Ines Figini

In ricordo degli scioperi antifascisti del marzo 1944

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Con una semplice cerimonia sono stati ricordati nella mattinata di domenica 6 marzo 2016, a 72 anni dagli avvenimenti, gli scioperi contro il fascismo e contro la guerra proclamati nel marzo 1944, che videro la partecipazione anche delle due fabbriche comasche Tintoria Comense e Tintoria Castagna, e che costarono la deportazione nei lager tedeschi di sette lavoratori e due lavoratrici.

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All’omaggio alla lapide dei deportati della Comense e poi alla tomba-monumento della Resistenza, che ricorda anche i deportati della Castagna, hanno partecipato alcune autorità pubbliche  (Silvia Magni, vicesindaca della città di Como, che ha tenuto un brevissimo ricordo, e Guido Frigerio in rappresentanza della Provincia), i labari delle associazioni combattentistiche, le bandiere dell’Anpi provinciale e della sezione Anpi di Como, rappresentanti di varie associazioni e alcune cittadine e cittadini.

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Presente come sempre Ines Figini, unica testimone vivente di quei fatti, scampata al lager, e da qualche anno narratrice instancabile di quegli avvenimenti soprattutto per le generazioni più giovani.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

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Silvia Magni e Ines Figini.

Un settantesimo degno della Liberazione

Nonostante un po’ di pioggia, la celebrazione ufficiale del settantesimo 25 aprile si è svolta degnamente: con molta gente, ricordi appassionati e approfondimenti meditati, il doveroso omaggio al Monumento alla Resistenza Europea (finalmente riportato a una condizione adeguata alla sua importanza ideale, grazie anche alla collaborazione di molti enti e associazioni antifascisti), l’inaugurazione della targa commemorativa degli internati e degli “schiavi di Hitler” e soprattutto il ringraziamento alle persone che concretamente hanno operato per la Liberazione (tra le altre, oltre al comandante partigiano Mario Tonghini, che ha parlato dal palco, erano presenti, circondate dall’affetto della città, Ines Figini e Rosalinda Zariati).

Ecco alcune immagini della mattinata, a cominciare dalla cerimonia di Rebbio, in ricordo di Alfonso Lissi, per continuare con quella del Monumento alla Resistenza Europea di Como. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

 

Rebbio: omaggio ad Alfonso Lissi.

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Como: la deposizione delle corone al Monumento alla Resistenza Europea.

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Como: l’inaugurazione della targa ai deportati e agli “schiavi di Hitler”.

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Mario Lucini, sindaco di Como.

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Giovanni Bianchi.

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Mario Tonghini, nome di battaglia “Stefano”.

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Ines Figini e Rosalinda Zariati.

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Valter Merazzi, Centro studi “Schiavi di Hitler”.

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Carlo Della Torre, deportato in Germania.

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In alta uniforme al Monumento alla Resistenza Europea.

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Cerimonia silenziosa per gli scioperi del 1944

Una cerimonia senza parole, solo con l’omaggio commosso alle lapidi che ricordano le persone, uomini e donne, che dopo aver scioperato il 6 marzo 1944 contro la guerra, il regime fascista e l’occupazione nazista, furono deportati in campi di concentramento in Germania e da lì non tornarono.

Una corona di fiori è stata deposta davanti alla lastra marmorea che dal 1954 ricorda, al cimitero monumentale di Como, il sacrificio delle maestranze della Tintoria Comense, mentre la tromba intonava il silenzio d’ordinanza, e poi una sosta, altrettanto commossa, di fronte al monumento che ricorda i partigiani e gli antifascisti caduti nella lotta di Liberazione e, tra gli altri, anche gli operai della Castagna.

Il momento, semplice e appunto senza parole, è stato vissuto intensamente, alla presenza di Ines Figini, unica testimone del gruppo di deportate e deportati ancora in grado di raccontare con la vivezza che le è propria quella tragica esperienza, e di molti rappresentanti delle istituzioni (tra cui Bruno Corda, prefetto, Mario Lucini, sindaco di Como, Silvia Magni, vicesindaca, altri assessori e consiglieri comunali, qualche esponente della Provincia), delle associazioni politiche e culturali antifasciste (tra cui Alessandro Tarpini, segretario della Camera del Lavoro di Como,  responsabili di Anpi, Istituto di Storia Contemporanea, Centro Schiavi di Hitler) e delle associazioni d’arma. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

 

Alcune immagini della celebrazione.

 

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27 gennaio/ Giorno della memoria – Schiavi di Hitler

giornata della memoria«Martedì 27 gennaio il Teatro Sociale ospiterà alle 9 e alle 11 Come sorelle spettacolo teatrale della Compagnia Teatrale Mattioli, liberamente ispirato al racconto di Lia Levi Sorelle e dedicato alle scuole secondarie di primo grado. In scena, la storia di due famiglie italiane, una delle quali di origine ebrea, le leggi razziali fasciste e lo sterminio del popolo ebraico – annuncia il Comune di Como –. Sempre martedì 27 gennaio alle ore 11, a Villa Olmo, si svolgerà la cerimonia di commemorazione dei 70 anni dall’abbattimento dei cancelli di Auschwitz e la cerimonia di consegna delle medaglie d’onore ai cittadini deportati o internati. Per l’occasione un riconoscimento sarà consegnato ad Ines Figini. Interverranno Giuseppe Calzati dell’Istituto Pier Amato Perretta, Valter Merazzi di Schiavi di Hitler, Paola Fargion autrice di Diciotto Passi».

Mauthausen/ Il viaggio della memoria

SAM_2445Con la posa di una corona di fiori ai piedi del monumento  italiano, si è  concluso il viaggio della memoria nel campo di concentramento di Mauthausen, organizzato da Italia Cuba, Anpi, Arci , Cgil, Cisl, Uil,  Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta, Comitato soci Coop, Emergency e Libera nel weekend del 17-18 maggio 2014. Un’esperienza indimenticabile per i 104 partecipanti, venuti a commemorare le vittime delle barbarie nazifasciste nel settantesimo anniversario degli scioperi del ’44.

Fa freddo, a Mauthausen. Di sicuro è un’impressione personale, e la giornata plumbea non aiuta, con il cielo colore acciaio, ma varcate le porte del campo la temperatura sembra calare di svariati gradi.

E’ grigio, a Mauthausen. Il lager è un pugno di cemento nel mezzo di verdi colline, dominante su un altura che sovrasta fattorie e paesini da cartolina, da perfetto luogo comune mitteleuropeo.

Fa paura, Mauthausen. Fanno paura le mura con le torrette di guardia, fanno paura le squallide baracche dove ogni giorno vivevano assediati da fame e malattie 500 persone per stanza, fa paura il cortile dell’appello, dove ogni mattina gli aguzzini delle SS costringevano i detenuti a sadiche sessioni di “esercizi” per valutarne la resistenza, fa paura il muro dove venivano fatti accomodare, al loro arrivo, i nuovi ospiti del campo, in attesa che gli ufficiali del Reich decidessero con un cenno del capo il loro destino. E fa paura quella spianata poco prima della porte d’ingresso, con ancora oggi intuibili le forme di un campo da calcio.

SAM_2478Eh sì, un campo da calcio. Un luogo di normalità in mezzo all’incubo, un luogo dove i familiari del personale tedesco si recavano per passare il tempo libero, un luogo che di quell’inferno era interamente parte. Qualcuno, nel nostro gruppo che attraversa il campo accompagnato da una guida, si arrischia a paragonare il tutto alla trama di Fuga per la vittoria, il celebre film con Sylvester Stallone e Pelè, dove una raffazzonata squadra di detenuti riusciva ad avere la meglio, nello sport, sui nazisti loro torturatori. No, in quel luogo non c’era spazio per epiche sfide di riscatto e libertà, non c’era spazio per manifestazioni di orgoglio e di valore personale di fronte al Male. No, in quel luogo si consumava semplicemente il rito quotidiano della paura e dell’indifferenza, per far credere agli abitanti dei dintorni che, al di là di quelle mura, le stesse che ogni giorno accoglievano centinaia di persone senza che ne uscisse nessuna, la vita non era poi così male, se i prigionieri potevano giocare dietro un pallone.

Indifferenza. E’ una parola che ritorna spesso, parlando di quello che era Mauthausen. Non puoi fare a meno di chiederti come tutto questo sia stato possibile, a pochi chilometri dal centro dell’Europa, della civiltà occidentale un tempo padrona del mondo, a pochi chilometri, più semplicemente, da una città bella e vivace come Linz, sulle rive del Danubio. Indifferenza, come molti di quei locali così anonimi, in cui trovarono la morte un numero inconcepibile di esseri umani.

Indifferenza. E’ quella che hanno notato i ragazzi della 5’ T del liceo Carlo Porta di Erba, anche loro partecipanti al viaggio. Riporto qui, integralmente, la riflessione scritta dagli studenti:

«Un campo di calcio a pochi passi dal campo di concentramento. Da un lato si assisteva ad una partita tra SS e squadre civili. Dall’altro si stava giocando una partita fra la vita e la morte. L’indifferenza degli spettatori di allora è paragonabile a quella degli spettatori di oggi. L’attualità del messaggio di Mauthausen è ciò che più ci ha colpito di questa visita di commemorazione. Abbiamo subito rivolto il nostro pensiero agli imminenti mondiali di calcio in Brasile, guardati con interesse da tutto il mondo, che però non si preoccupa di denunciare la povertà e la miseria in cui la maggior parte della popolazione vive. Se prima l’omertà degli spettatori era “giustificabile” per paura delle possibili ripercussioni su se stessi e la propria famiglia, oggi non c’è nessun ostacolo che inneschi la paura di denunciare. E’ ancora più terrificante».

Terrificante, è il termine giusto. E’ terrificante l’attualità di quello che il lager rappresenta, è terrificante l’omertà che circondano certi temi, dimenticabili con un po’ di “scena”, indispensabile per potersi lavare la coscienza.

Ma come si può reagire a tutto questo? Come si può combattere il grigiore che qui, a Mauthausen, sembra dominare tutto? Una soluzione forse c’è: la Memoria.

SAM_2425Memoria. E’ la commozione di uno dei viaggiatori, nel visitare il luogo in cui venne richiuso il padre. E’ l’interesse mostrato dai giovani presenti, è il prato che ospita i vari monumenti onorari costruiti per piangere i caduti di tutti i Paesi, è la suggestiva stanza dei Nomi, per non lasciare nessuna vittima del campo nell’oblio. Ed è l’impegno dei pochi che riuscirono a tornare, come Ines Figini, è la loro volontà di non dimenticare i tanti che non ce la fecero, come Angelo Meroni, Rinaldo Fontana, Pietro Scovacricchi, comaschi e operai della Ticosa. Morti a Mauthausen.

Memoria, ed impegno per preservarla. E’ l’unica maniera per evitare che certe cose si ripetano, per impedire che l’indifferenza vinca. Perché è questo il vero pericolo: che il mondo non finisca seppellito da una risata, ma girando semplicemente la testa dall’altra parte. [Luca Frosini, ecoinformazioni, foto di Fabio Bellacanzone, contributo della classe 5 T del liceo Carlo Porta di Erba]

Ines Figini/ Tanto tu torni sempre

Memoria_ManifestoTante le persone presenti all’Ultimo caffè di via Giulini 3, a Como, nel pomeriggio dell’8 febbraio, con i Giovani democratici di Como che  hanno organizzato l’incontro con Ines Figini e gli autori del libro Tanto tu torni sempre. Ines Figini è, per i comaschi, la Testimone di quanto è accaduto durante la prigionia nei lager. Il libro, uscito nel 2012 per l’editore Melampo,  è stato presentato in molte scuole e in luoghi pubblici, ma «mai in un contesto così originale come un bar» dichiara Mauro Colombo, coautore, insieme a Giovanna Caldara, del libro. Il titolo – spiega  Caldara –  è ciò che la madre di Ines le diceva sempre, quando usciva dalla casa di via Tommaso Grossi per giocare o per leggere; una fiducia sempre ben riposta, fino a quando, la notte del 6 marzo del 1944, Ines viene prelevata a casa, in seguito alla sua partecipazione allo sciopero avvenuto la mattina alla Comense. Il foglio che la destina al lavoro in Germania è firmato da Scassellati, l’allora prefetto. Per tutti è stato difficile comprendere le ragioni della persecuzione, ancora di più per lei che non è ebrea, non era partigiana e neanche dichiaratamente antifascista. È stata in tre campi: Mauthausen, Auschwitz e Ravensbrück. Il suo transport (il trasferimento dei deportati da un lager all’altro) avviene «su carri bestiame, sigillati, senza cibo, senz’acqua, senza servizi igienici. L’annullamento della persona iniziava così». Inizia la deprivazione della dignità, le viene tatuato il numero 76150 sull’avambraccio sinistro: il suo nuovo nome. Viene depilata e costretta ad una divisa di cotone grezzo, che non verrà mai pulita, ma solo disinfettata. I primi giorni possono essere paragonati ad una scuola di sopravvivenza. Un grande problema è rappresentato dalla lingua incomprensibile che sente, ma il bisogno acuisce l’intelligenza, e così riesce a capire come si pronuncia il suo nome, cerca di lavorare e di mantenere viva la speranza di un ritorno. Riesce, grazie all’arrivo dei russi, ad essere nuovamente libera, ancor più di prima, essendone consapevole. La coglierà il tifo, e il suo ritorno a Como sarà un’agonia, ma sostenuta dalla voglia di rivedere i propri cari. «Ogni giorno qualche cosa si spegneva dentro di me», queste sono le parole del suo tormento, ben raccontato nel libro e dalla testimone che da anni si impegna, con un altissimo senso del dovere, a portare nelle scuole la memoria di quello che è stato. Ines Figini per molti anni ha taciuto, per la paura di non essere presa sul serio, ma ora ha reso la sua vita una testimonianza vivente. Abituata a parlare con i ragazzi, il suo racconto ha delle note rituali, e la sua storia è una delle tante testimonianze che negli anni sono state raccolte; ma questo nulla toglie al suo vissuto e all’importanza, per  i suoi concittadini, di conoscere la sua storia e il contesto in cui è accaduta. [Barbara Rizzi, ecoinformazioni]

Tanto tu torni sempre. Ines Figini, la vita oltre il lager

Memoria_ManifestoPresentazione del libro di Giovanna Caldara e Mauro Colombo (Melampo) con con Ines Figini e gli autori sabato 8 febbraio alle 16 a L’ultimo Caffè in via Giulini 3 a Como, organizzano i Giovani democratici della provincia di Como per la Giornata della Memoria. Per informazioni Internet http://giovanixilpd.altervista.org.

A Como la Resistenza in Municipio

Blogo-11aprileMunicipioImportante iniziativa di approfondimento sulla Resistenza, in previsione del 25 aprile, ieri 11 aprile nel Municipio di Como, organizzata dalla Camera del Lavoro Cgil di Como e dal sindacato di categoria Funzione Pubblica Cgil, e dedicata ai diversi aspetti dell’opposizione al fascismo e della lotta di liberazione.

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Giornata di approfondimento sulla Resistenza/11 aprile

monumentoresistenza-bmp[1]La Camera del Lavoro di Como e la Funzione pubblica Cgil di Como organizzano giovedì 11 aprile dalle 9 alle 18 a Palazzo Cernezzi una giornata di approfondimento sulla Resistenza. Interverranno: Alessandro Tarpini, (segretario generale Cgil Como), Ines Figini (deportata), Renzo Pigni (partigiano, ex sindaco di Como), Marte Ferrari (ex sindacalista). Parteciperanno il sindaco Mario Lucini ed il prefetto di Como Michele Tortora, Coordinerà Valter Merazzi (Istituto di storia contemporanea “Pier Amato Perretta”, Centro di ricerca “Schiavi di Hitler”). Leggi il programma

Guerra, scioperi e lager nella testimonianza di Ines Figini

Il 6 marzo 1944, giusto 68 anni fa, fu un giorno particolare: il giorno dello sciopero antifascista e contro la guerra proclamato in tutte le fabbriche del nord Italia occupato dalle forze nazifasciste. Fu un giorno che cambiò la vita di molte persone; sicuramente cambiò quella di Ines Figini, giovane operaia alla Tintoria Comense che ebbe il coraggio di manifestare il proprio sostegno ai compagni di lavoro accusati di essere i promotori dello sciopero nella fabbrica comasca e che per questo fu deportata in un lager in Germania.

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