorie a loro meno gradite, nella fattispecie quella dei migranti: l’equazione migrante = criminale giustifica azioni xenofobe e razziste. Il clima di intolleranza venutosi a creare emerge dalla cronaca più recente, costellata di episodi di razzismo: a Parma i vigili urbani hanno insultato e malmenato uno studente ghanese, a Roma un gruppo di ragazzini ha picchiato selvaggiamente un cittadino cinese, a Milano un giovane italiano di colore è stato ucciso a sprangate. Le problematiche legate all’immigrazione, al contrario di quanto dice la giunta, non si risolvono denunciando, emarginando, reprimendo delle persone la cui unica “colpa” è quella di venire da un altro Paese, bensì permettendo loro di integrarsi all’interno della comunità locale e di costituire una risorsa per essa. Per realizzare tutto questo, la delibera comunale non deve essere applicata, i cittadini devono fare proprio il principio dell’accoglienza nei confronti dei migranti e le istituzioni devono garantire loro il diritto alla salute, alla casa e al lavoro».

I primi firmatari sono: 20 marzo (ass. dei tunisini), 3 febbraio (ass. multietnica); A.S.D.C. (cittadini congolesi) di Cantù; Anolf; Anteas; Arci Cantù; Arci Como; Aspem; Ass. Burkinabè (ass. del Burkina Faso); Ass. dei ghanesi che vivono in prov. CO; Ass. Grembo; Assalam (ass. marocchini Co); Auser Canturium; Associazione del volontariato comasco; Centro di ascolto (Caritas); Cgil; Cisl; Collettivo Iskra; Comunità del pellegrino; Alcuni giovani della comunità S. Vincenzo; Il Ponte; Incontri; La Soglia; Moldova Doina (ass. dei moldavi); N’golambandi (ass. angolani); Soci Coop; Spazio donna; Teranga (ass. senegalese); Uai Como (Unione delle associazioni degli immigrati).
I luoghi a Cantù e gli orari per firmare sono: sabato 19 ottobre l.go XX settembre 14,30-18,30; cimitero 14,30-18,30; domenica 20 ottobre l.go XX settembre 14,30-18,30, Cascina Amata (chiesa) 10-13; mercoledì 22 ottobre, parcheggio grande ospedale 9-12.